giovedì 24 dicembre 2009

Diminuiscono le famiglie finanziariamente vulnerabili


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 22 dicembre 2009


«Quella che è stata definita come "grande recessione" sembra esser terminata nel terzo trimestre del 2009». E' quanto afferma la Commissione Europea che lunedì scorso ha pubblicato il rapporto trimestrale sull'Eurozona. Da Bruxelles, tuttavia, avvertono che «le prospettive restano incerte in quanto sostenute dal massiccio sostegno fornito dai governi e dalle banche centrali, che alla fine dovrà esser ritirato, mentre dipenderà dal settore bancario aumentare i livelli presenti di prestiti all'economia». Inoltre, sottolinea ancora la Commissione, «il protrarsi, sia pure in modo moderato, dell'aumento nella disoccupazione è fonte di preoccupazione sia sotto il profilo sociale, sia economico».

Da Bruxelles spiegano che «uno dei principali motivi di preoccupazione è il deterioramento del mercato del lavoro». La Commissione ricorda in proposito che «l'occupazione nell'eurozona ha continuato a contrarsi al ritmo dello 0,5% trimestre su trimestre, e la disoccupazione è aumentata al 9,6% della forza lavoro». D'altro canto si aggiunge però che «in confronto alle dimensione del calo economico e nonostante le differenze tra i paesi, l'incremento della disoccupazione è stata minore di quanto temuto». Questo «grazie alle misure attuate per mitigare l'impatto della crisi sui posti di lavoro, in particolare con soluzioni di lavoro flessibile, programmi di lavoro ridotto e chiusure temporanee».

Nel complesso, la Commissione ricorda che «nel terzo trimestre l'economia (dell'eurozona) è cresciuta dello 0,4% rispetto al trimestre precedente, indicando la fine della recessione dopo cinque trimestri negativi consecutivi». Tuttavia, sottolinea ancora la Commissione, «per il 2009 nel suo complesso il pil dovrebbe essersi contratto del 4%, secondo le previsioni d'autunno, il maggior calo dal dalla seconda guerra mondiale».

Insomma, forse non siamo ancora fuori dal tunnel, ed è bene quindi non abbassare la guardia, ma certo la situazione sembra essere in continuo miglioramento. Ad esempio, per quanto rigurada il nostro Paese, l'edizione 2009 del Genworth Index sulla vulnerabilità dei consumatori (creato da un team di esperti del settore e studiosi dell'European Credit Research Institute e del Personal Finance Research Centre dell'Università di Bristol), della Genworth Financial, società internazionale attiva nell'ambito assicurativo facente parte del Fortune 500 del 2008 - (lista annuale compilata e pubblicata dalla rivista Fortune che classifica le 500 maggiori imprese societarie misurate sulla base del loro fatturato), ha evidenziato che l'Italia è al quinto posto per la vulnerabilità finanziaria dei consumatori in Europa. Occupava il primo posto nel 2007 ed il secondo nel 2008.

Sebbene il nostro Paese resti sbilanciato verso la vulnerabilità finanziaria relativa, il suo punteggio di vulnerabilità finanziaria si è assestato sugli stessi livelli del 2007, dato il calo di 18 punti rispetto al 2008 e raggiungendo quota 40. In Italia, la percentuale di famiglie finanziariamente vulnerabili è passata dal 38% del 2008 al 25% del 2009, portando l'Italia in linea con la media generale. Tuttavia non si è rilevato alcun cambiamento significativo nella percentuale di famiglie che godono di sicurezza finanziaria (4%), una percentuale nettamente inferiore alla media europea (7%). Nel 2009 le famiglie italiane hanno beneficiato di un generale miglioramento nella frequenza con cui affrontano le loro difficoltà finanziarie.

