martedì 5 ottobre 2010

Sanità. L'impegno del governo per ridurre i tempi delle liste d'attesa



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 05 ottobre 2010

Nell'ambito della sanità pubblica, i tempi d'attesa sono di estrema rilevanza. In Italia, per le prestazioni diagnostiche, bisogna aspettare almeno 360 giorni per fare l'ecografia al seno o una risonanza magnetica cranio (senza contrasto). Per una mammografia ci vogliono 420 giorni, per l'eco tessuto molle 480 e per l'ecocolordoppler 720 giorni. Nell'ambito delle visite specialistiche, per fare la visita neurochirurgica o un esame vestibolare i giorni da aspettare sono 180, 270 per la visita senologica e 390 per quella cardiologica. Per gli interventi chirurgici ci sono 1.080 giorni di attesa per gli interventi di protesi al seno, al ginocchio e all'anca, 540 giorni per l'intervento al menisco e 450 per l'asportazione della sacca lacrimale.
L'articolo 32 della Costituzione dichiara solennemente che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Il fenomeno delle liste d'attesa che dilatano i tempi per l'accesso alle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale lede il diritto alla tutela della salute. Nel SSN l'erogazione delle prestazioni entro tempi appropriati, rispetto alla patologia e alle necessità di cura, rappresenta una componente strutturale dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), così come previsto dal DPCM 29 novembre 2001 e successive modificazioni e dagli Accordi ed Intese tra Stato e Regioni e P.A. successivamente intercorsi. Questo problema dei tempi d'attesa costituisce uno degli aspetti più critici dei moderni sistemi sanitari, giacché influenza l'accessibilità e la fruibilità delle prestazioni.
Il ministero della Salute ha condotto nel 2005, nel 2007 e nel 2009 tre indagini nazionali sull'utilizzo di internet quale strumento di comunicazione dei dati su tempi e liste di attesa nei siti delle Regioni e P.A. e delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, dalle quali risultava uno scarso utilizzo del web quale veicolo di comunicazione e trasparenza sui tempi d'attesa.
Secondo il centro studi Sic di FederAnziani, che ha passato al setaccio i dati delle attività cliniche e di laboratorio del nostro comparto sanitario, gli italiani trascorrono il loro tempo negli ospedali per effettuare indagini cliniche e di laboratorio, dilapidando miliardi di euro, sprecando centinaia di migliaia di ore lavoro e ingrossando a dismisura le liste di attesa. Dai dati è emerso che nel 2009 gli italiani si sarebbero sottoposti complessivamente a ben oltre 1 miliardo e 300 mila prestazioni sanitarie, quasi 21,66 pro capite.
In un paese moderno e civile è doveroso che il servizio pubblico garantisca a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni sanitarie certi e adeguati ai problemi clinici, ed è assolutamente indispensabile stroncare il deplorevole fenomeno delle liste d'attesa create talvolta ad arte per spingere i pazienti a pagare quel che nel normale orario di lavoro non è garantito gratis o col solo pagamento del ticket.
Nel nuovo piano messo a punto dal ministero della Salute e annunciato dal ministro Ferruccio Fazio, le priorità sono: innanzitutto un monitoraggio su tutte le liste di attesa, con particolare attenzione verso le patologie cardiovascolari ed oncologiche, che necessitano di controlli e terapie urgenti; liste di attesa differenziate a seconda dei casi clinici; sinergia tra cup nazionale e sistemi di prenotazione regionali; identificazione di 60 specifiche prestazioni per le quali la lista di attesa avrà un tempo di durata massimo e un'attenzione particolare verso le patologie cardiovascolari e oncologiche; più rigore in generale per tutte le prestazioni.
Se l'operazione del governo per abbattere i tempi delle liste di attesa nella sanità andrà a buon fine, non si tratterà di una semplice svolta ma, come giustamente rilevato dal ministro Fazio, di una rivoluzione. La tutela della salute delle persone non può attendere le lungaggini della burocrazia o essere calpestata dal malfunzionamento delle strutture o da atteggiamenti negativi da parte del personale sanitario. Essere o meno persone abbienti non può e non deve diventare un discrimine per accedere a cure celeri ed efficienti. La civiltà di un paese si misura anche su questi temi.

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