mercoledì 24 dicembre 2008

Più sicurezza con il sì al Trattato di Prüm



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 23 dicembre 2008

Con voto unanime, il Senato lunedì 22 dicembre ha approvato e trasmesso alla Camera il ddl sull'adesione del nostro paese al Trattato di Prüm sulla lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e all'immigrazione illegale. Tale Convenzione, denominata «Schengen 2», è stata firmata a Prüm (Germania) il 27 maggio 2005 da 7 paesi dell'Unione Europea (Belgio, Francia, Germania, Spagna, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria) ed è aperta all'adesione e ratifica di altri membri dell'Ue. Rappresenta un valore aggiunto rispetto agli accordi di Schengen, poiché è volta a rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta al terrorismo, all'immigrazione clandestina, alla criminalità internazionale e transnazionale.

Le disposizioni del Trattato permettono di migliorare notevolmente lo scambio di informazioni concernenti dati informatici, relativi anche a impronte digitali e dati genetici (Dna) - con correlativa predisposizione di un livello adeguato di protezione dei dati medesimi da parte del paese contraente - attraverso il reciproco accesso, con lettura diretta ed on line, ai dati dei registri di immatricolazione dei veicoli, nonché degli archivi d'analisi del Dna e dei dati dattiloscopici (impronte digitali), secondo specifiche modalità. In tale modo si avrà direttamente, e per via informatica, l'informazione sull'esistenza o meno del dato richiesto nello schedario del paese partner. Allo scopo di migliorare la cooperazione tra le forze di polizia il Trattato prevede, oltre allo scambio di informazioni su potenziali terroristi: la possibilità di istituire pattuglie comuni e di delegare competenze di forza pubblica a Forze di polizia appartenenti alle altre parti contraenti, nonché l'assistenza in occasione di eventi di grande portata; lo svolgimento di operazioni oltre frontiera su richiesta (o anche senza, in casi di urgenza) con la possibilità di esercitare alcuni poteri di polizia; meccanismi di cooperazione in materia di attività di contrasto dei documenti falsi, di impiego di guardie armate a bordo degli aerei ed in materia di espulsione.

Il ddl istituisce la banca dati nazionale del Dna e il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del Dna. Si dà inoltre delega al governo per l'istituzione dei ruoli tecnici del corpo di polizia penitenziaria. E' un passo molto importante, non soltanto ai fini del potenziamento degli strumenti relativi alle indagini per i reati di criminalità organizzata e di terrorismo, sempre più a connotazione transnazionale, perché la banca dati del Dna diventerà fondamentale anche per stabilire l'identità dei cadaveri, ricostruendo i profili del Dna dei familiari, nonché per rintracciare persone scomparse e per scoprire gli autori di reati, come ad esempio furti e rapine, che oggi, in larga parte, rimangono ignoti. A tal riguardo, anche il primo presidente della Corte di Cassazione, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2006, ha rimarcato che, nel 2005, sono stati ben 2.855.372 i delitti denunciati, di cui poco più della metà rimasti impuniti perché ignoti gli autori; mentre, con particolare riguardo ai furti, è stato ricordato che ne sono stati denunciati, sempre nel 2005, un milione e mezzo, la cui quasi totalità è rimasta impunita per essere rimasti ignoti gli autori (Nicola Marvulli, Relazione sull'attività Giudiziaria nell'anno 2005 - Considerazioni generali sulla giustizia penale). In occasione della inaugurazione dell'anno giudiziario per l'anno 2007, il primo presidente della Corte di Cassazione ha riferito, con riguardo al periodo 1º luglio 2005-30 giugno 2006, che, pur essendo considerevolmente diminuito il numero dei reati denunciati (da 2.855.372 a 2.526.486, con una riduzione dell'11,51%), rimane eccessiva la percentuale di quelli ad opera di ignoti (1.992.943) - (Gaetano Nicastro, Relazione sull'attività Giudiziaria nell'anno 2006, pag. 22).

