giovedì 3 luglio 2008

Immigrazione. Il governo sta agendo in maniera celere e razionale



di Antonio Maglietta - 3 luglio 2008

Sul tema dell'immigrazione e dell'integrazione il governo Berlusconi starebbe commettendo «un errore di fondo». Quale? «Pensare che l'Italia possa fare meglio da sola, quando invece è interesse del paese richiamare su questi temi un grande impegno sovranazionale». Bisognerebbe seguire il modello europeo: «Integrazione e severità, non solo severità». E' quanto ha affermato martedì a Roma il ministro dell'Interno del governo ombra del Partito Democratico, Marco Minniti, durante un convegno sui temi dell'accoglienza, dell'integrazione e della sicurezza, in cui si sono confrontati diversi parlamentari del Pd eletti all'estero. Per Minniti il governo deve essere «esigente nel chiedere all'Europa una coerenza su questi temi», perché «o vengono affrontati in maniera intelligente o diventeranno insormontabili», e non muoversi con «un'impostazione emotiva».

Ma ecco che, nella stessa giornata in cui Minniti pontificava sull'immigrazione con la bacchetta rossa in mano, da Vicenza il capo della Polizia, Antonio Manganelli, ha ricordato che «il 30% degli autori di reato in Italia sono clandestini» e che se il dato viene disaggregato per regioni mostra che «in certe aree, come nel Nord, si arriva anche al 60% o 70% dei reati commessi da clandestini». Manganelli ha anche reso noto che dei 34.800 immigrati clandestini bloccati ed espulsi dall'Italia lo scorso anno 27.000 sono stati immediatamente rilasciati dalle forze dell'ordine. «I rilasci - ha spiegato Manganelli - non sono stati eseguiti per dire "abbiamo scherzato", ma sono stati dettati dal fatto che i centri di accoglienza sono insufficienti per ospitare i fermati... Tutti abbiamo colto gli aspetti positivi dell'immigrazione, anche per la nostra economia - ha concluso Manganelli - ma abbiamo rilevato anche molte criticità».

Insomma, non è certo una novità, tra gli studiosi del rapporto tra immigrazione clandestina e criminalità, il dato riportato dal capo della Polizia. Lo è invece per gli esponenti del centrosinistra che ancora pensano che il governo agisca in maniera emotiva e non sulla base di dati scientifici. Stupisce che un politico esperto, informato e molto bravo nelle analisi in materia come Minniti intraveda nell'operato dell'esecutivo una spinta emotiva e non razionale e, soprattutto, non colga la volontà governativa di cercare in maniera ragionevole di arginare il più possibile il fenomeno nell'interesse di tutti, stranieri compresi.

Manganelli ha fatto anche riferimento ai rilasci immediati dei clandestini fermati, dettati dall'insufficienza dei centri di accoglienza, ponendo quindi un problema concreto; il governo, dal canto suo, nel suo piano ha già previsto un aumento di questi centri proprio perché ha deciso di affrontare la questione in maniera non ideologica, come invece avveniva con l'esecutivo di Romano Prodi. Basta ricordare, ad esempio, le richieste di sanatorie indiscriminate per tutti i clandestini avenzate dell'ex ministro Ferrero oppure il disegno di legge in materia di immigrazione attraverso il quale si volevano introdurre nel nostro ordinamento gli istituti della sponsorizzazione (ossia garanti pubblici e privati per gli immigrati che vengono sul nostro territorio per motivi di lavoro pur non avendo un contratto) e dell'autosponsorizzazione (immigrati che vengono in Italia per gli stessi motivi senza avere un contratto ma in possesso di adeguate risorse finanziarie), dicendo «addio» a qualsiasi sistema di controllo realistico dei flussi in entrata.

Sempre il capo della Polizia ha fatto giustamente riferimento agli effetti positivi dell'immigrazione sul nostro sistema economico. Su questo punto occorre precisare che la leva dell'immigrazione, magari anche clandestina, non può diventare il motore della nostra economia. I propulsori devono essere necessariamente altri fattori, in primis la qualità del lavoro e la ricerca scientifica. E su questo punto la politica può fare molto, ma non tutto. Serve anche l'apporto delle parti sociali e cioè delle associazioni datoriali e sindacali. Solo con il loro contributo il nostro sistema economico può imboccare la via della competitività virtuosa. Una sistema produttivo che si dimostra competitivo sul mercato globale grazie allo sfruttamento del lavoro degli immigrati (clandestini o regolari che siano) e degli italiani, oltre che moralmente inaccettabile, ritorna utile solo per qualche datore di lavoro senza scrupoli; per il resto della collettività diventa solo un salatissimo costo sociale che non può che alimentare tensioni di ogni genere. Allora, indipendentemente dalle leggi, le parti sociali sono oggi chiamate a dare il loro contributo, anche perché il governo, nonostante siano passate solo poche settimane dall'insediamento, si è già mosso in maniera celere e costruttiva. Non si può aspettare in maniera passiva che lo Stato intervenga in maniera onnicomprensiva. Serve uno scatto in avanti virtuoso da parte di tutti.

Antonio Maglietta

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