martedì 27 gennaio 2009

Caso Battisti: l’Italia non accetta lezioni di democrazia



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 27 gennaio 2009

La richiesta del procuratore generale brasiliano alla Corte suprema di archiviare il processo di estradizione di Cesare Battisti è «inaccettabile» ed è per questo motivo che il Governo italiano ha deciso di richiamare l'ambasciatore a Brasilia. E' quanto ha spiegato martedì il ministro degli Esteri, Franco Frattini, a margine di un convegno sulla Shoah.

Per il titolare della Farnesina, quella del procuratore Antonio Fernando de Souza è stata una «decisione molto grave» perché l'Italia aveva «auspicato un ripensamento, una riflessione approfondita». «Il fatto di decidere soltanto dopo 48 ore senza avere valutato con quella profondità che avevamo auspicato - ha osservato - ci sembra un po' un "non voler decidere" e coprire pienamente e semplicemente la decisione politica del ministro della Giustizia» (Il 13 gennaio 2009, infatti, il Brasile ha deciso di accordare lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti. Il ministro della giustizia Tarso Genro ha motivato la decisione sul fondato timore di persecuzione del Battisti per le sue idee politiche, nonché sui dubbi espressi sulla regolarità del procedimento giudiziario nei suoi confronti. Il ministro della giustizia brasiliano aveva affermato, in una intervista al Folha de Sao Paulo, che: «una delle motivazioni principali nella concessione dell'asilo dimora nel fatto che il condannato non abbia avuto diritto alla difesa. Lo Stato italiano afferma che sì. Ma secondo il nostro giudizio, Battisti non ha avuto diritto ad una difesa ampia»).

«Questo - ha sottolineato Frattini - è inaccettabile, quindi convochiamo l'ambasciatore d'Italia qui a Roma per consultazioni sulla vicenda, voglio capire anche da lui quali sono le strade» da seguire. Il Brasile, ha detto ancora il ministro, è «un Paese amico dell'Italia da sempre». «Proprio per questo non ce lo aspettavamo, da qui - ha concluso Frattini - la gravità della nostra risposta».

L'ottima decisione di Frattini è stato un gesto inevitabile. L'Italia non può accettare passivamente lezioni di democrazia e la scelta del titolare della Farnesina formalizza in un atto l'indignazione degli italiani e dimostra la forte determinazione del governo sul punto in questione. Non è una questione di poco conto perché qui viene messa in discussione la credibilità della nostra democrazia e del nostro sistema giudiziario in materia di lotta al terrorismo interno. Cesare Battiti è un assassino che deve scontare la sua pena in Italia. Il giudizio su quello che ha fatto l'ex componente dei Proletari Armati per il Comunismo (PAC) spetta al sistema giudiziario del nostro paese (che peraltro si è già espresso) e certamente non ad altri.

Lo stesso Battisti, all'epoca della sua latitanza in Francia, presentò un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo contro la sua estradizione in Italia che venne dichiarato inammissibile dalla stessa Corte nel dicembre del 2006 in quanto manifestamente infondato (INFORMATION NOTE No. 92 on the case-law of the Court December 2006, Battisti-France, Decision 12.12.2006 - Section II. La stessa Corte motivò così la sua decisione: «The applicant had patently been informed of the accusation against him and of the progress of the proceedings before the Italian courts, notwithstanding the fact that he had absconded. Furthermore, the applicant, who had deliberately chosen to remain on the run after escaping from prison, had received effective assistance during the proceedings from several lawyers specially appointed by him. Hence, the Italian and subsequently the French authorities had been entitled to conclude that the applicant had unequivocally waived his right to appear and be tried in person. The French authorities had therefore taken due account of all the circumstances of the case and of the Court's case-law in granting the extradition request made by the Italian authorities: manifestly ill-founded)».