Insomma, si tratta di un pacchetto di interventi molto importante perché permette agli Stati di avere un elemento di identificazione pressoché certo, visto che negli altri strumenti a disposizione c'è sempre un margine di incertezza. L'idea di istituire una banca dati del Dna non è certo nuova, ma finalmente si è passati dalle parole ai fatti, grazie alla volontà politica del governo e della maggioranza di centrodestra, che hanno trovato spazio nel calendario dei lavori delle Camere e, soprattutto, i mezzi finanziari per coprire l'iniziativa.

lunedì 22 dicembre 2008

Meritocrazia e lavoro pubblico: i primi passi del governo Berlusconi



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 19 dicembre 2008


La Pubblica Amministrazione assume un ruolo centrale in qualsiasi politica di sviluppo dell'economia e si sostanzia in persone che esercitano materialmente le funzioni che gli competono ed esprimono, con i loro atteggiamenti nei confronti dell'utenza, l'orientamento comunicativo complessivo dell'Ente stesso.

Le risorse umane operanti nel pubblico impiego, la qualità e la quantità del loro operato, il rapporto di fiducia tra PA e cittadini-consumatori ed imprese sono i punti essenziali sui quali intervenire per una riforma del settore pubblico all'insegna della meritocrazia e per questo occorrerebbe motivare i lavoratori pubblici, anche sotto il profilo economico, creare degli indicatori di performance con degli obiettivi da raggiungere e comunicarli adeguatamente all'esterno in modo che siano monitorabili e giudicabili dal mercato e cioè da parte di coloro che usufruiscono del servizio.

Il ministro Brunetta, sin dall'inizio del suo mandato, ha adottato dei provvedimenti concreti per rendere più trasparente e meritocratico il settore pubblico: redazione dei 34 punti della Riforma della PA; definizione delle «Linee programmatiche sulla Riforma della Pubblica Amministrazione»; operazione trasparenza su incarichi, emolumenti, distacchi e permessi sindacali; introduzione di nuove norme sulle assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e monitoraggio e rilevazione delle stesse (articolo 71 della legge 6 agosto 2008, n. 133 e circolari n. 7 e 8 del 2008); redazione del Piano industriale dell'innovazione del 2 ottobre 2008, il cui piano operativo prevede 60 iniziative ben precise e cioè 12 convenzioni con le amministrazioni centrali, 42 convenzioni con le Regioni e i comuni capoluogo, 2 programmi infrastrutturali, 2 progetti speciali, oltre a norme e standard; concorso «Premiamo i risultati», finalizzato a premiare i risultati e l'impegno a migliorare le performance nonché a valorizzare gli esempi di buona amministrazione.

Occorre ricordare, inoltre, che nel pubblico impiego è stata ereditata la scottante questione delle stabilizzazione dei precari e la grana ormai storica dei vincitori di concorso non assunti. L'articolo 7, comma 7, del progetto di legge «Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali», già approvato dalla Camera ed in discussione al Senato, prevede al riguardo che le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, dovranno comunicare il numero delle graduatorie ancora vigenti, indicando le qualifiche cui esse si riferiscono, la data di approvazione delle graduatorie stesse e il numero dei vincitori eventualmente ancora da assumere. I vincitori di concorsi appartenenti alle suddette graduatorie hanno priorità per l'assunzione rispetto al personale assunto a tempo determinato.

Un altro problema storico nel settore pubblico sono i salari standardizzati che non premiano il merito, mortificano le eccellenze e mettono sullo stesso piano nullafacenti e meritevoli. L'articolo 67, comma 9, della legge 6 agosto 2008, n. 133 ha disposto che d'intesa con la Corte dei conti e la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero economia e finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato integra le informazioni annualmente richieste con il modello di cui all'articolo 40-bis comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, predisponendo un'apposita scheda con le ulteriori informazioni di interesse della Corte dei conti volte tra l'altro ad accertare, oltre il rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla vigente normativa in ordine alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa ed all'evoluzione della consistenza dei fondi e della spesa derivante dai contratti integrativi applicati, anche la concreta definizione ed applicazione di criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell'impegno e della qualità della prestazione individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche.

Il 30 ottobre scorso, inoltre, è stato firmato il protocollo di intesa tra Governo e sindacati (Cisl, Uil, Confsal, Usae e Ugl) sul rinnovo dei contratti di lavoro del pubblico impiego per il biennio economico 2008-2009. L'aumento previsto dal protocollo per il comparto dei ministeri è pari a 70 euro medie mensili. Il protocollo prevede che le risorse recuperate per i trattamenti accessori dovranno essere destinate all'incentivazione della produttività dei dipendenti mediante l'individuazione nei Ccnl di criteri rigorosamente selettivi, con particolare riferimento all'introduzione di meccanismi premiali dei profili qualitativi e quantitativi della prestazione lavorativa.

