lunedì 26 ottobre 2009

Riforma degli ammortizzatori sociali dopo la crisi



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 23 ottobre 2009

«Nella dialettica sul posto fisso la parola chiave sono gli ammortizzatori sociali anche se c'è uno strumento che viene prima: è il diritto della persona alla conoscenza e alla competenza». Lo ha ribadito il titolare del Lavoro, Maurizio Sacconi, nel suo intervento all'assemblea elettiva della Cna evidenziando che se una persona è autosufficiente nel mercato attraverso la conoscenza e la competenza «allora costruiamo persone occupabili». E per il ministro questo vuol dire «fare delle scelte e ritenere che il lavoro deve essere la parte del processo educativo della persona».

Sacconi ha centrato in pieno i termini della questione. In generale l'ideale sarebbe fare (bene) un lavoro che piaccia (e qui non centra il Legislatore), sia esso con contratto a tempo indeterminato, a termine o con partita iva, senza forzature estreme da parte del Legislatore che irrigidiscano o precarizzino il mercato del lavoro ma con interventi in grado di dare una certa stabilità al percorso lavorativo di una persona. Ed è per questo che occorre portare al centro della discussione inerente le dinamiche del mercato del lavoro una riforma degli ammortizzatori sociali che allarghi la platea dei potenziali beneficiari, in modo positivo e non parassitario, verso quelle forme di protezione sociale in grado di dare una certa stabilità e serenità. Il primo passo è già stato fatto (art. 2, comma 36, della legge n. 203/2008; art. 19 della legge n. 2/2009; art. 7-ter della legge n. 33/2009) con l'allargamento della cassa integrazione ad una parte di lavoratori che prima non ne beneficiavano e la speranza è che questa breccia aperta nell'iniquo sistema del welfare nostrano sia l'inizio di un percorso che modifichi lo status quo.

Il governo ha confermato l'intenzione di voler riformare gli ammortizzatori sociali, anche se, secondo il ministro Sacconi, «quello della grande crisi non è il momento più idoneo per farlo». Lo stesso ministro ha precisato l'intenzione di «voler mantenere il concetto assicurativo dell'ammortizzatore sociale». «Dobbiamo pensare a mantenere un sistema degli ammortizzatori a due pilastri: indennità di disoccupazione da un lato, e cassa integrazione o contratto di solidarietà fondato sul ruolo delle parti sociali, non privatistico ma che preveda un prelievo, anche obbligatorio, attraverso la bilateralità», ha detto il ministro. «Siamo pronti a discutere la riforma degli ammortizzatori sociali ma dobbiamo uscire dalla condizione nella quale necessariamente dovremmo fare cose che possono essere in contraddizione con ciò che pensiamo di fare a regime».

Secondo il Rapporto Svimez 2009 l'anomalia del sistema del welfare italiano è soprattutto nella sua composizione, troppo sbilanciata verso i trattamenti previdenziali, ai quali destina circa il 20% in più degli altri partners europei. «Per quel che riguarda la spesa per le politiche di sostegno al reddito, nei casi di disoccupazione o di corsi di formazione per il reinserimento nel mercato del lavoro, restano forti differenze tra i vari Stati europei: la media dell'Ue è del 5,6% sul totale ma varia tra il 12% di Belgio e Spagna e il 2% dell'Italia. La riorganizzazione e razionalizzazione della spesa sociale passa attraverso la realizzazione di politiche di welfare to work, puntando sempre più su un'inclusione attiva nel mercato del lavoro. Ma tale obiettivo è condizionato dal sistema previdenziale, in particolare per quel che riguarda la sua sostenibilità finanziaria. Oggi l'Italia è tra i partners Ue quello con la maggiore incidenza degli oneri previdenziali sul totale delle prestazioni sociali».

Insomma è chiaro che in Italia c'è un doppio squilibrio nel sistema del welfare: uno tra prestazioni pensionistiche e prestazioni a sostegno del redditto e l'altro all'interno dei beneficiari di queste ultime. La volontà del governo di non voler lasciar indietro nessuno è certamente la strada migliore per portare finalmente in equilibrio il sistema.

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