giovedì 16 dicembre 2010

La violenza è un sentiero già esplorato, che porta dritti verso il precipizio



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
giovedì 16 dicembre 2010

Le persone che hanno messo a ferro e fuoco Roma durante le manifestazioni di protesta del 14 dicembre sono solo dei teppisti e come tali vanno trattati. Roma si ama, non si distrugge. Chi ha divelto i sampietrini e imbrattato i muri della Capitale non ha alcun rispetto per questa città, per la sua storia, per quello che rappresenta in Italia e nel mondo e per tutti i suoi abitanti. Le persone perbene di questo paese, indipendentemente dalle posizioni politiche o dalle idee personali, dovrebbero dare piena solidarietà a chi il 14 dicembre era sicuramente dalla parte del giusto.
Solidarietà, quindi, alle forze dell'ordine, che per poco più di mille euro al mese hanno preso insulti, botte e quant'altro. Quanto è maledettamente attuale, a riguardo, la poesia «Il Pci ai giovani!» di Pier Paolo Pasolini del 1968! Solidarietà a tutti i commercianti che dovranno fare la conta dei danni subiti. Solidarietà ai proprietari delle macchine incendiate e danneggiate e dei motorini distrutti. Solidarietà a tutte le persone pacifiche che hanno manifestato perché ostaggi di questi teppisti. Solidarietà a tutti gli abitanti di Roma stanchi di queste situazioni.
La condanna della violenza deve essere netta, chiara e precisa. Senza se e senza ma. Non si può avallare l'idea che i malesseri della società si risolvano rompendo tutto e aggredendo le forze dell'ordine. Ci attenderà un futuro nero e luttuoso se passa il concetto che la violenza possa essere in qualche modo un mezzo di redenzione.
Fanno rabbrividire le parole di tutti quelli che, in un certo senso, fanno i furbetti parlando d'infiltrati tra i manifestanti, alludendo forse subdolamente al fatto che ci sarebbero stati dei veri e propri agenti provocatori tra i protagonisti degli scontri. La società delle immagini, in tal senso, ha prodotto le sue incontrovertibili verità. Le due immagini controverse che, secondo gli accusatori, sarebbero la prova dell'accusa si sono rivelate sin da subito delle patacche.
La foto che ritrae un manifestante a terra, braccato dai poliziotti, con le stesse scarpe di questi ultimi è stata scattata nel 2007 in Canada e non certo a Roma. Le sequenze video che immortalano un giovane attivo negli scontri che, a un certo punto, ha in mano un manganello e delle manette hanno fatto gridare anche qui alla prova provata. In realtà, com'è emerso poco dopo, si tratta di un sedicenne con una militanza in gruppi della sinistra estrema e con qualche precedente alle spalle.
Fanno rabbrividire anche le immagini delle continue aggressioni subite dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni, cui dovrebbe andare una solidarietà ancor maggiore di quella che già sicuramente gli è arrivata. Chi aggredisce fisicamente chi la pensa diversamente, chi vuole zittire con la forza chi dissente deve capire che un domani potrebbe subire la stessa violenza da parte di qualcun altro per lo stesso e identico motivo. Una spirale pericolosa che porterebbe solamente alla perdita della pace sociale, all'odio come sentimento diffuso e alla violenza come mezzo di affermazione delle proprie idee. E' questo il mondo che vogliamo? Rivogliamo i morti e i feriti degli anni '70? Rivogliamo quel clima? La storia purtroppo non ha insegnato nulla a questa gente. Quali benefici collettivi hanno portato quelle violenze? Nessuno. E allora perché qualcuno ha deciso di intraprendere un sentiero già esplorato e che già si sa che porta solamente dritti in un precipizio?