Il ministro Brunetta ha già fatto tanto e bene e sarebbe opportuno che i sindacati, anche quelli che oggi rifiutano qualsiasi tipo di accordo, partecipassero con spirito collaborativo all'opera del titolare del dicastero di palazzo Vidoni perché è nell'interesse di tutti avere una pubblica amministrazione moderna, più efficiente, più trasparente, più vicina agli interessi dei cittadini e delle imprese e che finalmente valorizzi le tante eccellenze che tutti i giorni fanno funzionare gli uffici, penalizzando al contempo nullafacenti ed assenteisti.

martedì 16 dicembre 2008

Meritocrazia e lavoro privato. Le iniziative del governo



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

lunedì 15 dicembre 2008


Il ministro Sacconi, sin dall'inizio del suo mandato, per fronteggiare l'emergenza riguardante i redditi da lavoro dipendente, segnalata da tempo da diversi studi autorevoli, ha cercato di far crescere i salari collegandoli alla produttività, detassando gli straordinari e i premi aziendali, così come promesso in campagna elettorale. In pratica ha creato un meccanismo che determina un aumento del salario in chiave meritocratica: chi ha il merito di lavorare di più deve essere pagato di più.

L'articolo 2 della legge 4 luglio 2008, n. 126, «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie», ha introdotto infatti delle misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro privato. Ha previsto che, salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, nel periodo dal 1° luglio 2008 al 31 dicembre 2008 sono soggetti a un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 3.000 euro lordi, le somme erogate a livello aziendale «per prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, effettuate nel periodo suddetto; per prestazioni di lavoro supplementare ovvero per prestazioni rese in funzione di clausole elastiche effettuate nel periodo suddetto e con esclusivo riferimento a contratti di lavoro a tempo parziale stipulati prima della data di entrata in vigore del presente provvedimento; in relazione a incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa e altri elementi di competitività e redditività legati all'andamento economico dell'impresa». Le disposizioni sono rivolte ai titolari di reddito da lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2007, a 30.000 euro.

La crisi dell'economia mondiale, però, ha ridisegnato il quadro economico ed ha imposto nuove scelte, che non potevano non andare nella direzione del sostegno ai consumi e, quindi, dell'aumento dei salari e dell'incremento del potere di acquisto dei cittadini. L'articolo 5 («Detassazione contratti di produttività») del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (il cosiddetto «decreto anticrisi»), in corso di conversione in legge, ha disposto quindi che, per il periodo dal 1° gennaio 2009 al 31 dicembre 2009, saranno prorogate le misure sperimentali per l'incremento della produttività del lavoro, previste dall'articolo 2 comma 1, lettera c), del decreto legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126. Tali misure troveranno applicazione, entro il limite di importo complessivo di 6.000 euro lordi, con esclusivo riferimento al settore privato e per i titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore, nell'anno 2008, a 35.000 euro, al lordo delle somme assoggettate nel 2008 all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 2 del citato decreto legge. Se il sostituto d'imposta tenuto ad applicare l'imposta sostitutiva in tale periodo non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per il 2008, il beneficiario dovrà attestare per iscritto l'importo del reddito da lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno 2008.

Il governo Berlusconi ha intrapreso con i fatti ed a suon di provvedimenti concreti la difficile ma virtuosa strada della meritocrazia, legando il salario a dinamiche improntate al merito ed alla gratificazione economica dei meritevoli e coniugando, quindi, la doppia esigenza dell'innalzamento della produttività del lavoro con quella dell'aumento dei salari.

venerdì 12 dicembre 2008

Scuola e meritocrazia. L'impegno del governo Berlusconi


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 09 dicembre 2008

Il termine «meritocrazia» è stato usato per la prima volta da Michael Young (Lord Young di Dartington) nel titolo di un libro, The Rise of Meritocracy, in cui l'autore immaginava il merito come la risultante di due componenti, l'intelligenza e lo sforzo (IQ plus effort) con l'aggiunta della certificazione data dal titolo di studio. La meritocrazia è nata nel 1933 ad Harvard quando il presidente di allora, J. Bryant Conant, concepì l'ETS (Education Testing Service), grazie al quale venne introdotto il SAT (Scholastic Aptitude Test) che rivoluzionò il sistema di ammissioni, che fino ad allora privilegiava i figli delle famiglie ricche, e permise da quel momento di selezionare i migliori studenti indipendentemente dall'estrazione sociale e dal conto in banca dei genitori, permettendo loro di accedere senza alcuna restrizione ad una delle migliori università del mondo. La meritocrazia nasce, quindi, con l'idea di modificare i criteri di accesso ad una delle migliori università del mondo e viene formalizzata con un termine specifico («meritocracy» appunto) sempre con riferimento al sistema scolastico. In pratica, la culla della meritocrazia è la scuola.

