sabato 20 novembre 2010

Si faccia luce sulla lotta alla mafia negli anni '90


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
sabato 20 novembre 2010

Nel silenzio assordante delle star mediatiche dell’Antimafia delle chiacchiere, ci sono stati due fatti ultimamente che il grande pubblico sicuramente non conosce. Il primo. L’ex ministro della giustizia del governo Ciampi, Giovanni Conso, nell’audizione alla Commissione Antimafia dell’11 novembre scorso, ha dichiarato di non aver rinnovato, il 4 novembre 1993, il 41-bis per 140 detenuti del carcere palermitano dell’Ucciardone. Conso, guardasigilli nei governi Amato e Ciampi, ha precisato, davanti alla Commissione che indaga sulle stragi del ’92 e ’93, che questa decisione non fu frutto di alcuna trattativa con Cosa Nostra, ma di un provvedimento preso in assoluta solitudine per evitare che la mafia avesse motivi per riprendere le stragi. Nel gennaio del 1994 Conso invece rinnovò il 41 bis per un gruppo di boss di Cosa Nostra. Il secondo. L’allora direttore del Dap, Nicolò Amato, è stato sentito venerdì dalla procura di Palermo su questi stessi fatti e ha ricordato che nella riunione al Viminale, del 12 febbraio del 1993, del Comitato per l'Ordine e la Sicurezza pubblica, in particolare l'allora capo della polizia Vincenzo Parisi, espresse pesanti riserve sull'eccessiva durezza delle misure carcerarie restrittive introdotte d'urgenza tra le stragi di Capaci e via D'Amelio e trasformate in legge dopo l'assassinio del giudice Borsellino. E sempre dal Viminale, ha ricordato Amato, arrivarono «pressanti insistenze» per la revoca dei decreti che imponevano il 41-bis a proposito degli istituti di pena di Secondigliano e Poggioreale.
Lasciamo perdere tutte le dichiarazioni di contorno e gli sviluppi giudiziari e facciamo delle semplici considerazioni pratiche e di natura strettamente politica. Venerdì 18 novembre, il ministro Alfano ha firmato il decreto di 41-bis (il così detto carcere duro) per il boss della camorra Antonio Iovine, arrestato mercoledì scorso. Si tratta dell’ultimo atto di una serie di fatti concreti che hanno visto il governo Berlusconi impegnato con successo nella lotta alla criminalità organizzata. E a questo punto va fatta una prima considerazione pratica. L'Antimafia dei fatti è firmare il 41-bis per mafiosi, camorristi e ‘ndranghetisti, sequestrare i beni e arrestare i latitanti. L'antimafia delle chiacchiere è omettere di dire che nel 1993 un governo tecnico con dentro uomini di centrosinistra non rinnovò 140 decreti di 41-bis. La verità che sta emergendo, dopo l'audizione in commissione antimafia dell'ex ministro Conso e la deposizione resa alla Procura di Palermo dall'ex direttore del Dap Nicolò Amato, sulla presunta trattativa tra Stato e mafia nel 1993, è sconvolgente. In estrema sintesi: lo Stato cedette all'offensiva stragista dei primi anni '90 e non rinnovò il carcere duro a 140 mafiosi per dare un segnale di distensione alla mafia.
In pratica si sta materializzando all’orizzonte una supposta gigantesca per le anime belle di sinistra che hanno sempre cavalcato queste vicende per motivi di lotta politica. Dove sono i Santoro? Dove sono i Travaglio? Dove sono i Saviano? Dove sono i Caselli e gli Ingroia? Dove sono i Ciampi, allora Presidente del Consiglio, i Mancino, allora Ministro dell'Interno, e gli Scalfaro, allora Presidente della Repubblica? Dove è il Veltroni novello conoscitore del biennio 92-93? Dove sono tutti quelli che nel 1992 e nel 1993 contavano qualcosa in ambito istituzionale e che solo dopo 17-18 anni iniziano a balbettare qualche frase e a ricordare a sprazzi? In attesa di una qualche risposta da parte di questi signori, le persone oneste e perbene dovrebbero ricordare tutti coloro che morirono a causa di quelle bombe e tutti quelli, uomini delle istituzioni e non, che sono morti per non essersi coraggiosamente calati le braghe davanti alla inaccettabile prepotenza dei criminali. Detto questo, è necessaria anche un’altra breve considerazione.
Al di là delle eventuali responsabilità dei singoli e di tutto quello che verrà fuori in questa vicenda, è possibile affermare, alla luce delle dichiarazioni dell’ex ministro Conso, che un governo tecnico, molto debole perché non sorretto dalla forza del consenso ma solo da un accordo di palazzo, non è stato in grado di rispondere in maniera efficace all’offensiva mafiosa. Non stiamo parlando di un governicchio qualsiasi ma proprio il governo tecnico per eccellenza, quello Ciampi, quello preso a modello (pronto all’uso) da molte belle anime della sinistra nostrana per risolvere le crisi dei governi politici. Ecco proprio quel governo, stando alle parole dell’ex ministro Conso, o meglio quel tipo di governo, ha fatto calare le braghe allo Stato davanti alla prepotenza assassina dei mafiosi e ha calpestato la memoria di chi per quello stesso Stato ha sacrificato i propri affetti e spesso addirittura la propria vita.

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