La percentuale di famiglie che non hanno avuto mai o quasi mai difficoltà finanziarie è cresciuta dal 29% al 37% e l'indice mostra inoltre uno spostamento generale delle famiglie dal segmento dei pessimisti circa la propria situazione futura al segmento di chi si aspetta che la propria condizione economica rimanga invariata. Valeria Picconi, Managing Director di Genworth Financial per i business Lifestyle Protection e Mortgage Insurance in Italia, ha affermato che «è curioso vedere come in qualche parte d'Europa si è registrata una diminuzione delle difficoltà finanziarie nonostante l'aumento dei tassi di disoccupazione. Ciò fa pensare che alcune delle misure adottate dai governi potrebbero aver avuto un impatto positivo sul benessere finanziario dei consumatori».

venerdì 18 dicembre 2009

Intervista all'onorevole Moffa su welfare e Finanziaria 2010



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

mercoledì 16 dicembre 2009

Silvano Moffa è nato a Roma il 21 aprile 1951. Da Giornalista ha ricoperto la carica di Vice Direttore a Il Secolo d'Italia. E' stato Sottosegretario al Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti con delega alle Aree Urbane e Roma capitale e Presidente della Provincia di Roma dal dicembre 1998 al giugno 2004. Nella Legislatura in corso ricopre la prestigiosa carica di Presidente della Commissione Lavoro Pubblico e Privato di Montecitorio ed è stato il relatore della Finanziaria 2010 nella citata Commissione.

Presidente Moffa, quali sono le principali disposizioni della Finanziaria 2010 in materia di lavoro pubblico e privato?

La finanziaria approvata dal Senato già conteneva diverse disposizioni interessanti, in particolare in materia di disciplina contabile in materia previdenziale, contribuzione e trattamenti pensionistici per gli operai agricoli, rinnovi contrattuali nel pubblico impiego (con l'indicazione delle risorse per riempire le vacanze contrattuali), stanziamenti per il personale appartenente al comparto sicurezza - difesa, interventi sul Fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile. Tra gli emendamenti approvati alla Camera, in parte discussi nella Commissione Lavoro e, poi, approfonditi e affrontati nella Commissione Bilancio, sono stati aggiunti numerosi e interessanti argomenti. Tra questi, si segnalano: l'ulteriore garanzia di ammortizzatori sociali in deroga e strumenti per la cassa integrazione; il sostegno al reddito dei lavoratori a progetto (aumento dell'indennità per i co.co.pro.); la riduzione contributiva per le assunzioni di lavoratori titolari di indennità di disoccupazione o degli ultracinquantenni; l'intervento su varie tipologie di contratti flessibili, quali la somministrazione di lavoro, l'apprendistato, il lavoro accessorio; il rinnovo della misura di detassazione di contratti di produttività, le norme per il contrasto alle frodi in materia di invalidità civile.

Quali sono state le sue proposte di modifica?

Tra le principali proposte di modifica, evidenzio innanzitutto quella introdotta in Commissione Lavoro, che ha ripristinato una normativa di maggior rigore per la tenuta del documento unico di regolarità contributiva (DURC), anche nei confronti di determinate categorie che ne erano state esonerate.

Tra gli emendamenti presentati dal Governo alla Finanziaria 2010 ci sono una serie di misure in materia di welfare: dall'aumento dell'indennità per i co.co.pro alla proroga degli ammortizzatori in deroga, dalla detassazione del salario di produttività agli incentivi al ricollocamento dei cinquantenni, dal rilancio dell'apprendistato alla stretta sui falsi invalidi. Come giudica queste ulteriori misure previste Governo?

Le misure indicate, come prima evidenziate, si muovono tutte lungo una linea di serietà e responsabilità, che il Governo e la maggioranza hanno convenuto di mantenere per fronteggiare in misura adeguata un periodo di difficoltà come quello attuale, da un lato aiutando i lavoratori e, dall'altro, mettendo le imprese nelle condizioni di tenere inalterato il livello occupazionale.

Secondo gli ultimi dati Istat, il tasso di disoccupazione nel mese di ottobre è salito all'8% (+0,1% rispetto al mese precedente e +1 % rispetto a ottobre 2008). La disoccupazione giovanile - sottolinea l'Istat presentando per la prima volta la rilevazione sulle forze di lavoro mensili e ricordando che si tratta di stime provvisorie - ha raggiunto il 26,9% con un aumento di 0,6 punti rispetto a settembre e di 4,5 punti rispetto a ottobre 2008. Un commento su questi dati.