Il termine, come sappiamo, è spesso inflazionato e quasi mai tradotto in interventi specifici. Con il governo Berlusconi c'è stata finalmente una significativa inversione di tendenza. Diamo dunque uno sguardo a quello che è stato già fatto dall'attuale esecutivo sul tema della scuola e della meritocrazia, perché le opinioni e le buone intenzioni sono sempre rispettabili ma quello che conta è ciò che viene messo nero su bianco e tradotto in interventi concreti. Pur essendo in carica da pochi mesi, attraverso l'azione del ministro Gelmini, il governo Berlusconi ha già compiuto alcuni passi significativi per valorizzare il merito e migliorare, semplificare e rendere più trasparenti i sistemi di valutazione degli studenti, dei ricercatori e dei professori. Ecco l'elenco:

* Decreto ministeriale del ministro Gelmini del 28 luglio 2008, con l'aggiunta della nota prot. n. 11715 del 10 novembre 2008, per l'individuazione delle iniziative per la valorizzazione delle eccellenze conseguite dagli studenti delle scuole di istruzione secondaria superiore, statali e paritarie, con particolare riferimento agli articoli 3 (Proposte per l'individuazione delle eccellenze per gli studenti frequentanti i corsi di istruzione superiore delle scuole statali e paritarie) e 4 (Informazione sul monitoraggio delle iniziative di valorizzazione delle eccellenze);
* Articolo 3, comma 1, della legge 30 ottobre 2008, n. 169, che ha previsto che nella scuola primaria la valutazione periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi acquisite debba essere effettuata mediante l'attribuzione di voti espressi in decimi e illustrata con giudizio analitico sul livello globale di maturazione raggiunto dall'alunno;
* Articolo 3, comma 3, della legge 30 ottobre 2008, n. 169: nella scuola secondaria di primo grado sono ammessi alla classe successiva, ovvero all'esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto, con decisione assunta a maggioranza dal Consiglio di classe, un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline;
* Articolo 3, comma 4, della legge 30 ottobre 2008, n. 169: l'esito dell'esame conclusivo del primo ciclo è espresso con valutazione complessiva in decimi e illustrato con una certificazione analitica dei traguardi di competenza e del livello globale di maturazione raggiunti dall'alunno; conseguono il diploma gli studenti che ottengono una valutazione non inferiore a sei decimi;
* Articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, recante disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualità del sistema universitario e della ricerca, in corso di conversione in legge, che ha previsto l'introduzione di meccanismi più trasparenti per la definizione della composizione delle commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori universitari di I e II fascia (art. 1, comma 4) e di quelle per la valutazione comparativa dei candidati di cui all'articolo 2 della legge 3 luglio 1998, n. 210 (art. 1, comma 5);
* Articolo 1, comma 7, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, che ha disposto che nelle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei ricercatori bandite successivamente alla data di entrata in vigore del decreto, la valutazione comparativa è effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi compresa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con apposito decreto del ministro dell'istruzione;
* Articolo 1-bis del disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, già approvato dal Senato ed ora in discussione alla Camera, che incentiva il cosiddetto «rientro dei cervelli»;
* Articolo 3 del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180 che ha integrato di 65 milioni di euro il fondo per il finanziamento dei progetti volti alla realizzazione degli alloggi e residenze di cui alla legge 14 novembre 2000, n. 338 e di 135 milioni di euro il fondo di intervento integrativo di cui all'articolo 16 della legge 2 dicembre 1991, n. 390, al fine di garantire la concessione agli studenti capaci e meritevoli delle borse di studio;
* Articoli 3-ter e 3-quater del progetto di legge di conversione del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, che legano maggiormente la valutazione dell'attività di ricerca alle pubblicazioni effettuate e l'attribuzione delle risorse finanziarie alle università in base alla relazione concernente i risultati delle attività di ricerca, che dovrà essere pubblicata sul sito internet dell'ateneo e trasmessa al ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.

