domenica 20 settembre 2009

Occupazione stabile in Italia nell'ultimo trimestre


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 18 settembre 2009

La crisi economica ha innescato un'emorragia occupazionale che a livello mondiale provocherà, quest'anno, tra 39 e 61 milioni di disoccupati in più rispetto ai livelli del 2007. Lo rende noto l'Agenzia internazionale per il lavoro in un rapporto pubblicato in vista del G20 dei capi di Stato e di governo del 24-25 settembre a Pittsburgh (Usa). Il totale dei disoccupati nel mondo sarà tra 219 e 241 milioni di persone, il livello più alto mai registrato. Sempre secondo l'agenzia dell'ONU, i piani anticrisi approntati dai paesi del G20 dovrebbero salvare dai 7 agli 11 milioni di posti, creandone nuovi o preservandone altri già esistenti. La disoccupazione nei paesi del G20, senza l'utilizzo di queste misure, sarebbe stata tra il 29% e il 43% più alta. Dallo studio è emerso anche che le sei misure più frequentemente adottate rientrano tra quelle elencate nel «Patto globale sul lavoro», siglato il 19 giugno scorso dai 183 paesi che aderiscono all'ILO: aumento della spesa per le infrastrutture, sgravi fiscali e misure a favore del credito per le piccole imprese, programmi e strutture di formazione, consultazioni con le organizzazione datoriali e di rappresentanza dei lavoratori, protezione sociale tramite erogazione di aiuti economici.

Secondo l'ultimo bollettino della Commissione Europea sulla situazione dell'occupazione, la disoccupazione in Europa è aumentata di nuovo in luglio, anche se in misura più moderata rispetto ai primi quattro mesi dell'anno. Particolarmente colpiti giovani (tasso di disoccupazione al 19,8%) e immigrati. Il rapporto segnala che, rispetto al trimestre precedente, la situazione occupazionale risulta sostanzialmente stabile in Italia e in negativo in quasi tutti gli altri paesi: in Spagna -1,3%, nel Regno Unito -0,9%, in Germania -0,3%. Secondo l'ultimo rilevamento, complessivamente nella UE ci sono 21,8 milioni di disoccupati, con un aumento di 5,1 milioni rispetto a luglio 2008. In Spagna i disoccupati in luglio erano 4,3 milioni (18,5%), in Francia 2,8 milioni (9,8%), nel Regno Unito 2,4 milioni (7,7%), in Italia 1,9 milioni (7,4%), in Germania 3,3 milioni (7,7%), in Polonia 1,4 milioni (8,2%).

Insomma, in Europa e nel mondo l'emorragia di posti di lavoro in un anno è stata enorme, ma sembra che, almeno nel Vecchio Continente, ci siano i primi segnali di rallentamento, fermo restando che le previsioni sull'andamento del mercato del lavoro per i prossimi mesi restano molto sfavorevoli. In questo quadro a tinte fosche, il nostro paese ha mostrato, numeri alla mano, di saper rispondere in maniera egregia sul lato della tenuta occupazionale, nonostante il calo del PIL nel 2009 del 5,2%, così come stimato dall'Interim Economic Assessment dell'OCSE il 3 settembre scorso. Abbiamo reagito meglio agli effetti della crisi economica mondiale rispetto ai nostri partner europei, ma questo non vuol certo dire che bisogna abbassare la guardia, perché lo stato di sofferenza di alcune realtà produttive è una realtà.

Ma l'essere realisti non può non far guardare con ottimismo al futuro quando si leggono i dati comparati con gli altri paesi sull'occupazione o gli ultimi diffusi dell'ISTAT sul fatturato e gli ordinativi nell'industria, dove si registrano i primi, seppur ancora timidi, segnali di ripresa grazie all'export (nel mese di luglio il fatturato dell'industria ha registrato un aumento dello 0,7% rispetto al mese precedente; gli ordinativi, invece, hanno segnato un aumento del 3,2% rispetto a giugno 2009). Il ministro dello Sviluppo Economico, Claudio Scajola, ha sottolineato a riguardo che «questo significa che la ripresa si sta rafforzando e potrebbe essere più sostenuta di quanto indicato nei giorni scorsi dalla Commissione Europea, la quale prevede per il terzo trimestre un aumento del PIL dello 0,2% dopo i forti cali dei trimestri scorsi. E' evidente" - ha aggiunto il ministro - che dobbiamo accelerare al massimo la ripresa per sostenere le imprese e l'occupazione ed evitare contraccolpi sul mercato del lavoro».

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