mercoledì 16 settembre 2009

Immigrazione: i burocrati Onu attaccano, chi salva le vite in mare risponde



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 15 settembre 2009


L'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Navi Pillay, denuncia le politiche nei confronti degli immigrati, «abbandonati e respinti senza verificare in modo adeguato se stanno fuggendo da persecuzioni, in violazione del diritto internazionale». L'Alto commissario cita il caso del gommone di eritrei rimasto senza soccorsi tra la Libia, Malta e Italia ad agosto e spiega che «in molti casi, le autorità respingono questi migranti e li lasciano affrontare stenti e pericoli, se non la morte, come se stessero respingendo barche cariche di rifiuti pericolosi». Oggi, aggiunge, «partendo dal presupposto che le imbarcazioni in difficoltà trasportano migranti, le navi le oltrepassano ignorando le suppliche d'aiuto, in violazione del diritto internazionale».

Il richiamo ha sollevato la giusta reazione indignata delle forze di maggioranza, della Farnesina e dell'ambasciatore italiano presso le organizzazioni internazionali Laura Mirachian. L'immigrazione è un fenomeno talmente complesso che trattarlo con la superficialità dell'attuale Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, che parla nel migliore dei casi di fatti che non conosce, significherebbe tapparsi gli occhi e non vedere quello che succede.

Innanzitutto bisogna dire che l'episodio del gommone di eritrei cui fa riferimento Pillav è oggi all'attenzione della Procura di Agrigento che sta conducendo un'inchiesta su quel caso. Fermo restando, quindi, che del caso se ne sta occupando la magistratura possiamo comunque dire, riprendendo le dichiarazioni del ministro Frattini del 26 agosto scorso durante la trasmissione «Faccia a Faccia» su Radio Tre, che gli equipaggi delle navi che avvistarono il gommone carico di migranti eritrei e «voltarono la faccia dall'altra parte... non erano italiani» e che «gli eritrei hanno dichiarato che non erano italiani ma gente che parlava inglese».

Fatta chiarezza sul caso specifico, che comunque pone un punto a favore del nostro paese che invece di fare chiacchiere preferisce salvare vite umane, va detto che l'Italia è in prima linea nei soccorsi in mare dei clandestini e nel ristoro a terra degli stessi. Le parole di Pillav mortificano l'ottimo lavoro svolto dalle nostre forze dell'ordine, che nel silenzio, con passione e coraggio salvano tante vite umane in mare, e dai tanti volontari che si occupano della cura su terra ferma delle persone soccorre. Ma l'Italia è anche sola nel fare tutto questo e perciò da diverso tempo ha chiesto che il problema degli sbarchi (che non è la fonte maggiore del fenomeno della clandestinità ma certamente quello che più colpisce dal punto di vista mediatico) sia affrontato in un'ottica comunitaria. Tuttavia quello che davvero manca è un piano globale che promuova la collaborazione su più fronti (da quello della sicurezza a quello economico) tra i paesi di origine, transito ed arrivo dei flussi di immigrati e tra organismi sovranazionali come Unione europea e Unione africana.

Non si può puntare il dito contro un paese solo perché non accetta di seguire la fallimentare e pericolosa politica dell'accoglienza illimitata, che pulisce la coscienza degli ipocriti, porta problemi che non saranno certo loro a dover affrontare e sicuramente non è né in grado di rispondere alle esigenze degli immigrati né di risolvere le questioni che spingono gli stessi ad abbandonare le proprie terre. E allora la via da intraprendere non può che essere quella del doppio binario, che da un lato prevede un'accoglienza sostenibile, limitata alle reali capacità del paese (non solo in base ai soli posti di lavoro ma anche tenendo conto di altri parametri come ad esempio le politiche sociali e quelle scolastiche), e dall'altro una serie di progetti di cooperazione, in primis quella allo sviluppo, tra paesi di origine, transito e arrivo dei flussi, con l'apporto di organismi sovranazionali come Unione europea ed Unione africana, per sviluppare l'economia dei paesi di origine e colpire alla fonte i motivi economici che stanno alla base delle dolorose scelte degli immigrati di lasciare le loro terre.

L'Italia sta già facendo la sua parte. L'accordo bilaterale con la Libia per contrastare il fenomeno degli sbarchi clandestini funziona e sarebbero circa mille i clandestini respinti nei primi 4 mesi. Secondo i dati forniti dal Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si è registrata una diminuzione del 92% dell'arrivo di clandestini in Italia. Dal primo respingimento sono giunti in Italia 1.345 clandestini, contro i 14.220 dello stesso periodo dell'anno scorso. Di questi ne sono arrivati dalla Libia solo 1.300, invece di 14.000. Inoltre, con la piattaforma dei progetti di cooperazione allo sviluppo della Farnesina e con il «Piano Africa» del Ministero dello Sviluppo economico, in collaborazione con quello degli Esteri, è iniziato un percorso che punta, oltre che ad incentivare il processo di internazionalizzazione delle nostre imprese, allo sviluppo economico delle aeree di origine dei flussi di immigrati extracomunitari al fine di ridurre nel tempo le partenze per motivi economici.

La prossima volta si informi la signora Navi Pillay prima di parlare con colpevole superficialità di questioni specifiche che non conosce e, più in generale, contro le politiche nazionali di un paese come il nostro che al posto di perdere tempo in inutili polemiche con qualche burocrate dei vari organismi sovranazionali preferisce dedicarsi, nella più assoluta solitudine, al salvataggio delle vite umane.

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