I dati sono oggettivamente preoccupanti, ma vanno letti con attenzione. Anzitutto, è evidente che gli effetti di una crisi economica sull'occupazione si sentono solo qualche tempo dopo che la crisi stessa abbia prodotto i suoi effetti più gravi. Pertanto, siamo di fronte all'inizio di una ripresa che porterà con sé, nel medio periodo, anche un recupero sul versante occupazionale. Inoltre, l'Italia è uno dei Paesi nei quali maggiore è la tenuta occupazionale, poiché si registrano livelli di disoccupazione sensibilmente più bassi di quasi tutti gli altri Stati europei. Infine - e si tratta di stime che la Commissione da me presieduta ha potuto acquisire direttamente a Parigi, dai responsabili dell'Ocse che hanno stilato il rapporto 2009, nel corso di un incontro internazionale - i dati sulla disoccupazione giovanile sono meno preoccupanti di quanto non sembri: è ovvio che il lavoro giovanile è il primo a «flettersi» nella fasi di crisi, ma altrettanto vero che esso è il primo a reagire positivamente agli inizi della ripresa.

Secondo gli ultimi dati Inail, nel primo semestre 2009 gli infortuni e le morti sul lavoro sono diminuiti rispettivamente dell'11,1% e del 13,1% rispetto allo stesso periodo del 2008. Secondo l'Anmil (Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro), l'obiettivo fissato dall'Ue, di ridurre gli infortuni sul lavoro del 25% entro il 2012, se si prosegue su questa strada, sarà raggiungibile dal nostro Paese con un confortante anticipo. Lei cosa ne pensa?

I dati sugli infortuni sono incoraggianti e ci inducono a proseguire sulla strada intrapresa. Peraltro vorrei dire che la Commissione da me presieduta ha avuto un ruolo importante anche in questo settore, poiché - con l'articolato parere reso sul decreto correttivo al testo unico della sicurezza sul lavoro, emanato agli inizi di agosto 2009 - ha contribuito al miglioramento del testo, coniugando il rigore e il rafforzamento del regime dei controlli a una forte spinta semplificativa, che consente di investire sulla cultura della sicurezza nelle aziende e in tutti i luoghi di lavoro.

mercoledì 16 dicembre 2009

Vignali (Pdl): Occorre uno statuto delle imprese

Roma, 16 DIC (Velino) - "A quarant'anni dallo Statuto dei lavoratori, è giunta l'ora di riconoscere un corpus di diritti a chi, fino ad ora, ha avuto solo doveri: le imprese". E' quanto dichiara, in un'intervista rilasciata a Ragionpolitica.it, giornale on line fondato da Gianni Baget Bozzo e diretto da Alessandro Gianmoena, l'onorevole Raffaello Vignali (Pdl), vicepresidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera e autore di un progetto di legge sullo Statuto delle imprese.
"Lo Statuto - prosegue Vignali - introduce nell'ordinamento diritti delle imprese verso le amministrazioni statali e verso il fisco; prevede una serie di interventi di semplificazione ad ogni livello per le PMI; semplifica l'avvio delle nuove imprese". E conclude: "Dal punto di vista culturale, lo Statuto opera una rivoluzione copernicana: non si parte dal sospetto verso la persona e la sua libera iniziativa, ma dalla fiducia verso chi, ogni giorno, con il suo impegno, la sua responsabilità e il suo sacrificio, contribuisce a creare il Pil e l'occupazione nel nostro Paese".

