lunedì 10 marzo 2008

Immigrazione. I dati del Cnel



di Antonio Maglietta - 8 marzo 2008

Nel 1970 gli immigrati stranieri regolari nel nostro Paese erano meno di 150.000, alla fine del 2007 hanno superato i 4 milioni. L'integrazione viaggia a due velocità (bene al Nord, molto male al Sud) e l'Italia, in questi ultimi anni, si è imposta come uno tra i più grandi paesi europei di immigrazione con un ritmo superiore, in proporzione, a quello degli Stati Uniti. E' questa la stringente analisi che emerge dalla fotografia scattata dal Cnel, nel V Rapporto degli Indici di integrazione degli immigrati in Italia, presentato venerdì a Roma.

Il Trentino Alto Adige è la regione italiana più attiva e più ben disposta all'integrazione sociale. E ciò è testimoniato da alcuni indicatori che riguardano la polarizzazione, la stabilità sociale e l'inserimento lavorativo degli immigrati, sulla base dei quali il Cnel ha svolto la sua indagine e ha stilato una classifica di regioni e province. Altre regioni a massimo potenziale d'integrazione sono nell'ordine, il Veneto, la Lombardia e l'Emilia Romagna.

Le regioni che, invece, denotano un basso o minimo potenziale d'integrazione sono quelle meridionali e insulari. Le ragioni di quest'ultimo dato sono varie. In genere l'integrazione si coniuga con la possibilità di trovare un posto di lavoro e con la volontà dello straniero di risiedere in maniera stanziale nella realtà territoriale. Il Sud, invece, è interessato da un flusso migratorio di passaggio (le mete sono altre: Nord Italia e Nord Europa) proprio per le scarse possibilità che ha un immigrato di trovare un lavoro stabile. Se a questo aggiungiamo che, tolti i Centri di permanenza temporanea (Cpt), c'è carenza di strutture di accoglienza, di formazione ed di indirizzo, ecco spiegato il motivo per cui il Sud, per un immigrato in cerca di lavoro (ma anche, purtroppo, di delinquere), è meno accogliente del Nord.

Per quanto riguarda le province, la medaglia d'oro in tema di integrazione va a Trento, mentre all'ultimo posto c'è Siracusa. Napoli è al 83/mo posto, Roma al 53/mo e Milano al 12/mo. Per quanto riguarda il numero di presenze degli immigrati, ai vertici del Rapporto Cnel si trovano le regioni Lombardia e Lazio, con rispettivamente quasi un quarto e un sesto del totale di presenze, tanto che si parla di Milano e Roma come delle capitali dell'immigrazione in Italia. Un'incidenza del 10% si registra, invece, in Veneto e in Emilia Romagna.

Le province con la più alta incidenza di immigrati sono Roma, Milano, Firenze, Prato, Brescia e Modena. Tra il 1994 e il 2004 il numero di immigrati presenti in Umbria e Marche sono quadruplicati, in Veneto ed Emilia Romagna sono triplicati. A livello provinciale Prato ha registrato un aumento della popolazione immigrata di ben 31 volte. Per quanto riguarda l'inserimento occupazionale si segnalano ai vertici il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia. E proprio in merito al dato regionale friulano va registrato che, giovedì scorso, il giorno prima della presentazione dei dati del Cnel, un profetico Renzo Tondo, candidato per il centrodestra alla presidenza della Regione Friuli Venezia Giulia, ha denunciato che «si assumono a tempo indeterminato gli extracomunitari, mentre per gli italiani ci sono soltanto contratti a termine». Intervenendo ad una trasmissione televisiva, Tondo ha sottolineato che nelle assunzioni gli italiani sono spesso discriminati, mentre sarebbe necessaria una normativa che favorisse «l'accoglienza alla pari». In questo senso Tondo ha affermato che la legge sull'immigrazione del Friuli Venezia Giulia «apre la porta a tutti». E meno male che è caduto il governo del presidente del Pd, Romano Prodi, aggiungiamo noi, perché in caso contrario il tana libera tutti avrebbe interessato tutta la nazione.

Antonio Maglietta

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