lunedì 28 luglio 2008

Ue: punire chi sfrutta i clandestini



di Antonio Maglietta - 26 luglio 2008

Confisca dei beni patrimoniali per chi sfrutta gli immigrati irregolari facendoli lavorare in nero. E' la proposta che il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha fatto giovedì a Bruxelles, illustrando la posizione italiana sulla proposta della presidenza di turno francese del Consiglio d'Europa per punire chi sfrutta gli immigrati clandestini. Secondo il ministro, una misura di questo genere avrebbe un forte carattere dissuasivo e quindi preventivo. Maroni ha ricordato anche che in Italia gli immigrati in nero rappresentano una forma di sfruttamento molto diffusa.

Sul punto, però, c'è stata una spaccatura tra i paesi del nord (più propensi a regole meno severe) e i paesi del sud, questi ultimi in genere più direttamente interessati al fenomeno dell'immigrazione (sia stanziale che di passaggio). La divisione riguarda due punti: la possibilità di prevedere anche sanzioni penali per chi assume immigrati irregolari; la definizione di un obiettivo minimo a livello europeo (il 5%) di ispezioni nelle imprese. «Oltre a quelle penali e finanziarie, proponiamo di introdurre anche una sanzione patrimoniale per colpire direttamente gli imprenditori che sfruttano gli immigrati irregolari», ha affermato Maroni ricordando ai colleghi europei che in Italia sono state approvate delle norme che possono portare «fino al sequestro di un immobile dato in locazione ad un immigrato irregolare». A Bruxelles il ministro ha osservato che il nostro Paese ha un «primato negativo, soprattutto nei settori dell'agricoltura e delle costruzioni». «La direttiva Ue proposta - ha concluso - parla di sanzioni finanziarie e amministrative. A noi va bene, ma chiediamo anche di aggiungere le sanzioni patrimoniali».

A Bruxelles, anche il commissario europeo per Giustizia, Libertà e Sicurezza, Jacques Barrot, ha appoggiato la proposta della presidenza di turno francese. Insomma, l'Europa dei Ventisette dovrebbe capire, in generale, che è nell'interesse di tutti non alimentare in alcun modo le sacche di clandestinità sul territorio comunitario, usando tutti gli strumenti a disposizione. Colpire i datori di lavoro che sfruttano i clandestini ed i proprietari degli immobili che li ospitano, oltre ad essere delle efficaci garanzie per la salvaguardia degli stessi stranieri irregolari, sono degli ottimi strumenti per cercare di colpire alla radice il problema.

Tralasciando la questione del rapporto tra clandestinità e criminalità, infatti, uno straniero che entra nel nostro Paese vive lavorando in nero e pagando un affitto in nero. Prosciugando questa economia parallela a quella ufficiale, colpendo i diretti beneficiari (datori di lavoro e proprietari di immobili senza scrupoli), verrebbe meno quell'acquitrino di illegalità attraverso il quale si alimenta la clandestinità. Ma c'è un altro problema da evitare, e cioè che l'economia sommersa, alimentata anche dal circuito che ruota intorno all'immigrazione clandestina, diventi un modo come un altro per rispondere alle sfide del mercato globale. Secondo l'ultimo rapporto Eurispes l'economia sommersa in Italia ha prodotto almeno 549 miliardi di euro nel 2007. Secondo i calcoli, il nostro sommerso attualmente equivale ai Pil di Finlandia (177 mld), Portogallo (162 mld), Romania (117 mld) e Ungheria (102 mld) messi insieme. L'incidenza rispetto al Pil ufficiale prodotto nel nostro Paese è di almeno il 35,5%. Sono cifre che dovrebbero far riflettere tutti perché se qualcuno in Europa crede che questi siano solo problemi che riguardano gli stati del Sud dell'Ue, si sbaglia di grosso. Generalmente il Sud è solo la zona di transito; la vera destinazione è il nord Europa ed il suo ricco welfare state.

Antonio Maglietta

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