domenica 31 maggio 2009

Immigrazione: ci mancava Amnesty International..


di Antono Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

sabato 30 maggio 2009


Giovedì 28 maggio Amnesty International ha presentato a Londra, Roma e in altre capitali, il proprio Rapporto Annuale 2009 che analizza la situazione dei diritti umani in 157 paesi e territori nell'anno precedente. Si legge nel Rapporto, con riferimento alla politica sull'immigrazione del nostro Paese, che «nei primi mesi del 2009 i rischi di detenzione arbitraria all'arrivo, assieme a una politica "del respingimento" che è andata crescendo nei toni e nella drasticità, hanno prodotto un momento di forte allerta per i diritti umani con l'improvviso mutamento delle prassi relative al centro di Lampedusa. Attraverso una decisione annunciata a fine dicembre 2008, il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha stabilito che, dopo l'arrivo, migranti e richiedenti asilo dovessero restare nel centro di Lampedusa per tutto il tempo necessario all'espletamento delle procedure amministrative. È stata così ribaltata la politica adottata sino a quel momento che considerava Lampedusa come luogo di soccorso, dove svolgere soltanto una primissima identificazione, prima che le procedure amministrative potessero essere avviate in altri centri della Sicilia e del territorio peninsulare. La nuova prassi ha avuto un grave impatto sui diritti umani di migranti e richiedenti asilo, che sono dovuti rimanere all'interno del centro di "Contrada Imbriacola" a Lampedusa per lungo tempo».

Ovviamente, con tutto il rispetto possibile verso l'attività svolta da Amnesty International, non si può non sottolineare come questa presa di posizione parte da presupposti sbagliati e cioè che Lampedusa dovrebbe essere solo un «luogo di soccorso e primissima identificazione», un posto cioè dove chiunque possa sbarcare in sfregio alle leggi sull'ingresso legale nel nostro Paese, facendo diventare l'Italia il ventre molle dell'Europa nel contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina.

Si legge ancora nel Rapporto: «Ad aprile 2009 l'Italia si è impegnata in una discussione con la vicina Malta, durante la quale le disquisizioni di diritto internazionale marittimo sono state anteposte al salvataggio delle vite umane, che in quel contesto dovrebbe rappresentare la priorità assoluta. Il 16 aprile 2009 la nave cargo turca «Pinar» ha messo in salvo circa 140 migranti e richiedenti asilo, le cui barche correvano il rischio di colare a picco».

Come ben sappiamo, invece, il nostro governo è stato l'unico, tra i soggetti coinvolti nella querelle, a dimostrare la necessaria umanità nei confronti degli immigrati stipati sulla nave Pinar e a prodigarsi per la salvaguardia delle condizioni di salute di queste persone, nel totale disinteresse delle istituzioni maltesi e di quelle comunitarie. Tanto è vero che c'è stato il via libera della Farnesina per l'approdo della nave turca in Italia.

Continua il Rapporto: «Tra il 7 e l'11 maggio 2009, con una decisione senza precedenti, l'Italia ha condotto forzatamente in Libia circa 500 tra migranti e richiedenti asilo, senza alcuna valutazione sul possibile bisogno di protezione internazionale degli stessi e quindi violando i propri obblighi in materia di diritto internazionale d'asilo e dei diritti umani».

Innanzitutto il Rapporto dimentica di dire che la scelta della Libia non è casuale ma frutto di un accordo tra i due paesi che prevede l'utilizzo di questa procedura nei confronti di chi cerca di entrare illegalmente nel nostro territorio partendo dalle coste della Libia. E per quanto riguarda, invece, la questione dei richiedenti asilo, molti osservatori hanno fatto notare che in Libia c'è già un ufficio dell'Alto Commissariato dell'Onu per i Rifugiati e mancano solo alcune formalità burocratiche per attivarlo e che l'Italia si è già interessata per cercare di dare il proprio contributo per risolvere questo problema, che permetterebbe di istruire le richieste di asilo, non solo dirette al nostro Paese, direttamente in territorio libico.

Peccato che il Rapporto non vada a toccare i veri nodi della questione e cioè l'assenza delle istituzioni comunitarie in casi come quello della nave Pinar e l'atteggiamento ondivago degli organismi mondiali nei confronti della Libia; un paese che viene accusato nel citato Rapporto di non offrire protezione a migranti e rifugiati, omettendo, però, che proprio quello stesso paese è stato investito solo qualche anno fa dalle Nazioni Unite, su proposta dell'Unione Africana, dell'incarico di presiedere la 59esima Assemblea Plenaria della Commissione Onu per i diritti umani.

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