Qualificare Battisti come un perseguitato politico non è solo un atto di per sé vergognoso ed oltraggioso per le istituzioni italiane ma è un vero e proprio insulto alle vittime del terrorismo in Italia. Forse le autorità brasiliane non hanno calcolato bene il pericolo della strada intrapresa con la decisione assunta sul caso-Battisti visto che il Brasile corre il rischio di trasformarsi in terra di sicuro rifugio per i terroristi di tutto il mondo. E' bene sapere poi chi sta con chi e cioè chi decide di salvaguardare gli interessi delle famiglie delle vittime del terrorismo e chi, invece, quelle dei carnefici peraltro mai pentiti.

domenica 25 gennaio 2009

Accordo storico sulla contrattazione collettiva. Pd in panne e Cgil isolata


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 23 gennaio 2009

Giovedì scorso è stato siglato a Palazzo Chigi uno storico accordo quadro sulla riforma della contrattazione collettiva; una svolta che si attendeva da tempo visto che l'ultimo accordo in materia era del 1993. L'accordo prevede alcune novità importanti: un nuovo modello contrattuale comune, valido sia per il settore privato che per quello pubblico; l'addio al tasso di inflazione programmata imposto dal governo e l'arrivo dell'indice di inflazione previsionale che dovrà essere definito da un istituto terzo ancora da individuare; il passaggio da due a tre anni della durata dei contratti; incentivi strutturali alla contrattazione di secondo livello con la clausola che i lavoratori che non godono di questo tipo di contrattazione potranno comunque fare affidamento su elementi economici di garanzia nella misura e alle condizioni concordate nei contratti nazionali; gli incentivi al lavoro pubblico dovranno essere dati compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica (il calcolo delle risorse sarà demandato ai ministeri competenti previa concertazione con le organizzazioni sindacali); nuove regole sulla rappresentatività sindacale, limitatamente alle aziende di servizi pubblici locali.

L'accordo quadro è stato firmato da 25 sigle (mancano per ora all'appello l'Ania, l'Abi e la Lega delle cooperative, che si riservano di firmare dopo un approfondimento). L'unica che ha risposto con un niet è stata la solita Cgil. Peccato per il no, come ha sottolineato anche il ministro Sacconi, ma, come ha detto il ministro Brunetta, nessuno ha il diritto di veto. Giusto.

E' evidente che con 25 sigle firmatarie dell'accordo, e con la Cgil unico sindacato confederale a dire no, Epifani e i suoi uomini continuano a rimanere chiusi in un isolamento che essi stessi stanno costruendo con le loro decisioni. Va quindi rispedita al mittente l'accusa di alcuni esponenti del Pd che imputano all'azione del Governo l'isolamento della Cgil. E' il sindacato rosso che si mette fuori dal mondo con i suoi ripetuti no e con il suo arroccamento ideologico sulle tematiche del lavoro. Il progresso non si può certo fermare per un no della Cgil. Anche perché va bene non mettere una firma su un documento, ma cosa farà la Cgil per rendere ancora più esplicito il suo dissenso? Dirà no ai rinnovi contrattuali? Per ora il sindacato rosso ha detto no al rinnovo del contratto dei ministeri e della scuola, per il biennio economico 2008-2009, ma certo non per una strategia anti accordo-quadro ma per questioni economiche specifiche riguardanti le dinamiche salariali dei due citati comparti.

Sui motivi del no all'accordo-quadro, Epifani ha solo fatto sapere che «il governo ha forzato in direzione di un accordo che sapeva non avrebbe avuto il consenso della Cgil» e che il suo sindacato vuole esaminare il testo completo che dovrà uscire dall'integrazione tra il documento sulla contrattazione nel settore privato con le specificità del comparto pubblico. Più loquace è stato il segretario generale della Fp-Cgil, Carlo Podda, secondo cui «l'accordo di Palazzo Chigi sulla riforma del modello contrattuale colpisce fortemente il lavoro pubblico e rappresenta una diminuzione programmata della retribuzione e del potere contrattuale dei lavoratori». Con tutto il rispetto possibile per le posizioni di Podda, l'introduzione dell'indice di inflazione previsionale rappresenta un salto di qualità positivo nelle dinamiche salariali a tutto vantaggio dei lavoratori che finalmente non si vedranno imporre la scure del tasso di inflazione programmato che comprimeva gli incrementi salariali in maniera dirigista. Se a questo aggiungiamo che diventeranno strutturali gli incentivi alla contrattazione decentrata, e cioè a quella più legata alla produzione, diventa chiaro che la novità positiva dell'accordo è proprio quella di riuscire a coniugare il più possibile incrementi salariali e produttività.

