martedì 19 luglio 2011

Combattere il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
martedì 19 luglio 2011

La crisi c'è e nessuno dice il contrario. L'importante è valutare bene qual è il suo andamento e non perdersi nell'oblio del «tutto va male» perché una giusta analisi della situazione è importante non solo per studiare gli effetti delle turbolenze dei mercati sull'economia reale, ma è anche la base necessaria per prendere le contromisure idonee per uscire dalle sabbie mobili.

Secondo il rapporto «Economia, lavoro e fiscalità nel terziario di mercato», realizzato dall'Ufficio Studi Confcommercio, dopo il picco raggiunto nel 2010 dai lavoratori in Cassa integrazione e dagli scoraggiati, nel primo semestre del 2011 si sono manifestati i primi timidi segnali di un'inversione di tendenza con un ridimensionamento delle ore di Cig autorizzate per tutti i tipi d'intervento, anche se i livelli sono ancora nettamente superiori a quelli registrati nell'analogo periodo del 2009 sia per la Cig straordinaria sia per quella in deroga; dal punto di vista territoriale, si conferma il dualismo Nord-Sud sul versante delle dinamiche occupazionali (con il primo più reattivo e il secondo stazionario); si accentuano le criticità sul versante della disoccupazione giovanile, che supera il 29%; i contratti flessibili - a tempo determinato e stagionali - soprattutto nei servizi di mercato, hanno reagito più prontamente al riassorbimento di occupazione dopo la crisi (con un incremento di oltre 60 mila occupati nel I semestre 2010 rispetto al I semestre 2009) rispetto a quelli a tempo indeterminato (-214 mila occupati nello stesso periodo); in generale, nonostante l'area dei servizi di mercato si confermi come quella che contribuisce maggiormente ad attutire i cali occupazionali nelle fasi negative del ciclo economico, con i tassi medi di incremento registrati nei primi cinque mesi del 2011 e in assenza di misure di stimolo alla crescita economica, le perdite occupazionali patite durante la recessione saranno assorbite soltanto nel 2017.

Il problema principale resta sempre quello: garantire alla popolazione un livello occupazionale tale, e un giusto guadagno, per rispondere al meglio alle esigenze della vita quotidiana. Tutte le analisi ci dicono che nei prossimi anni la domanda di lavoro si rivolgerà maggiormente verso le professioni qualificate.

Secondo il bollettino trimestrale del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere sono state complessivamente programmate dalle imprese 162.600 assunzioni tra luglio e settembre: 29.200 assunzioni di figure dirigenziali, scientifiche e tecniche (il 18% del totale); le figure impiegatizie e terziarie di livello intermedio saranno poco più di 76.000 (46,8%), le figure operaie e non qualificate quasi 57.300 (35,2%). Se limitiamo il campo solo a quest'ultime, i numeri si restringono fino ad arrivare a 23.860 assunzioni. In pratica nell'ambito delle nuove assunzioni i profili professionali non qualificati saranno solo 1 su 7. Nonostante il periodo di crisi, in cui l'offerta di lavoro dovrebbe essere ampia, per il 17,2% delle figure da assumere (con un picco del 20% per quelle non stagionali) le imprese segnalano difficoltà di reperimento. E il tasso di difficoltà diventa maggiore quando si tratta di professioni qualificate: professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione 25,7%; operai specializzati 24%; professioni tecniche 19,8%; conduttori di impianti e operai semiqualificati addetti a macchinari fissi e mobili 17,7%; professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi 16,9%; impiegati 14,5%. Per i profili non qualificati, invece, la percentuale di difficoltà si attesta a un modesto 8,4%.

Il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro resta dunque un problema complesso su cui intervenire in diversi ambiti: istruzione, passaggio scuola-lavoro, formazione. Sappiamo che sono stati già fatti dei passi importanti con la riforma Gelmini e l'accordo Governo-Regioni dello scorso anno sulla formazione professionale. Ora è arrivata anche la tanto attesa riforma dell'apprendistato, e cioè dello strumento che meglio di tutti è in grado di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro e di contrastare il fenomeno del disallineamento.

Avere posti liberi e giovani a spasso è un lusso che, con tutta evidenza, non ci possiamo più permettere. Tanto più che quasi 64 mila nuove assunzioni (il 39,3% del totale) sono esplicitamente orientate verso giovani al di sotto dei 30 anni e a questi se ne aggiungeranno sicuramente altre 59 mila senza indicazione di una preferenza di età.

FONTE

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