lunedì 27 settembre 2010

Rapporto ABI-Cespi 2010: aumentano i correntisti stranieri



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 27 settembre 2010

Secondo il rapporto Abi-Cespi 2010, negli ultimi due anni, pur in un contesto di crisi, c'è stato un ulteriore aumento dei conti correnti intestati agli immigrati, passati da 1,404 milioni a 1,514 (+7,9%). Nel frattempo gli immigrati residenti nel nostro Paese sono divenuti 3,891 milioni (+32,4% rispetto al 2007). Il marcato aumento della popolazione straniera, cresciuta con un tasso quattro volte superiore al numero dei conti correnti intestati ai migranti, ha leggermente abbassato il tasso di bancarizzazione: dal 67% del 2007 al 61% di fine 2009.
Gli immigrati si rivolgono al sistema bancario o per esigenze familiari o per questioni legate all'attività imprenditoriale che svolgono. Si tratta di clienti consolidati, poiché il 20% ha un c/c da più di cinque anni, con un indice di fedeltà peraltro superiore rispetto a quello osservato nel segmento di clientela «retail» (dove il 18% ha un c/c da più di cinque anni), cui e' riconducibile il 96% dei conti correnti intestati a stranieri residenti in Italia.
Non c'è dubbio che il contributo degli immigrati al sistema produttivo nazionale, come dimostra anche da ultimo questo rapporto, è importante, solido e continuativo. Questo stesso dato, inoltre, può anche essere letto come un importante segnale sul fatto che il nostro paese, al netto delle polemiche politiche e delle facili drammatizzazioni a uso e consumo di alcuni media, è in generale un posto accogliente, dove mettere radici. Nell'indagine, infatti, si rimarca che il processo di bancarizzazione è strettamente connesso al tempo di permanenza in Italia ed è dunque ragionevole ipotizzare che il processo non avvenga immediatamente all'ingresso nel nostro paese, ma richieda un arco temporale minimo - stimato in almeno cinque anni - per acquisire una prima, pur se ancora precaria, stabilità economica e lavorativa, perché si avverta il bisogno di un rapporto bancario e si abbiano i documenti necessari per l'accesso in banca. Ora, come segnalato dal rapporto, seppur in un periodo di crisi, i conti correnti intestati agli stranieri che vivono nel nostro paese sono aumentati del 7,9%. Insomma ci sono almeno 100mila soggetti in più che hanno deciso di investire, umanamente o economicamente, nel nostro paese. Questo significa che l'Italia non sarà certamente il paradiso terrestre, ma neanche un posto dove gli immigrati sono trattati male. Chi vivrebbe, infatti, in un posto ostile per sé e per la propria famiglia? Chi deciderebbe di comprare casa e accollarsi un mutuo, con tutto quello che questa scelta significa anche e soprattutto in tempo di crisi, in un paese dove si vive male? E' giusto, come affermato da Emma Bonino, vicepresidente del Senato, che ha aperto il Convegno dell'Abi presso Palazzo Altieri a Roma, che «oggi occorre respingere senza tentennamenti il paradigma immigrato uguale criminale, mentre occorre rivedere al rialzo quello immigrato uguale forza lavoro», ed è vero quello che ha aggiunto, e cioè che gli immigrati sono una risorsa e che non hanno scippato posti di lavoro. Tutto giusto, tutto vero, ma è doveroso aggiungere qualcosa in più e cioè che la forza lavoro straniera, con riferimento a quella meno qualificata, è stata usata nel sistema produttivo, non solo italiano ma anche altrove, per abbattere il costo del lavoro a danno dei lavoratori autoctoni per rispondere impropriamente alle sfide dettate dalla globalizzazione.
Non è un caso che in tutto il mondo, eccetto che in Australia, come segnalato dall'International Migration Outlook Ocse/Sopemi, gli immigrati guadagnino meno dei lavoratori nazionali e non lo è neanche il dato di un'indagine dell'Istat (L'integrazione nel lavoro degli stranieri e dei naturalizzati italiani, 14 dicembre 2009), secondo cui solo l'8,1% degli stranieri presenti in Italia svolge una professione qualificata. Sempre un'altra indagine dell'Istat (Gli stranieri nel mercato del lavoro. I dati della rilevazione sulle forze di lavoro in un'ottica individuale e familiare, 2009), inoltre, aveva segnalato quello che accadeva sotto gli occhi di tutti, e cioè che la diffusa disponibilità dell'offerta di lavoro straniera sopperisce alla continua e insoddisfatta domanda di lavoro non qualificato. Quindi è vero che gli immigrati che vengono nel nostro paese non rubano il lavoro ma è anche vero che spesso vengono usati per far pagare meno il lavoro a qualche datore senza scrupoli che pensa di aver trovato così, a costi competitivi, la via alternativa all'innovazione tecnologica e al miglioramento della qualità del lavoro.

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