Dal punto di vista più strettamente politico, invece, la Cgil esce da quest'ultima trattativa sempre più isolata. Anche il Partito Democratico, salvo qualche voce che ha messo in risalto più la mancata unità sindacale invece che attaccare l'accordo nel suo complesso (e non poteva essere altrimenti visto che parte del Pd vede di buon occhio più la strategia di Cisl e Uil che quella del sindacato di Epifani), sembra aver mollato gli ormeggi e lasciato la Cgil alla deriva.

mercoledì 21 gennaio 2009

NOTA A.C. 2031

NOTA

Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti (A.C. 2031 - già approvato dal Senato in data 18 dicembre 2008).

21 GENNAIO 2009

L'art. 1 prevede che il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge in questione, uno o più decreti legislativi volti a riformare la disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni per il raggiungimento dei seguenti obiettivi: relazioni sindacali come nel lavoro privato, miglioramento dell'efficienza della contrattazione collettiva, introduzione di sistemi di valutazione del personale per allinearsi agli standard qualitativi internazionali, valorizzazione del merito attraverso l'introduzione di meccanismi premiali, definizione di un sistema rigoroso di responsabilità, affermazione del principio di concorsualità nell'accesso alla Pa e nelle progressioni, territorializzazione delle procedure concorsuali con previsioni specifiche nei bandi relativamente alla residenza dei candidati. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei citati decreti legislativi, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri.

L'art. 2 modifica la disciplina della contrattazione collettiva nel settore pubblico al fine di conseguire una migliore organizzazione del lavoro. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: precisare gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati rispettivamente alla contrattazione collettiva e alla legge; prevedere meccanismi di monitoraggio sull'effettività e congruenza della ripartizione delle materie attribuite alla regolazione della legge o dei contratti collettivi; prevedere l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, in caso di nullità delle clausole contrattuali per violazione di norme imperative e dei limiti fissati alla contrattazione collettiva; assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio; prevedere, ai fini dell'accertamento dei costi della contrattazione integrativa, schema standardizzato di relazione tecnica recante i contenuti minimi necessari per la valutazione degli organi di controllo sulla compatibilità economico-finanziaria; potenziare le amministrazioni interessate al controllo attraverso il trasferimento di personale; riordinare le procedure di contrattazione collettiva nazionale, in coerenza con il settore privato nonché quelle della contrattazione integrativa e riformare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN); rafforzamento dell'indipendenza dell'ARAN dalle organizzazioni sindacali; potenziamento del potere di rappresentanza delle regioni e degli enti locali; ridefinizione della struttura e delle competenze dei comitati di settore, rafforzandone il potere direttivo nei confronti dell'ARAN; riduzione del numero dei comparti e delle aree di contrattazione; modificazione, in coerenza con il settore privato, della durata dei contratti al fine di ridurre i tempi e i ritardi dei rinnovi e di far coincidere il periodo di regolamentazione giuridica con quello di regolamentazione economica; rafforzamento del regime dei vigenti controlli sui contratti collettivi integrativi, in particolare prevedendo specifiche responsabilità della parte contraente pubblica e degli organismi deputati al controllo sulla compatibilità dei costi; semplificazione del procedimento di contrattazione anche attraverso l'eliminazione di quei controlli che non sono strettamente funzionali a verificare la compatibilità dei costi degli accordi collettivi; prevedere che le pubbliche amministrazioni attivino autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione, sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, con possibilità di ambito territoriale e di riferimento a più amministrazioni; prevedere l'imputabilità della spesa per il personale rispetto ai servizi erogati e definire le modalità di pubblicità degli atti riguardanti la spesa per il personale e dei contratti attraverso gli istituti e gli strumenti previsti dal codice dell'amministrazione digitale.