Qualcuno dirà che non basta o che gli interventi non sono ancora esaustivi, oppure che c'è da fare ancora molto. Ma certamente non si può affermare che non ci si è mossi per portare un po' di meritocrazia all'interno del nostro sistema scolastico.

venerdì 5 dicembre 2008

Immigrazione. Stretta sugli ingressi e più arrivi di alte professionalità



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

mercoledì 03 dicembre 2008


Libération torna ad attaccare l'Italia per la sua politica in tema di immigrazione. Partendo dalle ultime previsioni dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, secondo cui «l'immigrazione clandestina potrebbe aumentare come conseguenza della crisi economica», il quotidiano francese ha affermatoche «la destra più populista cerca di cavalcare il rifiuto dell'immigrazione, come hanno dimostrato le ultime elezioni in Italia e in Austria». Libération ha ricordato, inoltre, che il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, «ha consigliato una moratoria di due anni per l'accoglienza di lavoratori provenienti da paesi extra-Ue» e ha sostenuto che questa misura «può proteggere gli immigrati già presenti in Italia dagli effetti della crisi economica».

Ci risiamo con le leggende metropolitane spacciate per verità assolute. A sinistra (e i cugini francesi confermano la tesi secondo cui «tutto il mondo è paese») ancora credono che il centrodestra abbia vinto le elezioni in Italia cavalcando il rifiuto dell'immigrazione. I signori della gauche parlano e scrivono senza neanche tenere conto del fatto che le elezioni sono state vinte da Berlusconi semplicemente perché le proposte per governare il paese presentate dal centrodestra sono state più credibili rispetto a quelle del centrosinistra, soprattutto alla luce della disastrosa prova dei fatti data dal governo Prodi.

Quanto al merito della questione, va detto che lunedì scorso il ministro Sacconi ha indicato un percorso virtuoso in materia di immigrazione. Un percorso che, finalmente, andrebbe a segnare una positiva inversione di tendenza rispetto ad uno dei difetti storici dell'entrata di nuovi lavoratori nel nostro paese: la mancanza di alte professionalità e l'ingresso massiccio di lavoratori non qualificati. Il ministro del Welfare ha infatti dichiarato che il governo punta a una gestione separata per facilitare il rilascio di permessi di soggiorno a immigrati con professionalità alte. «Queste domande - ha detto - risultavano molto inferiori alle quote, ma le pratiche rimanevano immerse nel volume complessivo delle domande di permesso. Avranno quindi un percorso e una modulistica separate». Secondo Sacconi, per questo tipo di professionalità «l'apertura deve essere massima quanto deve essere forte il contenimento dei flussi di altre professionalità». Per quanto riguarda il complesso delle norme sull'immigrazione, il ministro ha precisato che da parte del governo «c'è una stretta sugli ingressi. Solo così daremo maggiori opportunità a quegli immigrati che perdono, a causa della crisi, un lavoro, e non li metteremo in competizione - ha concluso - con altri nuovi ingressi».

Ben venga, quindi, il doppio canale nel sistema degli ingressi per motivi di lavoro nel nostro paese, perché proprio così si arricchisce, e non si svilisce, la qualità del nostro sistema produttivo che - è bene ricordare - è il pilastro fondamentale del successo del made in Italy nel mondo. E ben venga anche la stretta sui nuovi ingressi, perché è una scelta obbligata e di buon senso limitare gli arrivi in una fase non certo positiva dell'economia mondiale, anche e soprattutto per meglio salvaguardare gli immigrati che già lavorano nel nostro paese. Proprio in quest'ottica andrebbe stimolato il ruolo di alcuni istituti già attivi, ma ancora poco produttivi, come ad esempio il Consiglio Territoriale dell'Immigrazione , organismo fondamentale per monitorare in sede locale la presenza degli stranieri sul territorio e la capacità di assorbire i flussi migratori nelle singole province del nostre paese.

lunedì 1 dicembre 2008

Così il governo sostiene l'economia



di Flavio Mannini e Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 28 novembre 2008

