martedì 12 ottobre 2010

Agricoltura. I ritardi delle Regioni nell'utilizzo dei fondi Feasr



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 11 ottobre 2010

Secondo uno studio realizzato dalla Uila-Uil e dal servizio politiche territoriali della Uil, ammontano a circa 400 milioni di euro le risorse del Fondo europeo di sviluppo rurale (Feasr) da spendere da qui alla fine dell'anno, pena la loro restituzione a Bruxelles. Il Feasr è strutturato attraverso 21 Programmi operativi regionali e il Programma «Rete rurale nazionale» al di fuori, ma in coerenza, con il Quadro strategico nazionale 2007-2013, a seguito della scelta della Commissione europea di programmare i Fondi strutturali attraverso il metodo «monofondo».

L'Italia, ogni anno, riceve dall'Europa mediamente 6,5 miliardi di euro, tra aiuti diretti agli agricoltori (4,3 miliardi) e misure di sostegno allo sviluppo rurale (2,2 miliardi, compreso il cofinanziamento nazionale). La situazione è particolarmente grave, soprattutto per alcune regioni nelle quali il basso livello di spesa è associato a forti ritardi procedurali (emanazione bandi, raccolta domande di finanziamento, formazione graduatorie dei beneficiari, erogazioni degli aiuti). Ciò relega il nostro Paese al terzultimo posto della classifica comunitaria, prima solo di Romania e Malta. Non è sicuramente un dato di cui andare fieri.

A giugno di quest'anno, nel corso di un question time alla Camera dei Deputati, rispondendo ad un'interrogazione su quest'argomento, presentata dal gruppo del Popolo della Libertà a firma Baldelli e De Camillis, il ministro dell'Agricoltura, Giancarlo Galan, aveva giustamente affermato che «la perdita dei fondi comunitari - ricordando che l'Italia è un Paese che conferisce all'Europa più di quanto ottiene e, quindi, si tratta di soldi già dati dal nostro Paese all'Europa - è il peggior delitto che si possa compiere». Nella stessa occasione, il ministro aveva aggiunto: «Vi immaginate con quale autorevolezza può presentarsi lo Stato italiano al tavolo delle trattative europee, chiedendo una nuova politica agricola comune e nuovi soldi per l'agricoltura, quando ha sprecato quelli dell'esercizio precedente? L'autorevolezza sarebbe ridotta sotto zero, e ciò, francamente, va evitato nel più rigoroso dei modi».

Andando a sbirciare lo studio della Uil, emerge che le regioni più virtuose nello spendere i fondi a disposizione sono state la Valle d'Aosta, la Lombardia, la Liguria, le province autonome di Trento e Bolzano, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, l'Emilia Romagna, la Toscana, l'Umbria e le Marche. Quelle che, invece, non sono state ancora in grado di utilizzare tutto il fondo sono: il Lazio, l'Abruzzo, il Molise, la Campania, la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. All'inizio di settembre, il ministro Galan aveva espresso soddisfazione per i rilevanti passi in avanti nella spesa dei fondi dei Programmi di sviluppo rurale fatti registrare nel mese di agosto soprattutto da Sicilia e Campania, che solo in quel mese avevano effettuato pagamenti rispettivamente per 37,4 e 36,3 milioni di euro. Il record negativo per l'inutilizzo di questi fondi spetta alla Puglia, che, nonostante la buona performance registrata ad agosto, con 118.074.441 euro ancora da spendere (pari al 12,7% del totale del fondo a disposizione), si attesta al primo posto delle regioni meno virtuose. Come può dunque il presidente di quella regione, Nichi Vendola, discettare di buon governo quando non riesce a spendere (fino ad ora) tutti i soldi che ha a disposizione per lo sviluppo delle attività agricole del territorio che amministra? Bisogna anche aggiungere, più in generale, che molte delle regioni meno virtuose hanno cambiato la propria amministrazione politica da troppo poco tempo per subire critiche su questo tema (pensiamo al Lazio, all'Abruzzo, alla Campania, alla Calabria, alla Sardegna) e altre, come il Molise, devono solo fare pochi passi per raggiungere il traguardo del pieno utilizzo dei fondi.

Ma qui è in gioco anche la fiducia dei cittadini verso l'amministrazione del proprio territorio. Quando ci troviamo dinanzi a questi dati sconfortanti, con quale autorevolezza a livello locale si potrà affermare che non ci sono soldi da spendere per rispondere alle richieste dei cittadini senza sentirsi dire che anche quando ci sono non si è in grado di gestirli in maniera virtuosa e proficua? Al netto delle polemiche politiche, che spesso si accendono su questioni fumose, è segno di buona amministrazione del territorio non riuscire a spendere le risorse europee in un settore strategico come quello agricolo? Alla luce dell'attuale situazione, soprattutto in virtù della crisi economica mondiale, non possiamo permetterci altri sprechi. E allora gli assessori regionali all'agricoltura interessati da questo problema si rimbocchino le maniche e spendano questi soldi nel migliore dei modi, se non altro per il rispetto dovuto a tutti gli operatori del mondo agricolo italiano.

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