L'art. 3 è finalizzato a modificare ed integrare la disciplina del sistema di valutazione delle strutture e dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, al fine di assicurare elevati standard qualitativi ed economici. Nell'esercizio della delega nella materia di cui al presente articolo il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: individuare sistemi di valutazione delle amministrazioni pubbliche diretti a rilevare la corrispondenza dei servizi e dei prodotti resi ad oggettivi standard di qualità, rilevati anche a livello internazionale; prevedere l'obbligo per le pubbliche amministrazioni di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi che l'amministrazione si pone per ciascun anno e di rilevare, in via consuntiva, quanta parte degli obiettivi dell'anno precedente è stata effettivamente conseguita, assicurandone la pubblicità per i cittadini, anche al fine di realizzare un sistema di indicatori; prevedere l'organizzazione di confronti pubblici annuali sul funzionamento e sugli obiettivi di miglioramento di ciascuna amministrazione, con la partecipazione di associazioni di consumatori e utenti, organizzazioni sindacali, studiosi e organi di informazione, e la diffusione dei relativi contenuti mediante adeguate forme di pubblicità, anche via internet; stabilire annualmente indicatori di andamento gestionale, comuni alle diverse amministrazioni pubbliche o stabiliti per gruppi omogenei di esse.

Dovranno essere riordinati gli organismi che svolgono funzioni di controllo e valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche secondo i seguenti criteri: estensione della valutazione a tutto il personale dipendente e ai comportamenti organizzativi dei dirigenti; definizione di requisiti di elevata professionalità ed esperienza dei componenti degli organismi di valutazione; assicurazione della piena indipendenza e autonomia del processo di valutazione.

Altri obiettivi in materia di valutazione: prevedere, nell'ambito del riordino dell'ARAN, l'istituzione, in posizione autonoma e indipendente, di un organismo centrale che opera in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione; assicurare la totale accessibilità dei dati relativi ai servizi resi dalla pubblica amministrazione, tramite la pubblicità e la trasparenza degli indicatori, attraverso internet; consentire a ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonché dei concessionari di servizi pubblici, se dalla violazione di standard qualitativi ed economici derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori.

L'art. 4 stabilisce i principi ed i criteri finalizzati a favorire il merito e la premialità: stabilire percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività del singolo; la valutazione positiva del singolo dipendente deve costituire un titolo rilevante nelle progressioni interne; le progressioni economiche devono avvenire secondo principi di selettività; definire una riserva di accesso dall'esterno alle posizioni economiche apicali nell'ambito delle rispettive aree funzionali, anche tramite un corso-concorso bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione; stabilire che le progressioni di carriera avvengano per concorso pubblico, limitando le aliquote da destinare al personale interno ad una quota comunque non superiore al 50 per cento.

L'art. 5 modifica la disciplina della dirigenza pubblica anche attraverso l'utilizzo di criteri propri del settore privato. Nell'esercizio della delega in materia il Governo dovrà attenersi, tra gli altri, a tali principi: affermare la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico (individuazione del profilo professionale necessario a svolgere tale lavoro, valutazione del personale, utilizzo dell'istituto della mobilità); prevedere una specifica ipotesi di responsabilità del dirigente nel caso di omessa vigilanza sulla effettiva produttività delle risorse umane assegnate e sull'efficienza della relativa struttura nonché, all'esito dell'accertamento della predetta responsabilità, il divieto di corrispondergli il trattamento economico accessorio; prevedere che l'accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga mediante il ricorso a procedure selettive pubbliche concorsuali per una percentuale dei posti e prevedere, inoltre, che l'accesso sia subordinato a un periodo di formazione, non inferiore a quattro mesi, presso uffici amministrativi di uno Stato dell'Unione europea o di un organismo comunitario o internazionale, secondo modalità determinate da ciascuna amministrazione d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica e con la Scuola superiore della pubblica amministrazione; valorizzare le eccellenze nel raggiungimento degli obiettivi fissati mediante erogazione mirata del trattamento economico accessorio ad un numero limitato di dirigenti; rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici e rafforzarne l'autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all'autorità politica; semplificare la disciplina della mobilità nazionale e internazionale dei dirigenti delle pubbliche amministrazioni, prevedere che la componente della retribuzione legata al risultato sia fissata per i dirigenti in una misura non inferiore al 30 per cento della retribuzione complessiva.

