mercoledì 13 ottobre 2010

Italia-Serbia. Polemiche improprie sulla gestione della sicurezza



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
mercoledì 13 ottobre 2010

All'indomani delle violenze di alcuni delinquenti mischiati ai tifosi al seguito della nazionale di calcio serba, che hanno provocato danni alla città di Genova e impedito con il loro comportamento all'interno dello stadio che si disputasse la partita in calendario per le qualificazione agli Europei, il sindaco del capoluogo ligure, Marta Vincenzi, ha affermato che il ministero dell'Interno non ha saputo valutare il problema e soprattutto la pericolosità dei tifosi a cui non doveva essere consentito l'accesso a Genova.

Innanzitutto va sottolineato che la condanna degli atti di questi teppisti da parte di molti esponenti istituzionali serbi è stata immediata e senza appello. L'ambasciatore della Serbia a Roma, la signora Sanda Raskovic-Ivic, si è scusata con il popolo italiano per i gravi disordini provocati da quel gruppo di delinquenti provenienti dal suo Paese. «Quanto accaduto a Genova - ha dichiarato - è una disgrazia, un vero incubo. Io e tutti noi serbi ci vergognamo molto. Colgo l'occasione per inviare al popolo italiano le scuse dell'ambasciata, del governo e del popolo di Serbia per quanto accaduto». L'ambasciatore ha tuttavia sottolineato che «questi sono ultrà delinquenti, non rappresentano in alcun modo il popolo serbo». Alla domanda di come sia stato possibile che questi facinorosi siano arrivati fino a Genova, Raskovic-Ivic è rimasta cauta. «Certo, è un lungo viaggio da Belgrado, non so proprio come sia stato possibile. Ma questa è una questione che riguarda le polizie dei due Paesi».

Ecco, appunto, ci vuole cautela nell'addossare le colpe. Cautela che non sembra emergere dalle parole del sindaco Vincenzi che, su due piedi, ha forse già deciso, non si capisce bene grazie a quali riscontri, chi sono i colpevoli istituzionali delle violenze che hanno turbato la città di Genova.

Ma analizziamo le parole di chi era in prima linea a difesa della città e della sua gente. Secondo Roberto Massucci, responsabile della sicurezza della nazionale inviato dal Viminale, «dalla polizia serba non era arrivata alcuna segnalazione che il livello di pericolosità dei tifosi al seguito fosse così alto: gente così non sarebbe mai dovuta arrivare fino a Genova». Per il dirigente del ministero dell'Interno l'apparato di sicurezza era adeguato, ma mai ci si sarebbe aspettato un livello di aggressività così alto. «I controlli - ha continuato Massucci - sono stati accurati, per quanto può essere in breve tempo su 2.000 persone. Ma va chiarito che in tutti gli stadi del mondo non ci può essere una perquisizione: chi vuole introdurre dolosamente quei fumogeni, evidentemente ci riesce». E ancora: «Tifosi del genere non avrebbero mai dovuto arrivare fino a Genova. Noi le persone pericolose le blocchiamo a casa, e nel caso non sia possibile segnaliamo alla polizia del Paese in cui andiamo i loro nomi. E mandiamo nostri funzionari». Quanti poliziotti serbi c'erano a Genova? «Nessuno», chiude Massucci. Gli stessi concetti sono stati confermati anche da Antonello Valentini, direttore generale della Figc.

Il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha inoltre fatto presente che «era impossibile impedire l'arrivo dei tifosi serbi, sia perché l'abolizione dei visti dalla Serbia rende impossibile il controllo alla frontiera, sia perché non ci sono state specifiche indicazioni sui movimenti dei tifosi da parte delle autorità serbe che potessero consentire l'adozione di particolari misure di prevenzione».

Tralasciando quindi le motivazioni anche politiche che hanno spinto questi delinquenti a compiere quegli atti di violenza, dal punto di vista della gestione dell'ordine pubblico sembra che le autorità italiane abbiano fatto tutto il possibile per evitare quello che è successo e, in aggiunta, per impedire che avvenisse anche di peggio. Dobbiamo dire grazie a tutti coloro che ieri hanno garantito l'incolumità di tutti gli spettatori all'interno dello stadio ed evitato che la situazione degenerasse sia dentro che fuori dal campo. Invece in Italia qualcuno punta il dito a casaccio contro i presunti colpevoli istituzionali.

Prendere come pretesto i fatti avvenuti a Genova ieri sera per polemizzare contro il governo e il ministero dell'Interno sembra francamente un gesto di cui non si sentiva il bisogno, perché non porta alcun elemento utile nel dibattito sulla sicurezza durante gli avvenimenti sportivi.

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