lunedì 14 febbraio 2011

IMMIGRAZIONE. OCCORRE L'INTERVENTO EUROPEO



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 14 febbraio 2011

L'instabilità politica in Tunisia ed Egitto sta alimentando i viaggi della speranza verso l'Italia, terra spesso di transito per raggiungere altre destinazioni in Europa. La situazione a Lampedusa e dintorni, dove stanno avvenendo sbarchi di clandestini con una certa regolarità, è un segnale molto chiaro a riguardo. C'è allarme anche in Francia. Il governo transalpino ha avvertito che non tollererà un esodo di massa d'immigrati clandestini dalla Tunisia o da altri Paesi. «Non vi può essere tolleranza per l'immigrazione clandestina», ha sottolineato il ministro Eric Besson, intervistato dall'emittente televisiva Canal Plus. E' bene chiarire che a guadagnarci, in tutta questa situazione, sarebbero solamente le organizzazioni criminali che lucrano sulla tratta degli esseri umani e sulle speranze di questa povera gente. A perderci, invece, tutti gli altri, immigrati compresi.

Se non vogliamo correre il fondato pericolo di essere travolti da una marea umana, dobbiamo lasciar perdere le chiacchiere dei profeti di sventura e le sterili polemiche, ragionare con raziocinio e buon senso, pensare che qualsivoglia intervento non risolverà subito la situazione, che bisognerà avere come prospettiva il medio-lungo periodo. Nell'immediato è necessario correre ai ripari muovendosi su diversi fronti: controllo e salvaguardia delle frontiere, assistenza in mare e su terraferma agli immigrati clandestini, diplomazia.

Sul fronte della salvaguardia delle frontiere va accolta positivamente la dichiarazione del ministro Frattini, che vuole ripristinare i pattugliamenti nel Mar Mediterraneo, un meccanismo che fino a un mese fa aveva riportato a zero l'immigrazione clandestina. Questo è un dato di fatto difficilmente contestabile e, quindi, ripresentare questo piano d'intervento non può che essere un'azione positiva nell'ottica del contenimento del fenomeno.

Per quanto riguarda invece l'assistenza in mare e su terraferma agli stranieri in fuga dai loro Paesi, l'Italia non deve far altro che continuare con quello che ha sempre fatto: agire nel pieno rispetto delle regole nazionali e internazionali, con quell'umanità che da sempre ha contraddistinto il lavoro svolto dai nostri operatori, sia civili sia militari. Ma una cosa è la doverosa assistenza alle persone, tutt'altra è la concessione dell'asilo. Sempre il ministro francese Besson, parlando della situazione nel suo Paese e della concessione dell'asilo, ha affermato che «alcuni possono avere diritto». In vista dell'eventuale elargizione del beneficio non si dovrà insomma trattare - ha spiegato - di una «decisione collettiva», bensì sarà necessario «analizzare caso per caso» la situazione dei richiedenti. Insomma, in Francia mettono le mani avanti e nessuno si sogna minimamente di concedere il diritto d'asilo a tutti i richiedenti, com'è successo di sentire qui in Italia, dove peraltro non si capiscono bene quali siano i presupposti e la prospettiva di lungo periodo di una tale proposta assurda.

Il piano diplomatico è quello più delicato, ma è anche quello su cui bisogna puntare con più decisione per affrontare il problema. In questo ambito le direttrici di intervento sono tre: sul tavolo delle relazioni internazionali per promuovere azioni che stabilizzino la Tunisia e l'Egitto, su quello dei rapporti bilaterali con i Paesi di provenienza e, infine, in ambito comunitario.

Il ministro Frattini ha proposto un «Piano Marshall per il Mediterraneo», in modo da promuovere economicamente la transizione democratica in Egitto e Tunisia. Si tratta di una proposta di buon senso, che va sostenuta. Lo sviluppo economico di quelle aeree è l'unico mezzo realistico per diminuire le partenze nel medio-lungo periodo. Se 32 milioni di egiziani, su un totale di 80, vivono con meno di 2 dollari al giorno, la via da intraprendere non può che essere quella. Il titolare della Farnesina incontrerà anche il primo ministro del governo di transizione tunisino, Mohammed Gannouchi, con cui parlerà di pattugliamenti al largo delle coste tunisine, aiuto con mezzi navali e terrestri e, come preannunciato dal ministro dell'Interno, Roberto Maroni, di un contingente di poliziotti per frenare il flusso di migliaia di disperati che stanno sbarcando in questi giorni a Lampedusa. Il problema della collaborazione con i Paesi di provenienza degli immigrati, vista la situazione in cui versano Egitto e Tunisia, è forse l'aspetto più problematico per quanto riguarda le garanzie che possono arrivare sull'attuazione degli eventuali accordi. Tuttavia non c'è altra strada realisticamente percorribile.

Destano stupore, infine, le dichiarazioni del commissario europeo agli Affari Interni, Cecilia Malmstroem, in risposta a quelle del ministro dell'Interno italiano («Siamo soli, l'Europa non sta facendo nulla», aveva detto Maroni. «Sono allibito da questo approccio burocratico»): «Sono stata formalmente in contatto sabato scorso con le autorità italiane, a cui ho chiesto in che modo la Commissione poteva fornire sostegno. La loro risposta è stata: "No, grazie, in questo momento non ne abbiamo bisogno"». Con tutta la buona volontà, sembra davvero difficile che un Paese come l'Italia, in una situazione del genere, rifiuti un aiuto che da sempre reclama. E infatti Maroni ha affidato una secca replica al suo portavoce: «Non è vero che l'Italia ha rifiutato l'aiuto offerto dalla Commissione europea per fronteggiare l'emergenza sbarchi dalla Tunisia. Maroni e Malmstroem - spiega una nota - si sono sentiti sabato scorso ed il ministro ha avanzato alcune richieste, peraltro non nuove: l'intervento di Frontex per controllare il Mediterraneo, gestire i centri per gli immigrati e rimpatriare i clandestini, nonché il rispetto del principio del burden sharing, che cioè siano tutti i Paesi dell'Unione a farsi carico di rifugiati e clandestini».

L'Italia non è il solo Paese che rischia di essere travolto dall'ondata di clandestini proveniente da Egitto e Tunisia. Sappiamo, come detto, che è a rischio anche la Francia e, indirettamente, tutto il resto d'Europa. Il problema è che Francia e Italia sono le porte d'ingresso e, volenti o nolenti, sentono il problema in modo diverso rispetto ad altri Paesi del Vecchio Continente. Non siamo certo al «mal comune, mezzo gaudio», ma ad una prospettiva in cui due voci in Europa che chiedono la stessa cosa, ossia una politica solidale nell'Unione in tema di salvaguardia delle frontiere esterne, gestione della fase assistenziale e concessione del diritto di asilo, è molto meglio di una in cui ce n'è una sola.

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