Sebbene nel gergo comune si parli spesso di «modello sociale europeo», tale definizione non è corretta, in quanto fa riferimento a Stati e modelli diversi. Nel sistema europeo si possono riconoscere quattro modelli: scandinavo, continentale, anglosassone e sud europeo. Il primo si basa su un alto tasso di fiscalità, che porta ingenti quantità di denaro nelle casse dello Stato ma al contempo mette le mani nelle tasche dei cittadini in maniera invasiva. Il denaro viene utilizzato in modo trasparente per sostenere sia i datori di lavoro (finanziamenti, incentivi, infrastrutture, ecc...) che i lavoratori (servizi pubblici: sanità, educazione, mobilità). Nel modello sud europeo la pressione fiscale è medio-alta, l'erogazione del servizio è frammentata e talvolta non efficace. A sostegno di questo modello entra in gioco la famiglia, che tutela i giovani, i quali, di conseguenza, riescono ad ottenere la loro indipendenza economica molto più tardi dei coetanei dell'Europa settentrionale. Il modello continentale, tipicamente francese e tedesco, abbastanza simile a quello sud-europeo, presenta una pressione fiscale media, una gestione abbastanza efficace delle politiche sociali ed un ruolo limitato della famiglia. Infine il modello anglosassone, che ha una pressione fiscale bassa, un ruolo pubblico contenuto e schemi di protezione limitati.

In Italia, con un sistema che risponde al modello tipicamente sud-europeo, la spesa per le politiche sociali è superiore al 25% del prodotto interno lordo, segno evidente che il paese investe ingenti somme nell'erogazione dei servizi sociali, che andrebbero però sostenuti da un'economia forte, in grado di far fronte al debito pubblico ed al deficit.

I modelli devono essere adattati anche alla situazione economica del momento: in un periodo di crisi risulta difficile equilibrare le scelte di politica sociale con le esigenze di bilancio. La situazione diventa assai più complessa in un uno Stato come l'Italia, il cui governo eredita dal passato il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia mondiale; il debito è addirittura maggiore del prodotto interno lordo, stando ai dati della Banca d'Italia, mentre i parametri di Maastricht richiederebbero un rapporto pari al 60%. Il nostro paese si trova in una condizione particolare rispetto al passato, in quanto ora non gode più di autonomia monetaria. E' vero che ha un debito pubblico enorme, ma è anche vero che questa crisi colpisce l'accesso al debito privato e, quindi, i paesi più a rischio sono quelli la cui somma complessiva del debito (pubblico e privato) è più alta. Il debito aggregato in Italia ammonta circa al 135% del Pil nel 2008 mentre ad esempio negli Usa si arriva al 170%.

Le crisi economiche del passato si sono risolte in diversi modi, facendo ripartire la fiducia da parte di chi deve investire e di chi deve consumare, nonché aumentando la spesa pubblica. Tradizionalmente le maggiori scuole di economia insegnano che abbassando i tassi d'interesse si favoriscono gli investimenti ed abbassando la pressione fiscale si favoriscono i consumi, o meglio si favorisce la propensione marginale al consumo; aumentando quindi la capacità di spesa delle famiglie, il cittadino medio è più propenso a consumare, contribuendo di fatto ad aumentare il prodotto interno lordo. La spesa pubblica non può crescere in maniera incontrollata per evidenti esigenze di bilancio, ma il governo si sta muovendo per sbloccare consistenti somme di denaro già stanziate e per accorciare il più possibile i passaggi tra il momento dello stanziamento delle risorse per le infrastrutture da quello dell'effettivo utilizzo, anche per favorire in tempi brevi lo sviluppo del territorio ed incentivare le esportazioni per le sue imprese. E proprio per quanto riguarda il sostegno concreto dato dal governo al nostro sistema produttivo va ricordato da ultimo il provvedimento sulla internazionalizzazione delle imprese, già approvato alla Camera il 4 novembre scorso ed ora in discussione al Senato.

Per quanto riguarda gli interventi in favore delle famiglie, si vedano i provveddimenti adottati dall'esecutivo venerdì. Tali provvedimenti favoriscono la propensione al consumo; hanno quindi sia una funzione sociale che una più marcatamente economica, al fine di far ripartire un'economia che ha incontrato negli ultimi tempi troppi ostacoli.

Con gli interventi mirati del governo si può creare una base solida per la ripresa economica e per il benessere sociale del paese. La crisi può essere adeguatamente affrontata e combattuta, anche e soprattutto, con la leva dei consumi, che rappresentano, insieme ad investimenti e spesa pubblica (si pensi soprattutto allo sblocco di più di 16 miliardi di euro per le infrastrutture ed ai 600 milioni di euro del pacchetto di misure a sostegno del reddito), le principali variabili macroeconomiche di cui si compone il prodotto interno lordo.
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