sabato 12 aprile 2008

Immigrazione. La linea dura di Zapatero



di Antonio Maglietta - 12 aprile 2008

Il nuovo governo socialista di José Luis Zapatero promuoverà il rimpatrio volontario degli immigrati che perdono il lavoro come conseguenza del rallentamento economico. Lo ha affermato martedì lo stesso Zapatero, durante la sua esposizione programmatica davanti al parlamento spagnolo in vista dell'investitura. «Dovremo promuovere formule nuove - ha detto Zapatero - che incentivino gli immigrati, che potranno perdere il loro lavoro nei prossimi mesi, a tornare al loro paese per sviluppare definitivamente lì la loro vita». Fra queste formule, il premier spagnolo ha citato «la capitalizzazione dei sussidi di disoccupazione già maturati o la concessione di microcrediti», misure che «il governo esplorerà con carattere immediato». Zapatero ha ribadito che l'immigrazione legale «gioca un ruolo fondamentale nella nostra crescita economica e nella sostenibilità del nostro modello sociale», e in particolare delle pensioni: si calcola che con i contributi degli immigrati si paghino circa un milione di pensioni nel paese iberico. Il leader socialista ha anche ricordato che gli immigrati legali contribuiscono alla «ricchezza sociale e culturale» del paese, ma ha ribadito che ci vuole il pugno di ferro contro l'immigrazione illegale: «Continueremo a migliorare i controlli in entrata, le espulsioni e i rimpatri: schiereremo più mezzi per controllare le frontiere e combatteremo la tratta degli esseri umani».

Insomma, tutt'altra musica rispetto al centrosinistra italiano, che tanto si è spellato le mani per applaudire la vittoria di Zapatero nelle ultime elezioni politiche in Spagna. In Italia il centrosinistra, da Prodi a Veltroni, passando per Ferrero e Amato, propone l'introduzione nel nostro ordinamento degli istituti della sponsorizzazione e dell'autosponsorizzazione per fare entrare nel nostro paese immigrati privi di un pregresso contratto di lavoro; in Spagna, invece, il premier socialista sta studiando nuove formule per agevolare il rimpatrio volontario degli stranieri che perdono il posto di lavoro ed hanno difficoltà a trovarne uno nuovo. La sinistra nostrana vuole chiudere i Cpt mentre, nella penisola iberica, i suoi colleghi parlano di maggiori controlli in entrata, di espulsioni e di rimpatri. Qualcosa non quadra. Ma dove? Nel centrosinistra italiano o in quello spagnolo?

In Spagna, secondo le statistiche ufficiali, a fine 2007 erano residenti regolari 3.979.014 cittadini stranieri, poco meno del 10% della popolazione. Molti sono impiegati nel settore delle costruzioni, che ha trainato il boom economico della Spagna negli ultimi anni, ma che ora è in grave crisi: secondo uno studio della Kpmg (network globale di società di servizi professionali), si prevede che 1.200.000 persone perderanno il proprio lavoro in questo settore tra il 2008 e il 2009, e buona parte di questi saranno immigrati. Un problema che rischia, quindi, di produrre conseguenze catastrofiche dal punto di vista sociale se non saranno prese in fretta le opportune decisioni. Ha detto martedì scorso Zapatero: «En mi idea de España la inmigración regulada y ordenada es una oportunidad. Por eso, desde 2004 definimos como elemento clave en la política migratoria la relación laboral, el trabajo. Es el trabajo lo que posibilita la integración del inmigrante, lo que le permite convertirse en un componente más de una colectividad provista de derechos y de obligaciones».

Viene da chiedersi: quale motivo spinge il centrosinistra italiano a non voler capire che lo stretto legame tra permesso di soggiorno e contratto lavoro è l'unica via possibile per regolare razionalmente i flussi degli immigrati?

Antonio Maglietta

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