mercoledì 6 febbraio 2008

Infortuni sul lavoro: una vergogna nazionale



di Antonio Maglietta - 6 febbraio 2008

Sono stati 832.037 gli infortunati sul lavoro (con rendita Inail) in tutto il 2007 e, nell'86% dei casi, gli incidenti hanno riguardato lavoratori maschi. Più colpito (con l'80% degli incidenti, pari a 665.793 casi) il settore dell'industria e dei servizi. Seguono agricoltura (19%, pari a 156.571 infortunati) e lavoratori statali (1%, pari a 9.673 casi). In oltre 208.000 casi l'invalidità derivata dall'infortunio è grave, molto grave in più di 27.000, media in oltre 588.000. E' quanto emerge dal 2° Rapporto Anmil (Associazione nazionale mutilati ed invalidi sul lavoro) sulla tutela delle vittime del lavoro, presentato lunedì a Roma.

L'indagine non lascia spazio ad eventuali dubbi sulla gravità del problema: gli incidenti sul lavoro sono circa un milione l'anno nel nostro Paese, i morti più di mille, ogni 7 ore c'è un decesso. E l'Italia, ancora una volta, è fanalino di coda in Europa. Nel nostro Paese, infatti, il numero dei decessi sul lavoro cala, ma a ritmi più lenti rispetto alla media Ue. Secondo il Rapporto (che rielabora i dati Inail), in dieci anni gli infortuni mortali nell'Unione Europea sono diminuiti del 29,41%, mentre in Italia solo del 25,49%. Un dato poco esaltante rispetto a quello della Germania (-48,30%) o della Spagna (-33,64%). Il settore in Italia dove calano di più gli infortuni è quello dei trasporti e del magazzinaggio (-27,88%). In termini assoluti, l'Italia resta, comunque, il Paese con il più alto numero di morti sul lavoro. Va un pò meglio per gli incidenti non mortali: il calo medio in Ue è del 17,05%, in Italia del 18,14%, anche se si deve tenere conto dell'elevato numero di infortuni non denunciati (l'Inail stima siano circa 200.000) nell'ambito del lavoro nero. Guardando i dati Inail, la flessione rispetto al 2006 si dovrebbe attestare intorno all'1,5%, con un calo molto consistente in agricoltura (-9%), più contenuto nel settore dell'industria e dei servizi (-1%) e un con lieve incremento per i dipendenti statali. Nell'arco dell'ultimo quinquennio la riduzione è stata dell'8% circa; se si tiene conto dell'occupazione che, nello stesso periodo, è cresciuta del 6%, il miglioramento assume dimensioni e valenze più significative (-13,3%). Ma è un risultato che non soddisfa. Occorre un abbattimento più concreto e incisivo del fenomeno, anche alla luce della direttiva comunitaria n. 62 del 21 febbraio 2007, che prevede per i Paesi Ue una riduzione del 25% nel periodo 2007-2012. Va precisato, comunque, che tale variazione andrà calcolata secondo la metodologia Eurostat che definisce infortuni sul lavoro solo quelli con «assenza dal lavoro di almeno 4 giorni» ed esclude quelli «in itinere»: su queste basi la riduzione 2001-2006 calcolata per l'Italia risulta pari al 15% in valori assoluti e al 20% in termini relativi.

I dati sono chiari e certificano l'ennesima emergenza sociale alla quale occorre dare risposte concrete, immediate e razionali. Queste risposte non possono che arrivare da un governo forte, legittimato dal voto popolare ed in grado di agire e risolvere i problemi, ma anche da un accordo bipartisan tra le forze politiche in Parlamento perché la materia degli infortuni sul lavoro rientra negli interessi generali del Paese che non hanno colore politico.

Antonio Maglietta

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