sabato 31 maggio 2008

Contro il «ribellismo» servono un governo forte ed un parlamento unito



di Antonio Maglietta - 31 maggio 2008

Il fenomeno del ribellismo, cioè la tendenza a ribellarsi, sembra aver attanagliato il nostro paese in una morsa che potrebbe diventare letale se lo Stato non sarà in grado di reagire. Secondo l'enciclopedia Rizzoli-Larousse, con il termine «ribellarsi» si intende il «rivoltarsi contro chi ha il potere, contro le autorità. Opporsi con decisione a qualcuno che non si tollera. Ribellarsi alle ingiustizie». Sappiamo che negli ultimi anni sono nati come funghi i «comitati del No»: No Tav, No Ponte, No Dal Molin, ecc... Gruppi di persone unite dal «no» a qualcosa di specifico. Indipendentemente dal merito delle questioni, in generale questi movimenti si sono opposti con decisione a qualcosa che non tolleravano. Nel loro ordine d'idee quelle azioni erano dettate dalla volontà di ribellarsi, a torto o a ragione, a qualcosa che era percepita dagli stessi come un'ingiustizia. Stiamo parlando, quindi, di un sentimento provocato da questioni di carattere locale e lo schema della ribellione è stato in genere sempre lo stesso: decisione dello Stato percepita da alcune persone come un'ingiustizia, nascita di un comitato per riunire le persone che si opponevano a quella particolare ingiustizia e ribellione organizzata dal movimento neo-costituito come risposta alla decisione ingiusta delle istituzioni.

Presto, però, i vari comitati, nati per questioni locali, hanno incominciato ad erigere le loro bandiere «particolari» in ambienti estranei al loro luogo d'origine. Ecco allora comparire le bandiere dei «no» il primo maggio in Piazza San Giovanni a Roma, al concerto organizzato dai sindacati confederali, quelle dei No Ponte e No Dal Molin alle manifestazioni dei No Tav, e viceversa, ed ora, tutti insieme appassionatamente, sono pronti a calare verso il sud, nel quartiere di Chiaiano a Napoli, dove si è aperto un nuovo fronte specifico del «no», quello all'apertura della discarica. Nati come gruppi di persone che si opponevano a decisioni circoscritte delle istituzioni, uscendo dal luogo d'origine, e manifestando in situazioni estranee alle loro problematiche specifiche, questi comitati, volenti o nolenti, si sono trasformati nella spina dorsale di un movimento variegato che riunisce persone anche lontane tra loro dal punto di vista culturale ma, in ogni modo, unite oramai dal «no» alle istituzioni. Si va dal semplice cittadino che aderisce in qualche forma ad uno dei citati comitati fino all'abitante della zona interessata dal problema specifico, dai turisti delle manifestazioni del «no» ai no global e ai centri sociali, dagli ultras in astinenza da rissa da stadio a sbandati, teppisti e criminali di vario genere.

Si tratta di una miscela pericolosissima, un coagulo di persone e interessi uniti dal «no» allo Stato e alle sue decisioni. Non più, quindi, «no» circoscritti, ma «no» in generale a quasi tutto quello che viene percepito da loro come una decisione autoritaria dello Stato, che non terrebbe conto degli interessi del cittadino. Un «no» alle decisioni prese nell'interesse nazionale. In pratica i «movimenti del No», coagulandosi in un movimento variegato, hanno dato vita ad un diffuso ribellismo, comunque organizzato, che non si qualifica più come l'opporsi con decisione a qualcosa che non si tollera a livello locale ma un rivoltarsi, in generale, coscientemente o meno, contro l'autorità e cioè contro lo Stato.

Che cosa bisogna fare dinanzi al ribellismo diffuso? In primis il governo deve dare un segnale forte della sua presenza sul territorio; dare, poi, una risposta al problema specifico e decidere razionalmente nel più breve tempo possibile, senza esitazioni e tentennamenti. Infine tenere duro sulla decisione presa. Ad esempio, per quanto riguarda la questione dei rifiuti in Campania, ha fatto bene il governo Berlusconi a traslocare temporaneamente la sede delle riunioni del Consiglio dei ministri a Napoli. La scelta simbolica è stato anche un segnale chiaro e preciso: qui lo Stato c'è. Ha fatto altresì benissimo a mettere da subito le mani nel problema e ad aver preso in tempi rapidi una decisione razionale.

Ora però dovrà tener duro ma con il supporto di tutti, maggioranza e opposizione. In questo caso, vista la situazione, le decisioni del governo, per risolvere il problema dei rifiuti in Campania, non dovrà essere la scelta di chi ha vinto le elezioni ma la soluzione condivisa da tutto l'arco dei partiti rappresentati in parlamento. La volontà di tener duro e di appoggiare quel provvedimento, che dalla prossima settimana inizierà il suo iter parlamentare per la conversione in legge, dovrà essere necessariamente condivisa da maggioranza e opposizione. Non ci possiamo assolutamente permettere divisioni su questi temi. Se quel provvedimento sui rifiuti passerà velocemente e senza intoppi dalle aule parlamentari, in un clima di condivisione dei contenuti, allora ai protagonisti del ribellismo diffuso arriverà un messaggio molto chiaro: c'è un governo autorevole in grado di decidere in fretta e con raziocinio e che non si fa intimidire dai ricatti; c'è altresì un parlamento forte che sulle questioni essenziali di interesse nazionale non si divide e non offre alcuna sponda ai «comitati del No»; c'è quindi, infine, uno Stato che è in grado di dare risposte ai problemi della gente e che non arretra dinanzi a forme inaccettabili di protesta.

Antonio Maglietta

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