L'art. 6 riguarda le sanzioni disciplinari e la responsabilità dei dipendenti pubblici. Alcuni principi e criteri direttivi della delega al Governo: semplificare le fasi dei procedimenti disciplinari e obbligo della comunicazione immediata, per via telematica, della sentenza penale alle amministrazioni interessate; prevedere che il procedimento disciplinare possa proseguire e concludersi anche in pendenza del procedimento penale; definire la tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, ivi comprese quelle relative a casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti, prevedendo altresì, in relazione a queste due ultime ipotesi di condotta, una fattispecie autonoma di reato, con applicazione di una sanzione non inferiore a quella stabilita per il delitto di cui all'articolo 640, secondo comma, del codice penale e la procedibilità d'ufficio; prevedere la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa del medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero violi i canoni di diligenza professionale nell'accertamento della patologia; prevedere il divieto di attribuire aumenti retributivi di qualsiasi genere ai dipendenti di uffici o strutture che siano stati individuati per grave inefficienza e improduttività; ampliare i poteri disciplinari assegnati al dirigente prevedendo, altresì, l'erogazione di sanzioni conservative quali, tra le altre, la multa o la sospensione del rapporto di lavoro, nel rispetto del principio del contraddittorio; abolire i collegi arbitrali di disciplina vietando espressamente di istituirli in sede di contrattazione collettiva.

L'art. 7 dispone che la vicedirigenza può essere istituita e disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione al riguardo.

L'art. 8 dispone ulteriori attribuzioni al Cnel: redazione di una relazione annuale al Parlamento e al Governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini; raccolta e aggiornamento dell'Archivio nazionale dei contratti e degli accordi collettivi di lavoro nel settore pubblico; promozione e organizzazione di una conferenza annuale sull'attività compiuta dalle amministrazioni pubbliche.

L'art. 9 integra alcune funzioni della Corte dei Conti che, anche a richiesta delle competenti Commissioni parlamentari ovvero del Consiglio dei ministri, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento. Ove accerti gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme, nazionali o comunitarie, ovvero da direttive del Governo, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause e provvede, con decreto motivato del Presidente, su proposta della competente sezione, a darne comunicazione, anche con strumenti telematici idonei allo scopo, al Ministro competente. Questi, con decreto da comunicare al Parlamento e alla presidenza della Corte, sulla base delle proprie valutazioni, anche di ordine economico-finanziario, può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa.

In arrivo nuove norme sugli statali



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 20 gennaio 2009

Il 18 dicembre dello scorso anno il Senato ha approvato il disegno di legge del ministro Brunetta recante «Delega al governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro e alla Corte dei Conti». Ora la palla è passata alla Camera, che ha calendarizzato il provvedimento per il mese di febbraio. Il testo rappresenta un fondamentale passo in avanti verso una migliore produttività del lavoro pubblico, che, a causa di numerosi vincoli normativi, di una sindacalizzazione invasiva (certificata con il memorandum sul pubblico impiego del 18 gennaio 2007) e di interventi poco mirati da parte del precedente governo (le fantomatiche e pasticciate stabilizzazioni del personale cosiddetto «precario» che neanche l'allora ministro Nicolais fu in grado di quantificare, l'ulteriore penalizzazione dei vincitori di concorso che si sono visti arrivare inaspettatamente altri soggetti concorrenti nell'accesso in pianta stabile nella Pa) è da troppo tempo legato a logiche che penalizzano le eccellenze e mettono sullo stesso piano diligenti, nullafacenti e assenteisti.

