martedì 11 dicembre 2007

Il rapporto Censis e l'immigrazione

di Antonio Maglietta - 11 dicembre 2007

Attualmente tutto il sistema istituzionale in materia di immigrazione si basa sul ruolo centrale che riveste il Ministero dell'Interno (questioni direttamente legate alla sicurezza pubblica, all'asilo, alla cittadinanza, nonché alcuni aspetti relativi all'integrazione), intorno al quale agiscono, a seconda delle questioni, diverse altre amministrazioni:
- Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale (attraverso il ruolo delle Direzioni provinciali del lavoro in materia di contratti);
- Ministero della Solidarietà Sociale (vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non comunitari e neo comunitari, nonché coordinamento delle politiche a favore dell'integrazione sociale);
- Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità (tutela delle vittime di tratta, lotta alle discriminazioni ed al razzismo, contrasto delle mutilazioni genitali femminili, tutela dei diritti umani);
- Ministero degli Affari Esteri (accertamento del possesso dei requisiti necessari per ottenere il visto di ingresso in Italia e rilascio del visto stesso).
Secondo l'ultimo rapporto del Censis sulla situazione sociale del Paese in materia di immigrazione: se si considera il numero di amministrazioni da cui dipendono le principali decisioni in merito all'immigrazione e che sono incaricate di svolgere i compiti essenziali per la gestione della materia ma, soprattutto, se si guarda agli ambiti di possibile sovrapposizione potrebbe legittimamente sorgere il dubbio (che infatti è stato da più parti sollevato) se un fenomeno così complesso possa essere gestito con la dovuta efficienza e tempestività da una tale pluralità di soggetti. Inoltre, come risulta evidente dall'architettura istituzionale in materia, sembra evidente che l'intero sistema ruoti intorno al dato della sicurezza, e che tutte le questioni vengano trattate in un clima di perenne emergenza. In tal senso, un primo passo auspicabile, da fare anche in tempi brevi, sarebbe quello di cercare di uscire da questo clima ed arrivare a regolare il fenomeno con una programmazione dove siano chiare le responsabilità, i meriti ed i demeriti. Insomma, occorre costruire un sistema in cui vi sia l'azione integrata, coordinata e non confusa, di diversi soggetti (Ue, paesi di origine, associazioni datoriali italiane ecc.), che è impensabile non coinvolgere in una materia che, essendo tanto delicata e complessa, trascende anche i confini e gli interessi nazionali. L'introduzione della blu card, lo strumento per attirare lavoratori altamente qualificati nella Ue, su proposta del Vice-Presidente della Commissione europea Franco Frattini, è un esempio positivo in tal senso.
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti del fenomeno legati alla questione dell'integrazione, nello stesso rapporto si evidenzia come: nel corso dell'ultimo anno compaiono i primi segnali d'insofferenza nei confronti degli stranieri, in particolare verso alcune comunità come quella dei rumeni e dei Rom; e iniziano ad apparire le prime crepe nel sistema d'integrazione. In pratica è emerso che proprio sotto il governo di centrosinistra, così attivo nelle chiacchiere sulle politiche di integrazione quanto immobile ed impalpabile negli atti concreti, il sistema dell'accoglienza è diventato sempre più traballante; e di pari passo è aumentata anche l'insofferenza degli italiani verso alcune componenti straniere, a causa dell'aumento dei crimini nel nostro Paese, direttamente collegato con l'ingresso in Italia di un considerevole numero di persone che avevano come unico scopo quello di delinquere sotto l'egida di una legislazione più morbida rispetto a quelle del loro Paese di origine. In questo caso un Paese moderno avrebbe dovuto rendersi attivo nelle politiche di accoglienza e di contrasto al crimine per tracciare un solco profondo tra chi ha voglia di lavorare ed integrarsi e chi vuole solo delinquere e continuare a vivere nell'impunità.
Lo straniero che delinque, inoltre, danneggia anche il connazionale che cerca solo di vivere onestamente lavorando, spesso anche in condizioni difficili, e che si ritrova, senza alcuna colpa, nello stesso calderone delle accuse per l'aumento del tasso di criminalità della componente straniera della società italiana. E' chiaro che non esistono bacchette magiche e la rigida separazione tra onesti e delinquenti non è una questione semplice da affrontare, anche perché spesso ci si trova dinanzi a casi in cui le linee di confine legalità/illegalità, onesto/delinquente, siano, allo stato attuale, veramente sottili ed impossibili da decifrare con chiarezza; ma almeno ci doveva essere la volontà di mettere in campo un piano di azione concreto, che desse almeno la percezione alle comunità straniere che vivono in Italia, ma anche alle singole coscienze che decidono di venire nel nostro Paese, che in generale il sistema italiano è tendenzialmente accogliente con l'onesto e severo con il delinquente. Invece chi arriva in Italia ha la sensazione che delinquere sia più conveniente che lavorare. Questo è il dato fondamentale che potrebbe creare situazioni pericolose ed effetti negativi che rischiamo di trascinarci anche nel medio e lungo periodo.

Antonio Maglietta

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