mercoledì 9 luglio 2008

L'Europa cerca di chiudere le porte ai clandestini



di Antonio Maglietta - 8 luglio 2008

L'Europa cerca di chiudere le porte all'immigrazione clandestina e tenta di farlo dandosi regole comuni per organizzare meglio quella legale, in base alle esigenze del mercato del lavoro e alle capacità di accoglienza degli Stati. Il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, voluto dal presidente francese Nicolas Sarkozy, seppur con piccole modifiche rispetto alla versione originale su richiesta del rappresentante spagnolo, ha passato il vaglio dei ministri degli interni della Ue, riuniti ieri per un Consiglio informale. Il passo successivo sarà l'accordo a 27 al Vertice Ue di ottobre.

«L'ipotesi di una immigrazione zero sembra irrealistica e pericolosa», si legge nel testo del Patto, riconoscendo che «le migrazioni contribuiscono alla crescita economica dell'Unione Europea e degli Stati che ne hanno bisogno per la loro situazione demografica e per il loro mercato del lavoro». Ma al tempo stesso ammette che «la Ue non ha mezzi per accogliere degnamente tutti gli immigrati alla ricerca di una vita migliore» e che «una immigrazione mal controllata può attentare alla coesione sociale dei paesi di accoglienza».

«I pilastri sono due: lotta senza quartiere all'immigrazione clandestina e a chi la sfrutta, massima integrazione di chi viene regolarmente sui territori della Ue», ha spiegato il ministro dell'interno Roberto Maroni, molto soddisfatto dell'accelerazione impressa dalla presidenza francese e pronto a mettere nel conto nuove accuse di razzismo. Come quelle lanciate dal presidente del Brasile Lula e dall'organizzazione Gruppo di Rio, che raduna 21 paesi dell'America latina e dei Caraibi, alla direttiva europea sui rimpatri. «Bisogna non temere queste false accuse e andare avanti per regolamentare l'immigrazione, cosa che il Patto e la direttiva europea sui rimpatri fanno in modo soddisfacente», ha detto Maroni.

«Non vedo nuovi muri attorno all'Europa, non diventeremo una fortezza», ha assicurato il ministro dell'interno tedesco, il cristiano democratico Wolfgang Schaeuble. «In Europa ci sono otto milioni di immigrati. Noi dobbiamo lottare contro quella illegale e organizzare quella legale», ha sintetizzato. Soddisfatto anche il ministro spagnolo Alfredo Perez-Rubalcaba, per il quale «il Patto contiene alcuni elementi del modello di immigrazione che la Spagna ha sempre sostenuto». Perez-Rubalcaba ha rivendicato a Madrid il merito di avere cambiato alcuni punti della proposta di Sarkozy, in particolare l'inserimento dei motivi economici tra le ragioni per procedere alla regolarizzazione di illegali. Il testo conclusivo impegna i 27 a «limitarsi a regolarizzazioni caso per caso e non generali, nel quadro delle legislazioni nazionali, per motivi di carattere umanitario od economico». Oltre che ad una maggiore concertazione tra i 27 il Patto insiste sul dialogo con i paesi terzi di provenienza e di transito degli immigrati.

Insomma, sembra evidente che l'Europa abbia scelto la via del realismo e cioè di regolare gli ingressi in base alle esigenze del mercato del lavoro e alla disponibilità di accoglienza degli Stati, di evitare le sanatorie di massa dei clandestini che non fanno altro che richiamarne altri negli anni successivi, di rafforzare i canali legali dell'immigrazione attraverso la cooperazione tra gli Stati dell'Unione e di questi ultimi con i Paesi di transito e provenienza degli immigrati.

Il Patto rappresenta un notevole passo avanti rispetto al passato nell'ambito delle politiche sull'immigrazione anche se sarebbe utile qualche ulteriore aggiunta sul modo di organizzare il sistema degli ingressi. Ad esempio, quando si fa riferimento al fatto che gli Stati dell'Unione hanno bisogno degli immigrati per il loro mercato del lavoro, sarebbe opportuno specificare, magari in ambito nazionale, che la leva dello sviluppo deve essere la qualità del lavoro e la ricerca tecnologica e non l'ampliamento indiscriminato della manodopera disponibile, che non fa altro che svilire le professionalità, abbassare i salari e fornire un prodotto o servizio di bassa qualità. Altra annotazione. Nel Patto si pone giustamente l'accento sulla sostenibilità sociale dei flussi di immigrati in merito alla capacità di accoglienza degli Stati. Ancora meglio sarebbe specificare, quindi, che il sistema degli ingressi non dovrà essere legato alle sole richieste del mercato del lavoro ma anche a quelle del nostro welfare state , e cioè alla capacità dei nostri servizi sociali di rispondere ad ulteriori sollecitazioni.

E' chiaro, poi, che tutte le accuse di voler discriminare l'immigrato in quanto tale sono solo attacchi che lasciano il tempo che trovano, anche perché la cosa peggiore che si possa fare a queste persone sarebbe quella di dargli l'illusione che in Europa c'è l'Eden, salvo poi fargli scoprire, una volta sul posto, che non è esattamente così. L'immigrazione è un fenomeno inarrestabile che per essere regolato, in generale, non ha bisogno di muri, che storicamente sono buoni solo per essere scavalcati o abbattuti, ma, soprattutto, di canali legali, di accordi tra paesi di origine, di transito e di destinazione, di tanto raziocinio e di una corretta visione di insieme e sul lungo periodo del fenomeno.

Antonio Maglietta

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