Lo Statuto delle imprese. Intervista all'onorevole Raffaello Vignali


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

lunedì 14 dicembre 2009


Raffaello Vignali è nato a Bologna il 10 aprile 1963. Laureato con lode in Filosofia, con una tesi su cristianesimo e ideologia, ha iniziato a svolgere attività di ricerca e di didattica presso il Dipartimento di Sociologia (Facoltà di Scienze Politiche) dell'Università di Bologna. Nel 1997 è stato chiamato all'IReR (Istituto Regionale di ricerca della Lombardia), diventandone, dal 1998 al 2004, Direttore generale. Dal settembre 2004 a marzo 2008 è stato Presidente della Compagnia delle Opere, associazione di piccole e medie imprese e realtà non profit. Nel 2004 ha partecipato come fondatore alla costituzione di CDO Jerusalem. Dal 2000 al 2003 è stato membro del Consiglio di Amministrazione dell'Università degli Studi di Milano Bicocca; dal 2004 al 2007 membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione AVSI (Associazione volontari per il servizio internazionale, ONG); dal 2003 al 2007 membro del Comitato Scientifico della Fondazione Politecnico di Milano e dal 2002 al 2008 membro del Consiglio di Amministrazione della Casa Editrice Marietti. Nel 2002 ha partecipato alla costituzione della Fondazione per la Sussidiarietà, di cui è stato Vice Presidente fino al 2005. Il 13 aprile 2008 è stato eletto alla Camera dei Deputati con il Popolo della Libertà e da maggio 2008 è Vice Presidente della Commissione Attività Produttive, Commercio e Turismo della Camera dei Deputati.

La Camera ha licenziato il testo relativo alle disposizioni sulla commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri. Che cosa prevede questo provvedimento per la tutela del made in Italy?

È un provvedimento importante, volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti di questi settori, in modo da tutelare i consumatori sotto il profilo dell'informazione sul processo di lavorazione e sulla sicurezza dei prodotti medesimi, dando quindi al consumatore la possibilità di distinguere il prodotto che sia stato realizzato in Italia. Non è dunque un provvedimento protezionistico ma, al contrario, un intervento che garantisce una reale concorrenza. È pure una importante sfida che l'Italia lancia all'Unione Europea: in quella sede combattiamo da anni perché tutte le merci importate dall'esterno della UE indichino chiaramente provenienza e lavorazione. Infine è anche il riconoscimento delle centinaia di migliaia di micro, piccoli e medi imprenditori che non hanno preso la via - facile - della delocalizzazione per abbassare il costo del lavoro, ma che hanno scelto di puntare sulla qualità per affrontare la competizione globale.

A suo avviso sono possibili nel prossimo futuro interventi legislativi a favore degli altri settori non toccati da questo provvedimento?

Certamente sì. Questo sul tessile e calzaturiero è una «nave rompighiaccio», un cuneo nella normativa italiana ed europea. Ma, come ho affermato nella dichiarazione di voto per il gruppo del Pdl, siamo ancora solo all'inizio. Tanti altri settori aspettano provvedimenti analoghi: mobile, arredo, complementi d'arredo, ecc... Inoltre dobbiamo attivare strumenti efficaci per contrastare la contraffazione, che si fa anche sul territorio italiano, con l'utilizzo del lavoro clandestino e minorile. L'unanimità, registrata tanto in Commissione quanto in Aula è di ottimo auspicio. Se poi mi è concessa una considerazione più ampia, vorrei sottolineare che con questo provvedimento abbiamo fatto anche «cultura parlamentare»: la centralità del Parlamento non sta infatti nella possibilità di bloccare pretestuosamente i provvedimenti del Governo, ma nell'approvare le leggi di iniziativa parlamentare, come questa, che servono per il bene comune.

Secondo il Censis l'Italia ha resistito meglio alla crisi economica perché la finanza non ha vinto sull'economia reale. Quale è il suo parere a riguardo?

Non solo non ha vinto la finanza, ma non hanno vinto nemmeno i guru nostrani ed esteri dell'economia (consulenti e professori) che, negli anni scorsi, hanno demonizzato il sistema economico italiano, definendolo arretrato e anomalo (mentre anomala era la finanza creativa!), quelli che accusavano le nostre imprese di nanismo e familismo, come fossero dei tumori... economici! Siamo il Paese con il più alto tasso di imprenditori al mondo, siamo una delle sette maggiori potenze industriali mondiali, abbiamo retto alla globalizzazione quando i guru ci davano per morti. C'è, nelle nostre imprese, un'innovazione sommersa, tanto reale quanto invisibile. C'è anche l'hi-tech. E poi, dall'incrocio tra le lavorazioni tradizionali e le nuove tecnologie pervasive (ICT, nanotecnologie, materiali innovativi) possiamo ricavare la crescita per i prossimi decenni. Ma, soprattutto, è a partire dall'impeto dei nostri piccoli (ma grandissimi!) imprenditori che possiamo guardare con fiducia la ripresa.

