venerdì 8 febbraio 2008

Un sospiro di sollievo



di Antonio Maglietta - 8 febbraio 2008

Sono state dette e scritte tante parole sulla volontà del governo di centrosinistra di modificare sia la legge Bossi-Fini in materia di immigrazione che quella sulla cittadinanza. L'Unione aveva intenzione di spazzare via il concetto di immigrazione economica (quella che lega il permesso di soggiorno al contratto di lavoro), aprire le porte a tutti e arrivare infine alla concessione della cittadinanza agli stranieri dopo soli cinque anni di permanenza nel nostro Paese. Questa volontà è stata anche messa subito nero su bianco in due disegni di legge, poi fortunatamente arenatisi nelle secche dei lavori del parlamento. Immaginiamo anche le motivazioni che stavano alla base di questa operazione: gli immigrati sarebbero diventati la novella classe proletaria e, una volta cittadini italiani, con il diritto di voto alle elezioni politiche in tasca, avrebbero ricambiato chi aveva aperto loro le porte. Tuttavia è ipotizzabile che i cittadini stranieri provenienti dai Paesi dell'est europeo avrebbero avuto qualche titubanza a votare figli e nipoti politici del comunismo, se non altro per i ricordi, ancora vivi in molti di loro, di quello che è stato il comunismo e di come ha inciso negativamente sulle loro vite.

Negli annali, a futura memoria e per capire che cosa ci sarebbe toccato in sorte, resterà anche il corposo «Documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato per il triennio 2007-2009» (Atto n. 209 - Relatore Zaccaria): una esposizione organica di quello che non dovrebbe fare uno Stato - salvo alcuni aspetti - in materia di immigrazione. Il documento si presenta come un testo di 85 pagine con molte chiacchiere ideologiche, tanta demagogia e pochi numeri. Ma quest'ultimo dato è comprensibile. Infatti i numeri a disposizione condannano inesorabilmente le analisi della sinistra e le sue scelte: le richieste di acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri sono poche rispetto alla platea dei potenziali beneficiari, (fino al 2006 solo 215.000 stranieri su circa 800.000 aventi diritto, ossia coloro in possesso del requisito essenziale della permanenza legale decennale - dati Istat). Perché, dunque, diminuire il dato temporale da 10 a 5 anni, raddoppiando la platea (dagli attuali 800.000 ai potenziali 1.500.000)? Sui motivi della presenza in Italia degli stranieri, risulta che nella stragrande maggioranza dei casi è per lavoro (1.463.058 permessi, circa il 78% del totale - dati Istat). Perche, allora, rompere lo stretto legame, che sta alla base della legge Bossi-Fini, tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro?

Fortunatamente il governo è caduto, l'esperienza di questo centrosinistra è oramai archiviata e con ciò è tramonta definitivamente l'ipotesi di vedere una traduzione in legge di quei provvedimenti sull'immigrazione e la cittadinanza. Il 26 gennaio scorso, al decennale di Italianieuropei, la fondazione di cultura politica di area diessina, Giuliamo Amato confessò il proprio rammarico per aver dovuto «lasciare a metà» quel lavoro avviato da ministro degli Interni sul fronte dell'immigrazione. Quel lavoro è consistito: nel varo di due decreti flussi adoperati come sanatorie di fatto; nella chiusura di tre Cpt e nella ridotta utilizzazione degli altri, con conseguente drastica diminuzione delle espulsioni effettive; nella dilatazione oltre ogni misura di direttive comunitarie in tema di ricongiungimenti e di asilo, rendendo virtuali i controlli in entrata; nella presentazione di un decreto sicurezza, dopo il tristemente famoso omicidio di Tor di Quinto a Roma, che non è stato sostenuto neanche dai parlamentari del centrosinistra. Amato è rammaricato per il lavoro lasciato in sospeso in tema di immigrazione? Noi, invece, siamo contenti ed un pò più sereni.

Antonio Maglietta

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