mercoledì 2 febbraio 2011

L'impegno del governo contro la disoccupazione



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
mercoledì 02 febbraio 2011

Ci sono aspetti positivi e negativi negli ultimi dati Istat sulla disoccupazione. Innanzitutto vale la pena di ricordare che il periodo di riferimento è dicembre 2010. Le notizie positive sono il tasso di disoccupazione generale stabile rispetto alla rilevazione del mese precedente e la piccola diminuzione di quello riguardante le donne sia su base mensile sia annuale. Quelle negative, invece, sono il consolidamento della disoccupazione giovanile e il lieve aumento del tasso di disoccupazione totale rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Il consolidamento del tasso di disoccupazione della fascia di età che va dai 15 ai 24 anni, così come il lieve aumento della disoccupazione in generale su base annuale (+0,2% da dicembre 2009 a dicembre 2010), ma non su base mensile (tasso invariato da novembre 2010 a dicembre 2010), è dovuto alla scia degli effetti negati della crisi economica mondiale. E' opportuno parlare di «scia» perché il dato negativo, con riferimento alla disoccupazione giovanile, è molto più accentuato su base annuale (+ 2,4% da dicembre 2009 a dicembre 2010) e lieve su base mensile (+0,1% da novembre 2010 a dicembre 2010). Lo stesso discorso può essere fatto, seppur con valutazioni e numeri molto più positivi, sull'andamento del dato generale riguardante la disoccupazione. I dati indicano, quindi, una stabilizzazione degli effetti della crisi economico-finanziaria sull'occupazione. Ovviamente questo non significa minimizzare il problema della disoccupazione. Ogni persona che resta a casa rappresenta una sconfitta per il sistema, oltre a tutto quello che questa condizione già comporta sul piano personale. Quindi, quando si parla di numeri, con riferimento alla disoccupazione, bisogna sempre tener presente che dietro quelle cifre ci sono delle persone.
Per avere un quadro più chiaro e completo della situazione, i numeri sulla disoccupazione italiana devono essere anche confrontati con quelli analoghi degli altri paesi europei. Secondo gli ultimi dati dell'Eurostat, la disoccupazione è rimasta invariata a dicembre, rispetto al mese precedente, nell'eurozona (10%) e nell'Ue a 27 (9,6%). Su base annuale (da dicembre 2009 a dicembre 2010), invece, c'è stato un aumento dello 0,1%. L'andamento del tasso di disoccupazione in Europa, quindi, è in linea con quello che è stato l'andamento italiano nello stesso periodo, con la differenza che nel nostro paese il tasso di disoccupazione è inferiore (8,6%) a quello della media del Vecchio Continente.
Quanto alla disoccupazione giovanile, tra i ragazzi sotto i 25 anni, a dicembre era del 20,4% nell'eurozona ed al 21% nell'Ue a 27, con il minimo in Olanda, all'8,2% ed il massimo in Spagna, al 42,8%. In Italia è al 29%. Su questo dato va fatto un discorso a parte. La disoccupazione dei giovani nel mondo del lavoro italiano è un problema che viene da lontano. I dati ci dicono che da sempre donne e giovani sono i punti deboli del sistema e, in periodo di crisi, sono i primi a essere colpiti.
E' per questo motivo che vanno accolti con grande soddisfazione i dati sulla diminuzione del tasso di disoccupazione femminile sia su base mensile (- 0,3% da novembre 2010 a dicembre 2010) che annuale (- 0,3% da dicembre 2009 a dicembre 2010). Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, nel corso del question time alla Camera dei deputati di mercoledì, rispondendo ad una interrogazione del gruppo del Popolo della Libertà sul tema della disoccupazione, con particolare riguardo a quella giovanile, presentata da Simone Baldelli e Annagrazia Calabria, ha affermato che il fenomeno dipende dal fatto che «recentemente c'è stata una forte protezione degli adulti, che si è realizzata con una regolazione del lavoro, come lo stesso articolo 18, che tende a scaricarsi sui più giovani e sulle modalità contrattuali con cui vengono assunti» e dagli ammortizzatori che si sono rivolti ai «capi famiglia». C'è, inoltre, «un forte disallineamento tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e quelle offerte dal sistema educativo». Il governo è già intervenuto sul tema degli ammortizzatori sociali iniqui, quando ad esempio ha introdotto la cassa integrazione in deroga, ma su questo punto si può e si deve fare molto di più per arrivare a creare un sistema finanziariamente equilibrato che dia a tutti quelli che oggi ne sono sprovvisti, e guarda caso si tratta nella maggior parte dei casi di giovani, una copertura sociale in grado di garantire un po' più di tranquillità.
Va comunque dato atto a questo governo di avere messo in campo una serie di azioni sul tema specifico del contrasto alla disoccupazione giovanile, innanzitutto quando ha scelto in modo lungimirante di investire sulle competenze, con il rilancio dell'apprendistato e della formazione professionale, e di implementare gli strumenti per far incontrare domanda e offerta di lavoro. A riguardo va segnalato «Cliclavoro», il nuovo portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali realizzato per favorire e migliorare l'intermediazione tra domanda e offerta di lavoro e il raccordo tra i sistemi delle imprese, dell'istruzione, della formazione e delle politiche sociali.
Ma vanno anche menzionati altri interventi importanti come il Piano triennale «Liberare il lavoro per liberare i lavori», approvato nel Consiglio dei Ministri del 30 luglio dello scorso anno, la bozza del disegno di legge delega sullo Statuto dei lavori, inviata alle parti sociali l'11 novembre scorso, il piano del ministro Meloni e, da ultimo, la cabina di regia interministeriale che vede coinvolti la stessa Meloni, la Gelmini e Sacconi. Ovviamente ci vuole tempo per valutare l'impatto di questi interventi, ma tutto si può dire tranne che il governo è stato a guardare. La disoccupazione è una condizione deprimente, soprattutto per chi è abituato ad essere attivo, ma lo sbaglio più grande che si può fare è mollare e non credere più di riuscire a rientrare nel mercato. Bisogna stringere i denti, investire su se stessi, credere nelle proprie capacità.

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