Parliamo di piccole e medie imprese e banche. Il 3 agosto 2009 il Ministro dell'Economia e delle Finanze, il Presidente dell'ABI e le Associazioni dei rappresentanti delle imprese hanno firmato un Avviso comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio, con l'obiettivo di dare respiro finanziario alle imprese aventi adeguate prospettive economiche e in grado di provare la continuità aziendale. Secondo il presidente dell'ABI è necessario un corretto orientamento delle politiche fiscali e di regolamentazione affinché il sistema bancario possa svolgere in maniera sempre più ampia la sua funzione di supporto all'economia reale. Qual è la sua opinione in materia?

Sono d'accordo, ma con alcune sottolineature. La prima è sulle regole: servono regole nuove, non «più regole» nell'accezione quantitativa. Prendiamo Basilea2. È insufficiente: non possiamo ridurre il valore di un'impresa al suo bilancio, sarebbe come valutare una persona basandosi solo sul suo scheletro. Se l'impresa del futuro è quella del capitale umano, la valutazione deve tornare ad essere basata su questo, non sui numeri. Dico tornare perché da noi, prima di Basilea2, è stato quasi sempre questo il sistema. Se non ci fossero stati migliaia di «ragionier Bianchi» a dirigere le filiali delle nostre banche, capaci di dare credito (nel senso di fiducia) alle persone e di erogare loro il credito (cioè i soldi), non avremmo avuto il miracolo italiano. Anche le banche devono riprendere la loro funzione costitutiva: dare credito. Sulle politiche fiscali bene ha fatto il Governo in Finanziaria a premiare fiscalmente le banche che hanno aderito alla moratoria, perché significa premiare il merito. Ma occorre anche intervenire fiscalmente sulle imprese, perché sia favorita la loro capitalizzazione.

Lei è il promotore di un progetto di legge sullo Statuto delle Imprese. Il testo è stato firmato da altri 130 parlamentari ed ha riscosso l'approvazione da parte delle associazioni di rappresentanza e dal sistema delle Camere di Commercio. Di che cosa si tratta?

A quarant'anni dallo Statuto dei lavoratori, è giunta l'ora di riconoscere un corpus di diritti a chi, fino ad ora, ha avuto solo doveri: le imprese. Lo Statuto introduce nell'ordinamento, per la prima volta, diritti delle imprese verso le Amministrazioni statali e verso il Fisco; prevede una serie di interventi di semplificazione ad ogni livello per le PMI, sulla base dello Small Business Act dell'Unione Europea; semplifica l'avvio delle nuove imprese eliminando per i primi cinque anni ogni fardello burocratico (in pratica valgono solo Codice civile e Codice penale) e fiscale. Insomma, se sei un Bill Gates e vuoi aprire l'impresa nel garage, puoi farlo senza che vengano l'ASL o l'ARPA o i Vigili a soffocare il tuo embrione di azienda! Inoltre lo Statuto prevede la costituzione di un'Agenzia per le PMI e di una Commissione bicamerale che valuti - anticipatamente - l'impatto di norme e regolamenti sulle PMI, prevedendo oneri minori e tempi di adeguamento più lunghi. In sostanza, si chiede che in questi casi non si parta da norme pensate sulle grandi imprese (che sono, purtroppo, appena lo 0,3% del totale) ma dalle piccole. Dal punto di vista culturale, lo Statuto opera una rivoluzione copernicana: non si parte dal sospetto verso la persona e la sua libera iniziativa, ma dalla fiducia verso chi, ogni giorno, con il suo impegno, la sua responsabilità e il suo sacrificio, contribuisce a creare il PIL e l'occupazione nel nostro Paese. Anche in economia dobbiamo sostenere il popolo della libertà.

domenica 13 dicembre 2009

Segnali positivi per l’economia italiana



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 11 dicembre 2009


Si rafforzano i segnali della ripresa economica a livello globale secondo l'indice Ocse e l'Italia si conferma in cima alla classifica. A novembre l'indice Ocse è salito a quota 101,4 segnalando il rafforzamento della ripresa mentre per l'Italia l'indice migliora a 106,5 con un +1,1 sul mese precedente; su base annuale la crescita dell'indice è addirittura imponente con ben + 12,5 punti, tanto da essere la performance più robusta tra tutti i paesi Ocse. Il valore indica con i numeri e non con le chiacchiere che l'economia italiana è in fase di espansione. Oltre al nostro paese, registrano buoni segnali di ripresa anche Francia, Germania, Canada e Gran Bretagna.

