venerdì 22 febbraio 2008

Immigrazione: stretta sulla cittadinanza in Gran Bretagna



di Antonio Maglietta - 21 febbraio 2008

Gli stranieri che metteranno piede sul suolo di sua Maestà dovranno attendere più dei loro «avi», pagare di più e svolgere opera di volontariato prima di diventare cittadini britannici a tutti gli effetti: è la nuova proposta delineata mercoledì dal governo del premier laburista Gordon Brown. La proposta, con tutta probabilità, è maturata dopo i continui attacchi ricevuti negli ultimi mesi dai media e da importanti think-thank del Paese in tema di politiche dell'accoglienza, che hanno accusato l'esecutivo britannico di lassismo e di ingiustificato ed eccessivo buonismo. Attualmente gli stranieri che vivono in Gran Bretagna devono attendere cinque anni prima di richiedere la cittadinanza. In futuro bisognerà aspettare sei anni, e i richiedenti dovranno accettare di fare del volontariato, in caso contrario l'attesa si allungherà a otto anni.

L'esecutivo di Brown fa intendere che gli stranieri dovranno «guadagnarsi» la cittadinanza in Gran Bretagna. I Tories (l'opposizione conservatrice) hanno definito il progetto, che non riguarda i cittadini europei, una trovata pubblicitaria. Nel presentare la proposta, il ministro dell'Interno, Jacqui Smith, ha spiegato che gli immigrati dovranno mostrare il loro contributo alla società, andando oltre il semplice lavoro e pagamento delle tasse. Alcuni potrebbero essere costretti a versare soldi a favore di un fondo per i servizi pubblici e a «superare» un periodo di «cittadinanza di prova». Per Smith, riformare l'iter attraverso il quale si ottiene la cittadinanza è la parte che manca della riforma del sistema d'immigrazione del Regno Unito. Il fatto che sarà più complicato diventare cittadini britannici- scrive la Bbc nel suo sito internet - demolisce l'attuale sistema che permette alle persone di chiedere la «naturalisation» sulla base del periodo in cui hanno vissuto nel Paese.

Nessun aiuto per gli immigrati che non provengono dall'Area economica europea (Eea): non avranno più la possibilità di vivere in Gran Bretagna senza mostrare maggior impegno nella società nel corso degli anni. In futuro - ha sottolineato Smith - saranno incoraggiati ad «andare avanti» nel sistema che porta alla cittadinanza o a scegliere, in definitiva, di lasciare il Paese. Inoltre, il governo Brown vuole istituire una speciale «tassa di ingresso» per gli immigrati, in modo che contribuiscano al finanziamento di scuole, ospedali e altri servizi pubblici. La tassa sarà più alta se gli stranieri, intenzionati a stabilirsi in Gran Bretagna, avranno con sè figli in età scolastica o familiari anziani destinati a pesare molto sul sistema del welfare nazionale. La «immigration tax» verrà proposta in un libro bianco di prossima pubblicazione, preparato dal ministero degli Interni e anticipato mercoledì dal quotidiano «Daily Telegraph». A detta del governo la misura si impone perché negli ultimi anni il forte flusso di immigrati ha messo in difficoltà il sistema sanitario nazionale così come le scuole. Senza contare che, una volta installati legalmente, gli immigrati hanno anch'essi diritto a sussidi di varia natura se sono senza lavoro e in uno stato di povertà.

Il libro bianco proporrà di far pagare la nuova tassa tramite un consistente aumento delle tariffe per la concessione dei visti di lavoro ma molte amministrazioni locali, già in difficoltà per le spese aggiuntive connesse con il massiccio sbarco di stranieri, hanno già fatto presente che quella non è la strada giusta: l'aumento dei visti non prende di petto il problema e non potrà raddrizzare la situazione. Negli ultimi anni la stragrande maggioranza degli immigrati è in effetti arrivata da paesi come la Polonia, che fanno parte dell'Unione europea e sono quindi esentati dal regime dei visti. La Gran Bretagna concede poi piena libertà di ingresso ai cittadini di un certo numero di paesi appartenenti al Commonwealth, che sarebbero anch'essi esentati di fatto dalla «immigration tax» se il prelievo avvenisse soltanto tramite il pagamento dei visti. Le amministrazioni locali hanno anche avvertito che saranno costretti ad aumentare le tasse di loro competenza se la «immigration tax» non si tradurrà in entrate aggiuntive pari ad almeno 330 milioni di euro. Il governo ha replicato che l'obiettivo strategico della tassa non è quello di rastrellare grosse somme ma di responsabilizzare di più gli immigrati e di meglio prepararli ai doveri connessi con la cittadinanza britannica, ottenibile dopo cinque anni di permanenza.

Chissà cosa diranno ora i guru del centrosinistra italiano che, in tema di immigrazione, indicavano spesso il modello britannico come la panacea di tutte le criticità legate alle politiche nazionali di accoglienza degli immigrati. Il Governo Prodi voleva ridurre il dato temporale per l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri a 5 anni (ora è di 10 anni) ed attuare una politica di accoglienza senza responsabilizzare gli stranieri ma attraverso un sistema sostenuto economicamente solo attraverso i soldi dei cittadini italiani. Una strada sbagliata che per fortuna non abbiamo imboccato solo perché il governo è caduto. Un motivo in più per non votarli e scegliere il Popolo della Libertà.

Antonio Maglietta

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