Occorre marcare le differenze, sottolineare le diversità, premiare e punire con cognizione, cercare di creare un sistema equilibrato, giusto e produttivo. Il ministro Brunetta, quindi, ha giustamente messo mano ai punti cardine del pubblico impiego e cioè ai sistemi di valutazione e sanzione dei dipendenti pubblici, alla disciplina della contrattazione collettiva, ai meccanismi di premialità, alla disciplina della dirigenza pubblica, alla vicedirigenza, oltre alla previsione di nuove attribuzioni al Cnel (redazione di una relazione annuale al parlamento e al governo sui livelli e la qualità dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali alle imprese e ai cittadini ) e alla Corte dei Conti (a richiesta delle competenti Commissioni parlamentari ovvero del Consiglio dei ministri, potrà effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento).

La delega prevede il riordino delle procedure di contrattazione collettiva nazionale, in coerenza con il settore privato, nonché quelle della contrattazione integrativa e la riforma, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran). Il progressivo avvicinamento del pubblico ad alcune forme del privato non è che una prosecuzione di un cammino iniziato già 30 anni fa con il Rapporto Giannini (1979) «sui principali problemi dell'amministrazione dello Stato», che riteneva possibile il raggiungimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità della Pa attraverso la parificazione, sotto il profilo normativo e tecnico-operativo, del pubblico impiego a quello privato, e la conseguente eliminazione di un regime normativo eccessivamente garantista nei confronti dei pubblici dipendenti.

Il provvedimento interviene anche sui sistemi di valutazione, con la previsione dell'obbligo per le Pa di predisporre, in via preventiva, gli obiettivi che l'amministrazione si pone per ciascun anno e di rilevare, in via consuntiva, quanta parte degli obiettivi dell'anno precedente è stata effettivamente conseguita, assicurandone la pubblicità per i cittadini, anche al fine di realizzare un sistema di indicatori. Verranno stabilite percentuali minime di risorse da destinare al merito e alla produttività del singolo e la valutazione positiva del dipendente deve costituire un titolo rilevante nelle progressioni interne.

Molto importanti, inoltre, gli interventi sulla disciplina della dirigenza e della vicedirigenza. Con riferimento a quest'ultima, il teso dispone che può essere istituita e disciplinata esclusivamente ad opera e nell'ambito della contrattazione collettiva nazionale del comparto di riferimento, che ha facoltà di introdurre una specifica previsione al riguardo. Per quanto concerne la dirigenza, invece, si afferma la piena autonomia e responsabilità del dirigente, in qualità di datore di lavoro pubblico attraverso l'individuazione del profilo professionale necessario a svolgere tale lavoro, il conferimento di ampi poteri sulla valutazione e sanzione del personale e la previsione di un maggior e più proficuo utilizzo dell'istituto della mobilità. Si accentuano quindi i caratteri privatistici di questa fondamentale figura del pubblico impiego, che certo non potrà più fare il Ponzio Pilato dinanzi a certe criticità dei propri uffici e dei dipendenti che ricadono sotto la sua sfera di indirizzo e controllo.

Fondamentali nella lotta all'assenteismo e alla nullafacenza le disposizioni che prevedono: la definizione della tipologia delle infrazioni che, per la loro gravità, comportano l'irrogazione della sanzione disciplinare del licenziamento, ivi comprese quelle relative a casi di scarso rendimento, di attestazioni non veritiere di presenze e di presentazione di certificati medici non veritieri da parte di pubblici dipendenti, prevedendo altresì, in relazione a queste due ultime ipotesi di condotta, una fattispecie autonoma di reato; la responsabilità disciplinare e, se pubblico dipendente, il licenziamento per giusta causa del medico, nel caso in cui lo stesso concorra alla falsificazione di documenti attestanti lo stato di malattia ovvero violi i canoni di diligenza professionale nell'accertamento della patologia.