L'indice Ocse registra un miglioramento di 5,7 punti rispetto al novembre del 2008 portandosi a 101,4, in crescita di 8,8 punti per l'area euro a 103,7. Per gli Stati Uniti esso sale di un punto rispetto al mese precedente e di 3,9 punti rispetto a dodici mesi fa, posizionando l'America ancora in fase di ripresa. Frena invece la crescita dell'indice per Cina e India, mentre a ottobre la migliore performance è quella della Russia con un aumento dell'indice di 1,6 punti, ma rispetto a un anno fa l'economia russa accusa una flessione di 1,1 punti. Peggio solo il Brasile con -4,2 su base annuale e +0,7 punti a novembre sul mese precedente.

Questi numeri non possono che spingere il governo a percorrere la strada già intrapresa e cioè quella della stabilità dei conti pubblici, della salvaguardia dei posti di lavoro, della liquidità per le imprese, di un robusto sistema di ammortizzatori sociali che non lasci indietro nessuno in tempi di crisi.

Per capire bene i termini della questione è opportuno spiegare che cosa è quello che viene comunemente definito superindice Ocse. Il superindice, in gergo tecnico CLI (Composite Leading Indicators), è un sistema di vari indicatori che forniscono informazioni economiche qualitative sul futuro, con l'obiettivo di individuare punti di svolta nel ciclo economico. Tuttavia ci sono anche segnali negativi visto che, secondo uno studio condotto dall'Istat sulle esportazioni delle regioni italiane, nei primi nove mesi del 2009, rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente, il valore delle esportazioni italiane registra una flessione del 23,1%, dovuta a consistenti riduzioni tendenziali dei flussi sia verso i paesi Ue (-25,5%) sia, in misura più contenuta, verso i paesi extra Ue (-19,7%). Tuttavia va aggiunto che la dinamica congiunturale, valutata sulla base dei dati trimestrali depurati della componente stagionale, evidenzia, nel terzo trimestre 2009, rispetto al trimestre precedente, variazioni positive delle esportazioni in tutte le ripartizioni. Insomma, anche per quanto riguarda le esportazioni si possono leggere degli elementi positivi visto che, seppur nel medio periodo si registrano segni negativi, nel breve periodo (l'ultimo trimestre) in tutte le regioni appaiano indicazioni positive che fanno ben sperare.

E proprio in materia di made in Italy, punto di forza delle esportazioni del nostro Paese, è stata approvato nei giorni scorsi un disegno di legge alla Camera che mira ad assicurare la tracciabilità dei prodotti del tessile, della pelletteria e del calzaturiero. L'obiettivo è di tutelare i consumatori sul processo di lavorazione e sulla sicurezza di questi prodotti, consentendo di distinguere chiaramente il prodotto realizzato in Italia.

Tutto questo dimostra che le chiacchiere non portano a nulla e che i catastrofisti, nazionali ed internazionali, che ci perseguitano sui media, compresi tutti quegli anti-italiani che provano piacere a pronosticare un futuro buio ed incerto per il nostro Paese, sono stati sbugiardati ancora una volta dai numeri e messi alla berlina per le loro pompose analisi, che sempre più spesso si rilevano gigantesche patacche.

venerdì 11 dicembre 2009

Più ammortizzatori sociali e innovazione. La risposta del governo alla crisi


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

giovedì 10 dicembre 2009


La crisi sociale in Europa potrebbe aggravarsi nel 2010: è quanto sottolinea la bozza delle conclusioni del vertice dei leader Ue riuniti a Bruxelles. «La situazione economica - si legge nel testo - si è stabilizzata e la fiducia sta aumentando. Le previsioni suggeriscono una ripresa debole nel 2010, seguita dal ritorno di una forte crescita nel 2011. Ma restano incertezze e fragilità - si aggiunge - mentre si prevede che l'occupazione e la situazione sociale si deterioreranno ulteriormente nel 2010». Per questo motivo si ribadisce come «le politiche a sostegno dell'economia devono restare sul terreno ed essere ritirate solo quando la ripresa sarà pienamente garantita».

