sabato 30 gennaio 2010

Approvato alla Camera il «Ddl lavoro»



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 29 gennaio 2010

Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge in materia di lavoro che conferisce una serie di importanti deleghe al Governo per quanto riguarda lavori usuranti, riorganizzazione di Enti, congedi, aspettative e permessi, ammortizzatori sociali, servizi per l'impiego, incentivi all'occupazione, apprendistato, occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro. Ora la palla passa al Senato, che dovrà discutere il testo in quarta lettura. L'opposizione parlamentare ha accusato il Governo, da ultimo proprio con questo provvedimento, di perseguire lentamente l'obiettivo dell'abbassamento delle tutele per i lavoratori attraverso una serie di interventi chirurgici che, tra le altre cose, starebbero profondamente manomettendo l'impianto del Protocollo sul welfare del 2007 (legge n. 247 del 2007).

Innanzitutto, è bene ricordare che con quest'ultimo provvedimento, durante il Governo Prodi, si pagò in campo pensionistico il cosiddetto passaggio dallo «scalone» della riforma Maroni agli «scalini» (la riforma Maroni prevedeva il passaggio da 57 anni a 60 per andare in pensione; con il Protocollo del 2007, invece, i lavoratori, a partire da gennaio 2008, sono potuti andare in pensione a 58 anni e con 35 anni di contributi) anche attraverso l'aumento dei contributi per i lavoratori parasubordinati (4,4 miliardi di euro). In pratica furono tolte risorse ai lavoratori giovani e meno tutelati per darli a qualche cinquantenne con contratto a tempo indeterminato. Bel modo di tutelare i lavoratori! Sempre l'opposizione parlamentare ha dichiarato che l'obiettivo dell'abbassamento delle tutele dei lavoratori è stato perseguito cancellando nel tempo le norme concernenti la protezione delle lavoratrici dalle dimissioni in bianco, il libro paga, il libro matricole, ecc... Per quanto riguarda le norme relative alle dimissioni volontarie (introdotte con la legge n. 188 del 2007 sotto il Governo Prodi e abrogate con l'art. 39, comma 10, del decreto-legge n.112 del 2008, poi convertito con la legge n. 133 del 2008 nella legislatura in corso), la procedura abrogata tendeva da un lato a complicare la vita al lavoratore deciso a dare le dimissioni e, dall'altro, non risolveva il problema delle dimissioni in bianco.

Il ministro Sacconi, nel corso della sua audizione in Commissione Lavoro a Montecitorio il 10 giugno del 2008, fece il calzante esempio di un immigrato che ritorna nel paese d'origine, circostanza che determina una situazione per cui quel rapporto di lavoro continua a vivere e il licenziamento deve avvenire per giusta causa o per giustificato motivo, rientrando così in una fattispecie di cui è ben nota la complicazione. Questo dimostra come quel tipo di deregolazione non va certo a toccare una tutela. Diverso il caso, invece, di una persona conculcata nel proprio diritto e indotta a firmare in bianco una dimissione; qualunque magistrato chiederebbe subito alla persona che ha fatto ricorso di confermare e si accontenterebbe già di un semplice diniego e, se necessario, una prova calligrafica consentirebbe di individuare immediatamente l'anomalia di quel pezzo di carta. E potremmo ripetere questa affermazione per la tenuta del libro matricola, del libro paga nella gestione di un rapporto di lavoro. Non ha senso tenere libri di questo tipo. L'introduzione del libro unico del lavoro (art. 39 della legge n. 133 del 2008) ha certamente portato sia una ventata di cambiamento nelle abitudini contabili delle aziende e dei professionisti addetti al settore che una semplificazione auspicata e necessaria ad ammodernare il vecchio sistema appesantito da decreti, circolari e quant'altro, che complicava notevolmente il lavoro di tutti gli addetti.

Le semplificazioni apportate non hanno certo prodotto uno sconvolgimento delle tutele o dei modi con i quali si verifica la regolarità del rapporto di lavoro ma solamente un nuovo approccio degli ispettori ai controlli della vita aziendale in seno al lavoro dipendente. L’apparato sanzionatorio è stato profondamente rivisto ma non certo abrogato. Sono stati abrogati gli inutili formalismi che appesantivano il fardello burocratico per i datori di lavoro e nulla aggiungevano alle tutele sostanziali dei lavoratori. La prova è nel fatto che nel 2009 il numero delle violazioni sostanziali accertate è notevolmente incrementato rispetto all'anno precedente. Secondo i risultati dell'azione ispettiva del Ministero del Lavoro, nel 2009 a fronte di una diminuzione delle violazioni di carattere formale (-28% per la tenuta del libro unico del lavoro) sono fortemente aumentate le violazioni accertate in materia di lavoro 'nero' (+44%), di appalti e somministrazione (+193%), di orario di lavoro (+118%), di rispetto dello Statuto dei lavoratori (+208%), di truffe nei confronti degli Istituti di previdenza (+483%), di sicurezza sul lavoro (+53%). Questo vuol dire che la deregolamentazione in materia di regolarità del rapporto di lavoro, fatta da questo Governo, ha prodotto effetti positivi per tutti: per i lavoratori che ricevono più tutele sostanziali e meno formali, per i datori di lavoro che vedono alleggerirsi il carico burocratico, per gli ispettori e tutti i professionisti del settore che ora svolgono la propria attività in modo più semplice e proficuo rispetto al passato.

Nessun commento:

Google