Il progetto del ministro Brunetta è ambizioso e certamente la trasformazione in legge di questo provvedimento segnerà una svolta decisiva nel miglioramento della produttività del servizio reso dal pubblico impiego e nella creazione sia di meccanismi premiali (per i diligenti) che fortemente sanzionatori (per nullafacenti ed assenteisti).

sabato 17 gennaio 2009

Immigrazione. L'Italia è un paese accogliente


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 16 gennaio 2009

«Non si deve criminalizzare chi vuole emigrare in un altro Paese». Lo ha sottolineato il commissario del Consiglio d'Europa per i diritti dell'uomo Thomas Hammarberg intervenendo giovedì in audizione a Palazzo Madama presso la commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani. Il commissario ha ricordato, infatti, anche in relazione alle politiche che l'Italia sta adottando in materia di immigrazione come il reato di clandestinità, che «si tratta di persone disperate e credo che non sia giusto considerare gli immigrati come criminali solo perché sfuggono alla repressione e cercano una vita migliore. Se non c'è lavoro per loro quando arrivano in Italia - ha continuato Hammarberg - ovviamente dovranno essere respinti o dovranno lasciare il paese, ma queste persone non vanno criminalizzate e non va scritta una fedina penale a loro carico». Tuttavia, per quanto riguarda l'Italia, il commissario ha ricordato che insieme ad altri paesi il nostro «è in prima linea» per quanto riguarda i flussi migratori e ha bisogno di un «maggior supporto» da parte degli altri paesi europei. Il commissario ha poi annunciato che «a febbraio» sarà pronta la sua nuova relazione sul rispetto dei diritti umani in Italia.

E allora visto che lo stesso commissario ammette la particolarità della situazione dell'Italia, anche a causa della sua collocazione geografica, perché non attiva i suoi uffici per aumentare i fondi europei per migliorare le politiche di accoglienza da destinare ai paesi della frontiera sud dell'Unione Europea e cioè a quelli più esposti ai flussi di immigrati (stanziali o di semplice passaggio)? Sarebbe una scelta di buon senso nell'interesse di tutti i paesi europei, certamente più utile del polverone sollevato con queste sue incaute dichiarazioni.

Gli stessi irriguardosi concetti verso il nostro Paese sono stati messi anche nero su bianco sulle pagine del quotidiano La Repubblica, dove Hammarberg in una intervista pubblicata giovedì, con riferimento ad alcune disposizioni del disegno di legge sulla sicurezza in discussione al Senato, ha parlato irresponsabilmente di leggi discriminatorie ed incivili che non rispettano i diritti umani come quella che considera reato o comunque una aggravante l'immigrazione clandestina.

Ma il commissario bacchetterà anche Francia e Germania visto che norme simili esistono anche in quei paesi? Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha incaricato il rappresentante permanente presso il Consiglio d'Europa di svolgere un passo ufficiale nei confronti del Presidente dell'Assemblea e del Segretario Generale, manifestando «il forte sconcerto» e la protesta dell'Italia per le dichiarazioni rilasciate da Thomas Hammarberg, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, al quotidiano La Repubblica. Hammarberg ha parlato di comportamenti dell'Italia «incivili» e di leggi «discriminatorie», «offendendo gravemente i sentimenti degli italiani - ha spiegato la Farnesina in una nota - e rivolgendosi in modo inaccettabile ad un Paese europeo la cui storia e tradizione di democrazia, tolleranza e rispetto dei diritti umani non possono essere messe in discussione».

La cosa che più infastidisce di questa vicenda è che troppo spesso alcuni rappresentanti delle istituzioni sovranazionali indossano i panni dei maestrini sapienti, molto attenti nel diffondere inutili dichiarazioni pseudo-buoniste quanto altrettanto distratti nel valutare attentamente la realtà dei fatti. Basterebbe mostrare al commissario Hammarberg l'encomiabile lavoro svolto dalle nostre forze di polizia nel soccorrere gli immigrati in difficoltà sulle carrette del mare per rispedire al mittente l'accusa di «inciviltà».

L'Italia è da sempre un paese accogliente e lo dimostrano i freddi numeri come i dati in crescita degli immigrati stanziali ed il costante aumento delle richieste di permesso di soggiorno per motivi di famiglia: uno straniero che crede di vivere in un paese incivile che lo discrimina non penserebbe certamente di rendere stanziale la sua permanenza in quel posto, ricongiungendosi peraltro con i suoi familiari. La miglior riposta alle accuse di Hammarberg è nei numeri, nelle immagini che arrivano da Lampedusa e nella storia del nostro paese.
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