venerdì 22 gennaio 2010

La contraffazione frena lo sviluppo delle piccole e medie imprese



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

giovedì 21 gennaio 2010

Secondo una ricerca Confcommercio-Format, i fenomeni criminali che più incidono negativamente sulla competitività delle piccole e medie imprese riguardano l'abusivismo (24,8%), la contraffazione commerciale (22,2%) e l'azione della criminalità (15,6%). Aumentano le Pmi che investono in sicurezza (+5,3% nel 2009 in confronto al 2008) e si spende di più per proteggersi dalla criminalità. Il 22,2% delle imprese destina oltre il 5% dei ricavi ai costi per la sicurezza (+8,4% nel 2009 rispetto all'anno precedente). Migliora la percezione del livello di sicurezza degli imprenditori: nel 2009 si sente poco sicuro l'11,2%, contro il 24,5% del 2008. Cresce la fiducia verso le forze dell'ordine (+7,9% nel 2009 rispetto al 2008) e verso il governo (+8% nel 2009 in confronto all'anno precedente). I soggetti che le imprese sentono «più vicini» sono le forze dell'ordine (41,2%) e le associazioni di categoria (22,2%). Tra le iniziative ritenute più efficaci per ridurre il rischio dei fenomeni criminali (furti, rapine, estorsioni ed usura) le Pmi indicano le pene più severe e la certezza della pena (93,1%), una maggiore collaborazione tra gli imprenditori e le forze dell'ordine sul territorio per affrontare i problemi della sicurezza (89,9%; +4,7% rispetto al 2008). L'86,1% delle Pmi ritiene importante che le associazioni di categoria si costituiscano parte civile nei processi legati alla criminalità organizzata e l'85,9% delle imprese è d'accordo che le associazioni di categoria sostengano e assistano gli imprenditori che denunciano episodi di racket e usura e, allo stesso tempo, sospendano coloro che, colpiti dalla criminalità, non collaborino con le istituzioni, le forze dell'ordine e la magistratura.

Secondo l'indagine «Oltre il Made in Italy», condotta dall'Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza, il costo della contraffazione pagato dalle imprese italiane è di cinquanta miliardi all'anno, 16 mila euro ad azienda. Un costo che bisogna aggiungere ovviamente ai 7,5 miliardi all'anno spesi complessivamente dalle aziende italiane in invenzioni, marchi e brevetti. Secondo la Confartigianato, l'industria del falso sottrae ogni anno alle imprese manifatturiere 6 miliardi di euro, bruciando 1,5 miliardi di euro in termini di evasione dell'Iva e circa 120.000 posti di lavoro in tutta l'Unione Europea. Secondo un rapporto della Guardia di Finanza «in Italia l'industria del falso non conosce crisi. Tanto che ormai un italiano su cinque ammette di acquistare, abitualmente o saltuariamente, prodotti "taroccati". Nella classifica delle vendite di merci "taroccate" spiccano gli articoli di abbigliamento, gli accessori, i dvd, i cd e le videocassette. L'area di Napoli, l'hinterland milanese e la provincia di Prato sono i principali centri di produzione del falso italiano, mentre la Cina si conferma leader nelle esportazioni di prodotti contraffatti. Quanto all'atteggiamento verso la contraffazione, la maggior parte degli imprenditori la condanna e vorrebbe un'azione repressiva più efficace, mentre presso i consumatori prevale l'indulgenza». Ed è proprio l'indulgenza del consumatore, unita alla sua propensione all'acquisto di merci contraffatte, il vero problema da affrontare, perché è evidente che l'offerta del «falso» soddisfa chiaramente una domanda.

Secondo un rapporto del 2007 dell'Ocse («The economic impact of counterfeiting and piracy»), va fatta un'importante distinzione tra mercato primario e secondario: nel primo i consumatori comprano un prodotto contraffatto credendolo un prodotto originale, in quanto ingannati, mentre nel secondo essi comprano consapevolmente prodotti contraffatti perché più economici. La differenza di atteggiamento sarebbe riconducibile alle caratteristiche di prodotti e ai rischi connessi (per esempio, i farmaci rientrano nel mercato primario). Secondo il citato rapporto stilato dalle Fiamme Gialle, «dal lato istituzionale le armi per la lotta alla contraffazione sono legate all'uso degli strumenti della normativa civile e penale. Si può ipotizzare anche ad azioni correttive e non sanzionatorie quali l'abbassamento dell'Iva del 4%, la diminuzione di prezzo dei prodotti legali, la cooperazione internazionale».

Il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha recentemente affermato che contraffazione e abusivismo sono problemi che devono essere affrontati con tolleranza zero perché creano uno squilibrio profondo nel mercato, ed un mercato senza leggi diventa inevitabilmente un mercato fuorilegge. Contraffazione e abusivismo creano evidenti effetti negativi e distorsivi nelle dinamiche del libero mercato, che per antonomasia è metaforicamente un campo di gioco livellato; ma, soprattutto, questi elementi spesso si rivelano dannosi per la salute degli stessi consumatori. E i danni personali non finiscono qui, perché bisogna tenere ben presente che, non essendo associato all'acquisto del prodotto falsificato alcun surplus tipico delle vendite regolari, come ad esempio il servizio post-vendita e la garanzia, il rapporto qualità/prezzo diventa con tutta evidenza sfavorevole. Insomma, il consumatore deve capire bene che quando acquista consapevolmente merce contraffatta ha prodotto due categorie di danni: danni alla collettività e danni personali.

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