lunedì 13 dicembre 2010

Possibili scenari in tema d’immigrazione



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 13 dicembre 2010

Secondo il XVI rapporto sulle migrazioni 2010 della Fondazione Ismu ci sono due scenari possibili in un futuro prossimo venturo: rallentamento dei flussi migratori e possibile boom della presenza africana in Italia nel 2030. Se le aree di origine dell'immigrazione verso l'Italia rimarranno quelle di adesso, e cioè se più della metà degli immigrati stranieri continuerà a provenire dall'Est Europa, in tal caso nei prossimi 20 anni i residenti stranieri aumenterebbero a una media di 187mila unità annue, cifra notevolmente inferiore rispetto ai 431mila mediamente registrate negli ultimi sette anni.
Il secondo scenario introduce l'eventualità che la caduta dei flussi provenienti dai paesi dell'est sia interamente compensata da quelli provenienti dall'Africa Sub-sahariana. D'altra parte le premesse per un boom d'immigrati da tale area non mancano, se si considera che gli scenari demografici più accreditati (United Nations, 2008) calcolino che l'Africa Sub-sahariana tra il 2010 e il 2030 avrà un surplus annuo di 15-20 milioni di potenziali lavoratori. Se non saranno pienamente assorbiti dai mercati locali, potranno farsi tentare dalla scelta migratoria ed emigrare, almeno in parte, tanto in Italia quanto nel resto d'Europa.
Tra i due scenari prospettati dal rapporto Ismu quello più realistico sembra essere proprio il secondo. I motivi sono diversi. E' naturale che lo sviluppo economico, seppur tra mille difficoltà, dei paesi dell'Est Europa porterà nel tempo a una riduzione rilevante dei flussi migratori provenienti da quelle zone. E' altrettanto prevedibile, però, che questo vuoto sia riempito velocemente, magari anche con numeri superiori, dai flussi provenienti dall'Africa.
In questo quadro le istituzioni comunitarie e tutti i governi europei dovranno decidere se mettere in piedi da subito un piano per evitare di essere sommersi da questi flussi o se vorranno continuare a vivacchiare pensando che gli eventuali problemi di questi scenari siano solo dei paesi rivieraschi del sud e, quindi, dell'Italia, della Spagna e della Grecia.
A fine novembre il terzo vertice Africa-Unione europea a Tripoli si era chiuso tra qualche divisione e possibili rilanci in tema di cooperazione. Le parole-guida erano state: investimenti, crescita economica, posti di lavoro. Tranne il leader sudanese erano presenti tutti i capi di stato e di governo africani mentre da parte europea ci furono le pesanti assenze politiche dei leader di Francia, Germania e Gran Bretagna, che parteciparono solamente a livello ministeriale. Non si è trattato certamente di un buon segnale.
Oggi l'Africa ha il più grande potenziale mondiale in termini di crescita e questo è un motivo in più che dovrebbe spingere tutti i paesi europei a partecipare in maniera più attiva allo sviluppo economico di quella parte del mondo. Si tratterebbe di una scelta lungimirante e strategica. Lungimirante perché lo sviluppo economico dell'Africa ridurrebbe il numero delle persone pronte a partire verso l'Europa in cerca di un futuro migliore. Sappiamo tutti che il Vecchio Continente, e in primis l'Italia, non si può permettere di essere l'approdo d'imponenti flussi migratori che rischierebbero di far affogare il nostro territorio in un mare di problemi.
Strategica perché l'Europa non può assolutamente lasciare alla Cina e, in parte, anche agli Stati Uniti, di fare la parte del leone nelle partnership commerciali con i paesi africani. I paesi del Vecchio Continente si muovono divisi e questo non è certamente un bene nella concorrenza serrata in corso in Africa con il colosso asiatico e quello americano. Le istituzioni comunitarie dovrebbero organizzare il prima possibile una cabina di regia che indirizzi gli sforzi dei singoli paesi nell'ambito di un piano strategico sul lungo periodo che veda coinvolti sia soggetti istituzionali che privati. La cooperazione allo sviluppo, così come la conosciamo, non va più bene perché spesso ha portato più risultati negativi che positivi. Occorre un maggior coinvolgimento delle imprese che vogliono investire in quei territori su progetti di lungo periodo evitando che i soldi della cooperazione vadano a finire su cose di corto respiro o, peggio ancora, in qualche buco nero.

lunedì 6 dicembre 2010

Dati positivi dal mondo del lavoro



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 06 dicembre 2010

Nel mese di novembre 2010 le ore autorizzate di cassa integrazione sono diminuite rispetto allo stesso mese del 2009: -8%. Ancora più sensibile il calo tendenziale, cioè rispetto al mese precedente (ottobre 2010): -10%. A novembre sono stati autorizzate 90,7 milioni di ore di Cig, contro i 100,8 milioni di ottobre 2010 e contro i 98,6 milioni di novembre 2009. La flessione tendenziale è generalizzata: le ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria si sono fermate a 20,8 milioni (-12,7% rispetto a ottobre); le ore di cassa integrazione straordinaria sono state 38,9 milioni (-8,6%); le ore di cassa integrazione in deroga sono state poco meno di 31 milioni (-9,9%).

