venerdì 1 luglio 2011

L'accordo sulla rappresentanza sindacale e la validità dei contratti



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
giovedì 30 giugno 2011

Dopo una trattativa tutt'altro che facile e scontata, è stata siglata l'intesa tra la Confindustria e i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) su un documento comune in materia di validità dei contratti e rappresentatività delle sigle sindacali. Sul tema è possibile fare una premessa, parlare dei contenuti dell'accordo e fare almeno tre considerazioni.

La premessa: questo testo non sostituisce l'accordo quadro del 2009, non firmato dalla Cgil, anche perché riguarda temi differenti. Quello del 2009 aveva ad oggetto la riforma degli assetti contrattuali, mentre quest'ultimo riguarda le nuove regole per la rappresentanza sindacale, le garanzie di efficacia per gli accordi firmati dalla maggioranza dei rappresentanti dei lavoratori, la definizione degli ambiti di interesse dei contratti nazionali e di quelli aziendali.

Veniamo al contenuto dell'accordo. La rappresentanza. Per la certificazione della rappresentatività delle sigle sindacali per la contrattazione collettiva nazionale di categoria, faranno fede i dati associativi riferiti alle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori (certificate dall'Inps). Questi dati verranno poi trasmessi al Cnel e ponderati con i consensi ottenuti nelle elezioni periodiche delle rappresentanze sindacali unitarie, da rinnovare ogni tre anni. Per la legittimazione a negoziare sarà necessario che il dato di rappresentatività così realizzato per ciascuna organizzazione sindacale superi il 5% del totale dei lavoratori della categoria cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro. La media ponderata tra deleghe e voti nelle elezioni delle Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) è un buon compromesso, che da un lato pone uno sbarramento tale da evitare di conferire legittimazione a soggetti non certo rappresentativi, e dall'altro attenua ma certamente non spegne le polemiche sul reale livello di rappresentatività dei confederali.

L'altro punto fondamentale sul quale è stata raggiunta l'intesa è quello della validità dei contratti. Un contratto collettivo aziendale sarà valido se firmato dalla maggioranza delle Rsu e, nel caso fosse approvato dalle Rsa (rappresentanze sindacali aziendali), dovrà essere sottoposto al voto dei lavoratori a seguito di una richiesta avanzata, entro 10 giorni dalla conclusione del contratto, da almeno una organizzazione firmataria dell'accordo o almeno dal 30% dei lavoratori dell'impresa. Per la validità della consultazione sarà necessaria la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto. L'intesa sarebbe respinta con il voto espresso dalla maggioranza semplice dei votanti. Inoltre, se i contratti aziendali stabiliscono regole di tregua sindacale, i sindacati devono rispettarle. L'accordo prevede anche che i contratti collettivi aziendali che definiscono clausole di tregua sindacale finalizzate a garantire l'esigibilità degli impegni assunti con la contrattazione collettiva, abbiano effetto vincolante esclusivamente per tutte le rappresentanze sindacali dei lavoratori ed associazioni sindacali firmatarie dell'accordo interconfederale operanti all'interno dell'azienda, e non per i singoli lavoratori. E' chiaro che si tratta di un passo fondamentale in tema di esigibilità dei contratti aziendali, laddove s'impegnano le organizzazioni sindacali a rispettarli, instaurando anche una sorta di pax che sicuramente avrà effetti benefici sul difficile terreno delle relazioni industriali e sugli accordi per lo sviluppo delle realtà produttive. Si introduce, inoltre, una pluralità nei modelli di rappresentanza e la definizione condivisa di regole per decidere a maggioranza anche nei casi in cui esistano forti divergenze.

Altra decisione molto importante, raggiunta per via pattizia, è stata quella di disporre che i contratti collettivi possano prevedere, anche in via temporale e sperimentale, modifiche rispetto ai contratti nazionali.

La prima considerazione, che tocca punti che vanno oltre i contenuti dell'accordo, riguarda il tema dell'unità sindacale. Dopo molto tempo si registra un comune impegno da parte delle tre sigle dei confederali a sottoscrivere accordi importanti senza imboccare derive isolazioniste. Susanna Camusso è stata molto coraggiosa e lungimirante nella scelta di riportare la Cgil sulla via della contrattazione ragionevole, lontana dall'alzare barricate a tutti i costi. Ha capito, forse, che l'isolamento non era utile né per il futuro del sindacato che guida e neppure per gli interessi dei lavoratori che rappresenta. E' pur vero, però, che questa decisione ha comportato uno strappo prevedibile in seno alla stessa Cgil.

E qui va fatta la seconda considerazione. I vertici della Fiom-Cgil hanno duramente criticato la scelta della Camusso di mettere la firma sull'accordo. Sono volate parole grosse tra la stessa Camusso e il leader dei metalmeccanici rossi, Maurizio Landini. La Fiom contesta al vertice dell'organizzazione di cui fa parte di aver avallato un accordo che non solo non prevede il voto di tutti i lavoratori, ma indebolisce il contratto nazionale, aprendo alle deroghe su cui per anni è stato detto no. Indipendentemente da come andrà a finire lo scontro interno alla Cgil, quest'ultimo avvenimento è la riprova che la Camusso non controlla un pezzo importante della sua organizzazione e che la Fiom, da rappresentante dei metalmeccanici, ormai parla a nome dell'universo mondo dei lavoratori, infischiandosene delle posizioni prese dai vertici della sigla confederale a cui appartiene.

La terza e ultima considerazione riguarda la questione Fiat. La minaccia del Lingotto di uscire da Confindustria resta d'attualità. L'accordo raggiunto da imprenditori e sindacati sui contratti e sulle rappresentanze non ha dato le risposte attese dall'amministratore delegato Sergio Marchionne. Nonostante l'intesa unitaria sui contratti, l'ad di Fiat, in una lettera inviata a Emma Marcegaglia, ha avvertito che l'azienda, in assenza di garanzie, alla fine del 2011 uscirà da Confindustria. L'accordo raggiunto ieri tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil, si legge nella lettera, è «sicuramente un risultato di grande rilievo», però «spero che il lavoro prosegua con ulteriori passi che ci consentano di acquisire quelle garanzie di esigibilità necessarie per la gestione degli accordi raggiunti per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco». In caso contrario, Fiat e Fiat Industrial «saranno costrette ad uscire dal sistema confederale con decorrenza dal 1° gennaio 2012».

Il nodo Fiat dev'essere risolto, e per questo il governo sta valutando una legge ad hoc. Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ha dichiarato che «è evidente che il caso Fiat andrà risolto, vedremo come. Ma certo sarebbe assurdo che, una volta deposte le armi e trovata un'intesa unitaria sulle regole, permanesse una situazione di conflitto a Pomigliano e Mirafiori, da cui è nato lo stesso accordo tra Confindustria, Cgil, Cisl e Uil». Potrebbe esserci quindi una legge per recepire l'intesa unitaria. «Valuteremo - ha spiegato Sacconi in un'intervista a Repubblica - in particolare il comportamento degli stessi attori sociali coinvolti nelle vicende dei due stabilimenti. Non possiamo dimenticarci che quel tavolo negoziale è stato aperto per dare certezze agli accordi aziendali».

FONTE

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