giovedì 16 giugno 2011

Fiom-Cgil contro tutti. Non è una novità



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
giovedì 16 giugno 2011

Tutti in campo in difesa dell'accordo sulla newco di Pomigliano contro il quale la Fiom-Cgil ha presentato ricorso. Sabato 18 giugno ci sarà la prima udienza a Torino. Fim, Uilm e Ugl hanno presentato una memoria «per difendere le importanti ragioni sindacali di un accordo che ha assicurato lavoro e prospettive industriali allo stabilimento di Pomigliano». Si è mobilitata anche la Confindustria. «Stiamo lavorando alacremente - ha spiegato nei giorni scorsi la presidente, Emma Marcegaglia - a un accordo in tempi rapidi tra le parti sociali sulla rappresentanza, che serve alla Fiat ma anche a tutte le imprese italiane per avere le certezze sull'esigibilità dei contratti». Una mano tesa, quindi, a Sergio Marchionne che sul ricorso della Fiom-Cgil aveva detto: «Ci preoccupiamo di tutto, ma siamo pronti a gestire le eventuali conseguenze che potrebbero derivare dal ricorso». E la Fiom? Il segretario generale, Maurizio Landini, ha affermato qualche giorno fa che «c'è un vizio di fondo, parliamo di una truffa legislativa, perché è un trasferimento d'impresa mascherato». Una soluzione che «violando le leggi» impedisce ai lavoratori il trasferimento alla nuova società «senza dimettersi e mantenendo i diritti che avevano, entrando nella nuova azienda con il contratto del 2008». Da qui anche la richiesta della Fiom alla magistratura «di accertare come questo percorso voluto dalla Fiat rappresenti un comportamento antisindacale» finalizzato anche «ad escludere la Fiom dagli stabilimenti».

Per il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi è «auspicabile» una «intesa tra le parti sociali per lo sviluppo di relazioni industriali di prossimità», perché «bisogna velocizzare sui cambiamenti alle relazioni industriali nel nostro sistema». Va completato il lavoro fatto con la riforma del 2009 (firmata da Confindustria con Cisl e Uil, con il no della Cgil), ha detto Sacconi, «dando agli accordi aziendali il potere di regolare tutti gli aspetti che riguardano l'organizzazione del lavoro».
Le posizioni sono chiare. Le parti sociali, ma non da ora, sono divise: da un lato la sola Fiom-Cgil e dall'altro tutti gli altri. C'è chi, come il sindacato rosso dei metalmeccanici, uscito sconfitto dalle consultazioni dei lavoratori sul futuro dei loro stabilimenti, vuole bloccare tutte le riforme possibili a colpi di ricorsi alla magistratura e c'è chi, come gli altri sindacati e Confindustria, ha scelto la via del dialogo con le controparti e della modernizzazione sostenibile del nostro mercato produttivo e del lavoro. L'accordo sullo stabilimento Fiat di Pomigliano, sul quale pende il ricorso della Fiom, è solo la punta dell'iceberg.

Per capire meglio cosa sta succedendo bisogna sapere che le divergenze non nascono certo ora e che sono diversi anni che l'unità sindacale, che peraltro non è un totem, sembra una chimera. La diversità di vedute tra i vari rappresentanti dei lavoratori ha avuto nel tempo la sua naturale evoluzione fino ad arrivare al grande punto di rottura: l'accordo del 2009. L'Accordo del 23 luglio 1993, superando il sistema degli adeguamenti salariali automatici, aveva fissato in quattro anni la durata dei contratti e previsto una sessione intermedia ogni 2 anni per il rinnovo della parte economica. Più recentemente, con l'Accordo del 22 gennaio 2009 tra il governo Berlusconi e le Parti sociali, ad eccezione della Cgil, dove è stato ridefinito il modello di contrattazione sia di primo sia di secondo livello, esteso al pubblico impiego con l'Accordo del 30 aprile 2009, la vigenza dei contratti collettivi nazionali è stata portata a tre anni sia per la parte normativa sia per quella economica, e sono state introdotte nuove regole per il calcolo degli adeguamenti retributivi sull'andamento delle dinamiche inflazionistiche.
Insomma, nel 2009 c'è stato un passaggio storico da un modello che aveva come obiettivo quello di contribuire alla riduzione dell'indice inflattivo a uno che individuava un'altra priorità: lo sviluppo del sistema produttivo ed economico del Paese. Il tempo passa e, con esso, cambiano le esigenze. Un paese moderno coglie al volo la necessità di cambiare. Noi ci abbiamo messo almeno 10 anni in più rispetto al dovuto poiché già nel 1997 la Commissione Giugni evidenziò il manifestarsi dei limiti dell'accordo del '93. La Fiom-Cgil è ferma al 1993, gli altri, invece, seppur con ritardo, guardano al futuro.

FONTE

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