«È una frenata forse inattesa per le dimensioni - ha commentato il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua - ma che era stata anticipata, attraverso alcuni segnali più deboli, da maggio, quando il valore delle autorizzazioni ha cominciato a diminuire. A novembre, per la prima volta, le ore autorizzate sono addirittura meno di quelle richieste nel novembre 2009». È nell'industria che si registra il maggior decremento negli interventi ordinari (-64,3%) rispetto allo stesso mese dell'anno precedente. La forte diminuzione si evidenzia anche nel periodo gennaio-novembre rispetto agli stessi undici mesi del 2009: -44,4%. Dato negativo tendenziale per Cigs (Cassa integrazione guadagni straordinaria) e Cigd (Cassa integrazione in deroga), che rimangono invece in crescita rispetto al novembre 2009 (rispettivamente del 36,1% e del 56,6%).

Il dato sulla diminuzione delle ore autorizzate di cassa integrazione ordinaria, sia su base mensile che annuale, e quello su base mensile di Cigs e Cigd, dimostrano che c'è una ripresa in atto, soprattutto nel mondo dell'industria. La situazione poteva essere anche peggiore senza il ruolo attivo e positivo svolto dal ministero del Lavoro e da quello dello Sviluppo Economico per contenere gli effetti della crisi mondiale sul mercato del lavoro italiano. Bisogna ricordare che già lo scorso anno l'allora ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, mise in piedi una task force che aprì più di 150 tavoli di confronto tra imprenditori, rappresentanze sindacali e istituzioni, per gestire crisi aziendali in settori che, nel corso di quell'anno, coinvolsero oltre 300 mila lavoratori. E questo lavoro è stato portato avanti con profitto anche nell'anno in corso.

Insomma, la flessione tendenziale delle ore autorizzate di cassa integrazione è un segnale inequivocabile del fatto che la ripresa, seppur con segnali timidi ma confortanti, stia iniziando a prendere forma. Anche l'aumento su base annuale delle ore autorizzate di cassa integrazione in deroga può essere letto in chiave positiva. Questa forma di sostegno al reddito è una tra le migliori cose ideate dal governo Berlusconi per fronteggiare la crisi economica mondiale. Una vera e propria breccia nel muro dell'iniquo welfare State italiano, visto che per la prima volta anche alcuni soggetti esclusi dal cosiddetto «paracadute sociale» (i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti, lavoratori con contratto di somministrazione e lavoranti a domicilio, dipendenti da aziende che operino in determinati settori produttivi o specifiche aree regionali, individuate in specifici accordi governativi) sono riusciti ad avere il loro posto al sole.

In conclusione si può dire che gli ultimi dati dell'Inps sulle ore autorizzate di cassa integrazione sono certamente positivi e segnalano una ripresa ancora debole ma che, seppur tra tante difficoltà, sta prendendo forma. I problemi non sono certamente risolti, ma è bene guardare al futuro con una certa dose di ottimismo. All'ottimo lavoro svolto dalle prestazioni a sostegno del reddito dovrà necessariamente affiancarsi un rilancio delle politiche occupazionali attraverso l'investimento sulle competenze e la diffusione dei contratti di apprendistato.

mercoledì 1 dicembre 2010

Libera impresa e sostegno del reddito. Intervista all'on. Antonino Foti



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
mercoledì 01 dicembre 2010

E' in discussione alla Camera il disegno di legge recante interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito. Ne parliamo con il relatore del provvedimento, l'onorevole Antonino Foti (Pdl).


Onorevole Foti, innanzitutto qual è l'obiettivo di questo disegno di legge?
La proposta di legge 2424 («Interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito») si pone l'obiettivo di definire una serie di rilevanti interventi per il sostegno dei lavoratori che, fruendo dei trattamenti di sostegno al reddito, in seguito alla perdita del posto di lavoro, abbiano intenzione di avviare in proprio un'attività d'impresa. Ho sempre osservato con preoccupazione il problema dell'elevato numero dei cassintegrati nel nostro Paese, numero che sembra, purtroppo, non dover diminuire nell'immediato futuro. Dei lavoratori interessati - oggi quasi 700.000 - so e sappiamo quali grandi difficoltà si porranno per coloro che non potranno rientrare nella «loro» azienda, nel trovare un nuovo lavoro nel settore pubblico, o nel settore della media-grande impresa, vista la tendenza di queste realtà a ridurre, da anni e, in special modo in questi ultimi tempi, la mano d'opera.

