giovedì 2 giugno 2011

Mercato del lavoro: meno disoccupati e più inattivi



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
giovedì 02 giugno 2011

Secondo gli ultimi dati dell’Istat, il numero dei disoccupati diminuisce del 2,9% ad aprile rispetto a marzo (-60 mila unità). Il dato riguarda sia la parte maschile sia quella femminile. Su base annua il numero di disoccupati cala del 7,6% (-164 mila unità). Il tasso di disoccupazione si attesta all’8,1%, in diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto a marzo; su base annua si registra una discesa di 0,6 punti percentuali.

Il tasso di disoccupazione giovanile si porta al 28,5%, registrando una flessione congiunturale di 0,1 punti percentuali. Il tasso di inattività è al 38,1% (0,6 punti percentuali in più rispetto ad aprile 2010). Insomma, ci sono luci, per la discesa del tasso di disoccupazione, e ombre, per l’aumento degli inattivi. Parliamo prima di cosa non va, specificando, innanzitutto, chi sono gli inattivi. Secondo la Treccani, l’inattivo lo si può suddividere in due categorie, alla prima vi appartengono coloro che non cercano lavoro e non sarebbero immediatamente disponibili a lavorare, se ne fosse loro offerta l’opportunità. La seconda, che l’Istat ha definito zona grigia (nel Rapporto annuale edito nel 2005, che fotografa la situazione del Paese nel 2004; cfr. tabella p. 24), comprende: a) coloro che cercano non attivamente lavoro, ma sarebbero disponibili a lavorare, se ne fosse loro offerta la possibilità; b) coloro che cercano attivamente lavoro ma non sarebbero immediatamente disponibili a lavorare; c) coloro che non cercano lavoro, ma che se capitasse loro un’offerta l’accetterebbero.

In pratica l’inattivo è il disoccupato che non cerca attivamente un lavoro. Una persona che ha smesso di fare i colloqui di lavoro, di mettersi in contatto con un centro pubblico per l’impiego, di partecipare a un concorso pubblico, di affidarsi a un annuncio sul giornale. Sempre secondo la Treccani, quindi, si tratterebbe in estrema sintesi di una persona in età lavorativa, compresa tra i 15 e i 64 anni, che non svolge un’attività produttiva e non è compresa nella categoria dei disoccupati. Il tasso di inattività è il rapporto tra gli inattivi e la corrispondente popolazione di riferimento. La somma del tasso di inattività e del tasso di attività è pari al 100%. Capire, quindi, chi sono gli inattivi significa intuire subito i motivi per cui un aumento del tasso di inattività è un brutto segnale. Tutte le componenti del mercato del lavoro italiano, le istituzioni, le imprese, il mondo delle professioni, i sindacati, dovranno fare la propria parte per far tornare la speranza, tutti consci che nessuno ha in mano la bacchetta magica e che la crisi economica mondiale non facilità certo la situazione. Veniamo ai dati positivi. La citata crisi economica mondiale morde ancora e fa sentire i suoi effetti. Basta leggere le notizie che riportano i media su quello che succede in Spagna, in Grecia, ma oramai un po’ dappertutto, per capire che la situazione è ancora critica.

Il nostro paese, tuttavia, in controtendenza, offre spunti positivi con la diminuzione del tasso di disoccupazione generale, sia per le donne sia per gli uomini, e di quello giovanile. Aumenta anche il divario tra il tasso italiano e quello che si registra mediamente in Europa (- 1,8%). Quando si dice che l’Italia sta meglio di tanti altri paesi, quindi, dati alla mano, si afferma il vero. Come ha giustamente ricordato il ministro Sacconi, «della ripresa- aggiunge- beneficiano per ora prevalentemente i cassintegrati che vengono richiamati all'attività lavorativa». Questo vuol dire che la cassa integrazione ha fatto bene il suo dovere, mantenendo vivo il nostro tessuto produttivo, e che la lievissima ripresa, che speriamo nel tempo diventi sempre più forte, sta permettendo a diverse persone di riprendere la propria attività. Che non si viva in un paese perfetto, non devono certo dircelo i vari Vendola, Bersani o il redivivo Prodi: lo sapevamo già anche senza il loro aiuto. Anzi, se oggi al governo ci fossero stati loro, memori del disastroso governo del professore bolognese, avrebbero solo che esibito l'incapacità di prendere una qualsiasi decisione eccetto quella di aumentare le tasse ai cittadini. Non si possono di certo dimenticare le loro lodi nei confronti del novello messia Zapatero: con la sinistra avremmo rischiato seriamente di fare la fine della Spagna.

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