Secondo il bollettino di dicembre della Banca Centrale Europea, la maggior parte delle stime indica che la crisi finanziaria ha ridotto e continuerà a ridurre la capacità produttiva delle economie dell'area dell'euro ancora per qualche tempo. Per promuovere la crescita sostenibile e l'occupazione saranno necessari un mercato del lavoro flessibile e incentivi al lavoro più efficaci. Occorrono inoltre urgenti politiche di stimolo alla concorrenza e all'innovazione per accelerare la ristrutturazione e gli investimenti e creare nuove opportunità imprenditoriali. Insomma, in questo quadro di luci e ombre diventa fondamentale irrobustire gli ammortizzatori sociali e puntare con decisione alle politiche di stimolo all'innovazione del sistema produttivo nazionale.

Che cosa ha fatto il governo italiano per rispondere a questa esigenza? Ha aggiunto 1 miliardo di euro, con il pacchetto welfare della Finanziaria, ai 16 miliardi di stanziamenti previsti già dallo scorso anno per gli ammortizzatori sociali. In pratica sono le somme previste per il biennio 2009-2010 per gli ammortizzatori sociali ordinari e speciali (24 miliardi, di cui 12 per il 2010) e per gli ammortizzatori sociali in deroga, per i quali, sempre nel biennio, erano previsti 8 miliardi (di cui 4 per il 2010). Il capitolo sugli ammortizzatori in deroga - CIG, mobilità e disoccupazione speciale - figura anche tra le norme inserite nel pacchetto welfare in quanto, oltre a prorogare nel 2010 gli interventi in deroga già disposti nel 2009, serviva una nuova disposizione per intervenire nel 2010 con gli ammortizzatori in deroga su quelle situazioni che presentano problematiche occupazionali per le quali l'attuale normativa non prevedeva alcun intervento. La nuova disposizione consente inoltre di proseguire gli interventi già iniziati negli anni precedenti e non completati. In pratica il governo ha allungato la coperta per venire incontro alle esigenze del maggior numero di persone possibile, ribadendo con i fatti l'intenzione di non lasciare indietro nessuno di fronte alla crisi.

Nella Finanziaria c'è anche una buona notizia per le imprese che fanno ricerca e innovazione, visto che la dotazione per i crediti di imposta è salita a 854 milioni nel 2010. La somma è stata aumentata di 200 milioni per il 2010, mentre, rispetto agli iniziali 65,4milioni, altri 200 sono previsti nel 2011.

Non va poi dimenticato che il 3 agosto 2009 il ministro dell'Economia e delle Finanze, il presidente dell'ABI e le Associazioni dei rappresentanti delle imprese hanno firmato un Avviso comune per la sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese verso il sistema creditizio, con l'obiettivo di dare respiro finanziario alle imprese aventi adeguate prospettive economiche e in grado di provare la continuità aziendale. Secondo i dati del ministero dell'Economia, sono state circa 46 mila le domande di sospensione dei debiti delle piccole e medie imprese pervenute al 31 ottobre 2009 e relative alle prime settimane di piena applicazione della moratoria. In un paese come il nostro, in cui la stragrande maggioranza delle imprese ha dimensioni medio-piccole, questo tipo di interventi non solo rafforza il sistema produttivo nazionale ma, soprattutto, salvaguarda i posti di lavoro che queste realtà sono in grado di offrire.

Poi si può sempre discutere circa la possibilità di fare qualcosa di più (anche se l'opposizione non ha presentato alcuna contro-proposta organica rispetto alla Finanziaria del governo), ma è un dato di fatto che il nostro paese ha sulle spalle il macigno di uno spaventoso debito pubblico, e che qualsiasi intervento non può certo prescindere da questo elemento fondamentale.
Google