mercoledì 19 dicembre 2007

Le incaute rimozioni del governo di centrosinistra


di Antonio Maglietta - 18 dicembre 2007

E' da un pò di tempo evidente che qualcuno, nel governo, ha perso la bussola del senso del dovere istituzionale e, pur di innescare un gioco di potere e di poltrone che gli permetta di sopravvivere alle intemperie che si stanno per abbattere su Palazzo Chigi e dintorni, ha deciso irresponsabilmente di calpestare tutto e tutti: uomini, leggi e, più in generale, lo stesso stato di diritto. Le figuracce inanellate da Prodi e Padoa-Schioppa con i casi Petroni (CdA Rai) e Speciale (Guardia di Finanza), che hanno fatto perdere il proverbiale sorriso al ministro dell'Economia, sembrano non aver insegnato nulla a chi pensa che le istituzioni possano essere usate a proprio uso e consumo.
Ora, forse si profila un altro caso simile. Questa volta, però, il protagonista è il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero. Spesso fortemente critico con le scelte del governo, ma nei fatti mai coerente con le sue parole, Ferrero ha forse deciso di seguire il non proprio edificante esempio del collega del ministero di Via XX settembre, e sta cercando di forzare un po' la mano - tanto per usare un eufemismo - per cambiare gli assetti dirigenziali che fanno riferimento al suo dicastero. «Per cacciarmi, il governo, con il ministro Ferrero, cambia nome e statuto all'Ente che presiedo, l'Istituto Italiano di Medicina Sociale, dopo il tentativo di commissariamento andato a vuoto per l'intervento del Consiglio di Stato: il mio caso è analogo al caso Speciale nella Guardia di Finanza e al caso Petroni al CdA della Rai». Sono dure le accuse lanciate da Antonio Guidi, ex ministro per le Politiche Familiari nel governo Berlusconi, da tre anni presidente del citato Istituto, poi commissariato nel maggio scorso e a fine novembre reintegrato dal Consiglio di Stato al vertice di quello che ora, secondo le intenzioni comunicate da Ferrero, dovrebbe diventare l'Istituto per gli Affari Sociali, perdendo la qualifica sanitaria e cambiando dunque in parte la sua ragione sociale e l'attuale dirigenza.
«Contro di me sono scesi in azione i "bombardieri"», protesta Guidi. «Forse non vogliono che continui ad indagare sulle tante malefatte del passato, a cominciare dall'eccesso di contratti esterni firmati dall'Istituto. Alla magistratura, alla Corte dei Conti e ai carabinieri ho già esposto elementi di grandissima preoccupazione in merito. Io - spiega - non ne faccio una questione di lesa maestà, ma in nome di uno spoil-system scriteriato e scellerato si arriva, pur di sostituirmi, addirittura ad attaccare un Istituto che vanta una tradizione lunga ottant'anni». E sulle aspettative Guidi è chiaro: «Spero che il presidente del Consiglio Romano Prodi venga a conoscenza di quello che sta accadendo, perché credo non ne sappia ancora nulla. E' un uomo saggio e non credo che permetterà di fare scempio di un Istituto solo per togliere di mezzo il suo presidente. Quanto a me, che fui nominato presidente da Berlusconi circa tre anni fa, non voglio certo esserlo a vita. Ma intendo resistere, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, per portare a termine l'operazione di pulizia e di trasparenza che ho iniziato e per la quale forse sono adesso attaccato».
Già Libero di Vittorio Feltri aveva denunciato il caso in un articolo del 7 dicembre scorso: «Lo hanno prima emarginato. Poi commissariato. Infine, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato che restituiva al professor Guidi la sua carica illegittimamente revocata, lo hanno mobbizzato. Gli hanno tolto il fax, staccato il telefono, impedito l'accesso ai documenti, militarizzato l'ufficio. Gli hanno persino tolto l'auto di servizio, conoscendo le sue difficoltà motorie. Per giorni, Antonio Guidi, pur di lavorare ha dovuto utilizzare il suo telefonino personale». Insomma, un trattamento con i fiocchi.
Ma Guidi resiste e va avanti nella sua battaglia. Dopo Petroni e Speciale, si prospetta una ennesima figuraccia per il governo con il caso Guidi? Non c'è due senza tre, tanto dalle parti di Palazzo Chigi, da quando c'è il Professore, sono abituati a fare brutte figure e tirare avanti come se nulla fosse. Poco importa, se c'è né una in più o una in meno, a chi non ha rispetto per il ruolo istituzionale che ricopre.

Antonio Maglietta

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