lunedì 19 maggio 2008

Il Governo ha tutto il diritto-dovere di essere duro in materia di immigrazione

di Antonio Maglietta – 19 maggio 2008

Il 7 maggio scorso (sentenza 148/2008) la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 4, comma 3, e dell'art. 5, comma 5, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nel testo risultante a seguito delle modifiche di cui alla legge 30 luglio 2002, n. 189 (legge c.d. Bossi-Fini), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 24 e 97 della Costituzione, dal Tar della Lombardia, nel corso di un giudizio avente ad oggetto l'annullamento di un provvedimento del Questore di Milano, notificato il 5 maggio 2006, con il quale era stato rifiutato il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro di un cittadino marocchino con precedenti penali.
Il ricorrente aveva presentato domanda per il rinnovo del permesso di soggiorno e il Questore di Milano, con il provvedimento impugnato, l'aveva respinta perché a carico dell'istante risultava una condanna (a mesi otto di reclusione ed euro 2000 di multa) irrogata, con sentenza del 21 marzo 2004, a seguito di patteggiamento e con sospensione condizionale della pena, per il reato in materia di stupefacenti di cui all'art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990.
Con il ricorso l'interessato ha sostenuto l'illegittimità del suddetto provvedimento, contestando l'automatismo applicato dall'amministrazione nel ritenere sussistente la pericolosità sociale senza una puntuale motivazione al riguardo, svolta sulla base di una adeguata istruttoria riguardante la complessiva personalità del soggetto.
La Corte Costituzionale, nella sentenza ha sostenuto che:
Si premette che la principale norma concernente la condizione giuridica dello straniero – attualmente, extracomunitario – è quella dell'art. 10, comma secondo, Cost., la quale stabilisce che essa «è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali».
Da tale disposizione si può desumere, da un lato, che, per quanto concerne l'ingresso e la circolazione nel territorio nazionale (art. 16 Cost.), la situazione dello straniero non è uguale a quella dei cittadini, dall'altro, che il legislatore, nelle sue scelte, incontra anzitutto i limiti derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute ed eventualmente dei trattati internazionali applicabili ai singoli casi.
Occorre, inoltre, rilevare che lo straniero è anche titolare di tutti i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce spettanti alla persona (si vedano, per tutte, le sentenze n. 203 del 1997, n. 252 del 2001, n. 432 del 2005 e n. 324 del 2006).
In particolare, per quanto qui interessa, ciò comporta il rispetto, da parte del legislatore, del canone della ragionevolezza, espressione del principio di eguaglianza, che, in linea generale, informa il godimento di tutte le posizioni soggettive.
Peraltro, come questa Corte ha più volte affermato, «la regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale è collegata alla ponderazione di svariati interessi pubblici, quali, ad esempio, la sicurezza e la sanità pubblica, l'ordine pubblico, i vincoli di carattere internazionale e la politica nazionale in tema di immigrazione e tale ponderazione spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia un'ampia discrezionalità, limitata, sotto il profilo della conformità a Costituzione, soltanto dal vincolo che le sue scelte non risultino manifestamente irragionevoli» (si vedano, per tutte, la sentenza n. 206 del 2006 e, da ultimo, l'ordinanza n. 361 del 2007).
In pratica la Corte ha evidenziato che le norme sull’immigrazione rispondono ad una serie di interessi, tra cui la politica nazionale in tema di immigrazione, la cui ponderazione spetta al Legislatore ordinario e che, fatto salvo il rispetto dei trattati internazionali e delle disposizioni costituzionali sui diritti fondamentali della persona, è possibile mettere tutti paletti che si ritengono ragionevolmente opportuni per meglio regolare la materia. La sentenza è molto importante perché è bene ricordare che, alla luce delle polemiche sollevate dall’opposizione (anche extraparlamentare) sulla presunta durezza del pacchetto sicurezza, che sarà presentato a breve dal governo Berlusconi, e sulla non opportunità di presentare un testo “forte” in materia, quel provvedimento avrà le sue radici nel programma elettorale che, in virtù del risultato dato dalle urne, oggi rappresenta l’espressione della politica nazionale in materia. Il governo, quindi, non ha solo il potere ma ha anche tutto il diritto-dovere di presentare un pacchetto di norme coerenti con i contenuti del suo programma elettorale visto che è la stessa Corte Costituzionale ad annoverare la politica nazionale in tema di immigrazione tra i vari interessi pubblici da ponderare e, quindi, da tenere ben presenti al momento del varo delle disposizioni.

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