Qual è l'elemento d'innovazione e di maggior interesse in questo provvedimento?
L'elemento d'innovazione e di maggior interesse della proposta di legge in esame è quello di trasferire parte delle risorse attualmente destinate agli ammortizzatori sociali a favore di specifici interventi idonei ai fini dell'avvio di nuova imprenditorialità e di nuova occupazione, soprattutto nel settore delle imprese artigiane e delle micro-imprese. In relazione a questi obiettivi, proprio nell'articolo 1 si definiscono le specifiche agevolazioni ai lavoratori che fruiscano di determinati strumenti di sostegno al reddito, prevedendo che i lavoratori in cassa integrazione che abbiano l'intenzione di iniziare un'attività imprenditoriale possano, a tal fine, utilizzare subito una parte dell'importo complessivo messo a disposizione dall'istituto della cassa integrazione guadagni, come incentivo, continuando comunque a beneficiare del 50% dell'emolumento mensile previsto da tale importante ammortizzatore sociale, ed usufruendo, per un breve e determinato periodo, di una sorta di «percorso protetto». Durante questo periodo, pur tenendo ferme le regole sulla sicurezza sul lavoro e sull'esercizio delle attività imprenditoriali, viene applicata una «legislazione leggera», basata su agevolazioni, incentivi e sgravi, prevenendo, in tal modo, la possibile totale illegalità del sommerso.

Quali sono le forme imprenditoriali ammesse in questa proposta?
L'attività di impresa, di cui alla presente legge, può essere svolta in forma individuale o di impresa familiare, ai sensi dell'articolo 230-bis del Codice civile, nelle forme di società in nome collettivo o in accomandita semplice, ovvero in forma di società cooperativa di cui all'articolo 2522 del citato Codice civile.

Il testo interviene anche sul tema sempre delicato degli ammortizzatori sociali. Ci può spiegare in quali termini?
Come sappiamo, gli ammortizzatori sociali consistono in misure di sostegno al reddito finalizzate ad evitare che i lavoratori, che nella normalità dei casi traggono dall'attività lavorativa il sostentamento per sé e per le proprie famiglie, rimangano privi di retribuzione quando il datore di lavoro non sia in grado, per motivi legittimi, definiti anche «cause integrabili», di ricevere la prestazione lavorativa e di conseguenza non abbia più l'obbligo di corrispondere la retribuzione. La cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, la mobilità, gli ammortizzatori sociali in deroga, l'indennità di disoccupazione, sono misure importantissime affinchè i lavoratori e le loro famiglie possano far fronte ad esigenze urgenti ed immediate, ma l'intento di questo disegno di legge è di renderli strumenti, sì protettivi, ma allo stesso tempo produttivi, attraverso cui si alimenti la creatività, l'autodeterminazione e la realizzazione di un nuovo tessuto sociale costituito da quegli artigiani, operai e dipendenti, capaci, preparati, ma in difficoltà, che abbiano l'opportunità di scoprirsi micro-imprenditori, alimentando così l'economia e le opportunità di lavoro e prevenendo, in tal modo, la crescita dell'illegalità del sommerso.

In che modo questo disegno di legge può dare un contributo concreto in tema di modernizzazione delle politiche sociali e rilancio economico e produttivo del Paese?
Ritengo possa ripetersi quanto già successo nel nostro Paese nel primo dopoguerra, quando, a seguito della chiusura di grandi fabbriche e di massicci licenziamenti, molti operai, esperti e capaci nel loro lavoro, fecero nascere una miriade di piccole imprese, in gran parte all'inizio individuali e, in seguito, con pochi dipendenti, fenomeno attraverso il quale si è affermato un sistema economico polverizzato che ha tanto positivamente inciso nello sviluppo economico e sociale del nostro Paese, esempio studiato e tuttora invidiato nel mondo. Certo, tutto ciò non nacque per caso, il processo fu accompagnato e agevolato. Gli enti locali, specie nel centro-nord, indipendentemente dal tipo di amministrazione, disposero gli insediamenti produttivi, i vari villaggi artigianali ed industriali, accompagnando così la creatività dei nostri operai, della nostra gente. La volontà e la speranza della mia proposta è quella di ripristinare, per quanto possibile, quel momento storico-economico del primo dopoguerra, quando era più semplice e veloce e, conseguentemente, produttivo, iniziare e continuare un'attività imprenditoriale.
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