lunedì 29 settembre 2008

Immigrazione. Evitare gli abusi nei ricongiungimenti familiari



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

Secondo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per i migranti, il governo Berlusconi, con gli ultimi provvedimenti presi in materia di immigrazione, restrittivi sui ricongiungimenti familiari e sui richiedenti asilo, «si allontana sempre di più, e non solo nel tempo, dallo spirito della lettera di quei diritti umani che trovarono possibilità di essere espressi perché si proveniva forse dagli orrori di una guerra mondiale. Eppure l'uomo e la donna sono gli stessi, hanno bisogno di protezione, specialmente nei casi in questione». Marchetto aveva già criticato a più riprese la politica verso gli immigrati dell'attuale governo e dell'Unione europea. E qualche giorno fa, parlando ai microfoni della Radio Vaticana, il presule ha affermato che: «E' in corso in Europa una riflessione al fine di conseguire una politica comune in relazione ai richiedenti asilo e ai rifugiati. Purtroppo la tendenza è al ribasso rispetto agli impegni internazionali a suo tempo assunti in favore della protezione di persone perseguitate, e i cui diritti umani non sono stati rispettati».

Marchetto prende di mira i due decreti legislativi approvati dall'ultimo Consiglio dei ministri su proposta di Roberto Maroni e Andrea Ronchi in materia di riconoscimento e revoca della qualifica di rifugiato (teso ad evitare strumentalizzazioni nella presentazione della domanda di asilo attraverso l'introduzione della categoria della manifesta infondatezza per eliminare domande chiaramente strumentali) e diritto al ricongiungimento familiare (prevede che il coniuge non debba essere separato e debba avere più di diciotto anni, nonché requisiti più stringenti). Tali decreti modificano la disciplina di recepimento di direttive comunitarie (rispettivamente il decreto legislativo n. 25 del 2008 e n. 5 del 2007).

Il governo vuole ridurre i tempi per l'acquisizione dello status di rifugiato, sfoltendo le domande pervenute e cassando le richieste palesemente strumentali, e rendere più stringenti i requisiti per il ricongiungimento familiare, onde evitare che l'abuso di questo strumento diventi un modo per aggirare la legge sull'immigrazione. E allora dove è questa tendenza al ribasso cui fa riferimento monsignor Marchetto? L'unica tendenza palese, anche per quanto riguarda gli ultimi interventi comunitari in materia di immigrazione (vedi ad esempio, da ultimo, il Patto europeo per l'immigrazione e l'asilo, che dovrebbe essere approvato definitivamente al vertice dei capi di Stato e di governo dell'Ue che si terrà a Bruxelles il prossimo 15 ottobre), è quella di evitare abusi e cercare di mettere delle regole chiare in materia. Il buonismo delle porte aperte per tutti porterebbe solo danni, in primis agli immigrati che vengono nel nostro paese (o comunque in Europa). Come giustamente segnalato dal vicepresidente della Camera, Maurizio Lupi: «Sbaglia chi pensa che garantire la sicurezza e combattere l'immigrazione clandestina significhi violare i diritti. E' invece proprio quando non esistono più regole e tutto diventa possibile che si finisce per compromettere la libertà e la dignità di ciascuno di noi».

Da sottolineare che il provvedimento prevede che coniugi, figli maggiorenni e genitori di immigrati dovranno essere sottoposti al test del Dna per ottenere il ricongiungimento (nel caso i consolati non siano in grado di accertare l'effettiva parentela); che le spese saranno a carico del richiedente; che il ricongiungimento non verrà più concesso automaticamente per decorrenza dei termini. Il test è già in uso in Inghilterra, Francia, Danimarca e Belgio e rappresenta un ottimo strumento nell'ottica del miglioramento delle politiche di sicurezza connesse alla gestione del fenomeno dell'immigrazione di massa.

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