lunedì 1 dicembre 2008

Così il governo sostiene l'economia



di Flavio Mannini e Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 28 novembre 2008

Sebbene nel gergo comune si parli spesso di «modello sociale europeo», tale definizione non è corretta, in quanto fa riferimento a Stati e modelli diversi. Nel sistema europeo si possono riconoscere quattro modelli: scandinavo, continentale, anglosassone e sud europeo. Il primo si basa su un alto tasso di fiscalità, che porta ingenti quantità di denaro nelle casse dello Stato ma al contempo mette le mani nelle tasche dei cittadini in maniera invasiva. Il denaro viene utilizzato in modo trasparente per sostenere sia i datori di lavoro (finanziamenti, incentivi, infrastrutture, ecc...) che i lavoratori (servizi pubblici: sanità, educazione, mobilità). Nel modello sud europeo la pressione fiscale è medio-alta, l'erogazione del servizio è frammentata e talvolta non efficace. A sostegno di questo modello entra in gioco la famiglia, che tutela i giovani, i quali, di conseguenza, riescono ad ottenere la loro indipendenza economica molto più tardi dei coetanei dell'Europa settentrionale. Il modello continentale, tipicamente francese e tedesco, abbastanza simile a quello sud-europeo, presenta una pressione fiscale media, una gestione abbastanza efficace delle politiche sociali ed un ruolo limitato della famiglia. Infine il modello anglosassone, che ha una pressione fiscale bassa, un ruolo pubblico contenuto e schemi di protezione limitati.

In Italia, con un sistema che risponde al modello tipicamente sud-europeo, la spesa per le politiche sociali è superiore al 25% del prodotto interno lordo, segno evidente che il paese investe ingenti somme nell'erogazione dei servizi sociali, che andrebbero però sostenuti da un'economia forte, in grado di far fronte al debito pubblico ed al deficit.

I modelli devono essere adattati anche alla situazione economica del momento: in un periodo di crisi risulta difficile equilibrare le scelte di politica sociale con le esigenze di bilancio. La situazione diventa assai più complessa in un uno Stato come l'Italia, il cui governo eredita dal passato il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia mondiale; il debito è addirittura maggiore del prodotto interno lordo, stando ai dati della Banca d'Italia, mentre i parametri di Maastricht richiederebbero un rapporto pari al 60%. Il nostro paese si trova in una condizione particolare rispetto al passato, in quanto ora non gode più di autonomia monetaria. E' vero che ha un debito pubblico enorme, ma è anche vero che questa crisi colpisce l'accesso al debito privato e, quindi, i paesi più a rischio sono quelli la cui somma complessiva del debito (pubblico e privato) è più alta. Il debito aggregato in Italia ammonta circa al 135% del Pil nel 2008 mentre ad esempio negli Usa si arriva al 170%.

Le crisi economiche del passato si sono risolte in diversi modi, facendo ripartire la fiducia da parte di chi deve investire e di chi deve consumare, nonché aumentando la spesa pubblica. Tradizionalmente le maggiori scuole di economia insegnano che abbassando i tassi d'interesse si favoriscono gli investimenti ed abbassando la pressione fiscale si favoriscono i consumi, o meglio si favorisce la propensione marginale al consumo; aumentando quindi la capacità di spesa delle famiglie, il cittadino medio è più propenso a consumare, contribuendo di fatto ad aumentare il prodotto interno lordo. La spesa pubblica non può crescere in maniera incontrollata per evidenti esigenze di bilancio, ma il governo si sta muovendo per sbloccare consistenti somme di denaro già stanziate e per accorciare il più possibile i passaggi tra il momento dello stanziamento delle risorse per le infrastrutture da quello dell'effettivo utilizzo, anche per favorire in tempi brevi lo sviluppo del territorio ed incentivare le esportazioni per le sue imprese. E proprio per quanto riguarda il sostegno concreto dato dal governo al nostro sistema produttivo va ricordato da ultimo il provvedimento sulla internazionalizzazione delle imprese, già approvato alla Camera il 4 novembre scorso ed ora in discussione al Senato.

Per quanto riguarda gli interventi in favore delle famiglie, si vedano i provveddimenti adottati dall'esecutivo venerdì. Tali provvedimenti favoriscono la propensione al consumo; hanno quindi sia una funzione sociale che una più marcatamente economica, al fine di far ripartire un'economia che ha incontrato negli ultimi tempi troppi ostacoli.

Con gli interventi mirati del governo si può creare una base solida per la ripresa economica e per il benessere sociale del paese. La crisi può essere adeguatamente affrontata e combattuta, anche e soprattutto, con la leva dei consumi, che rappresentano, insieme ad investimenti e spesa pubblica (si pensi soprattutto allo sblocco di più di 16 miliardi di euro per le infrastrutture ed ai 600 milioni di euro del pacchetto di misure a sostegno del reddito), le principali variabili macroeconomiche di cui si compone il prodotto interno lordo.

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