mercoledì 27 maggio 2009

Dal «Capitale» a «Novella 2000»



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

lunedì 25 maggio 2009

C'è un dato evidente che nessuno può contestare: la sinistra non ha più un'idea chiara della società e non ha proposte politiche adeguate da offrire alla gente, proposte che siano in grado di attrarre quei cittadini che sono fuori dal corpo elettorale identitario. In un'epoca in cui la politica si declina in modo vincente attraverso le forti leadership carismatiche (Berlusconi in Italia, Obama negli Usa, Zapatero in Spagna, Sarkozy in Francia, fino a poco tempo fa Blair in Gran Bretagna), rappresenta un deficit difficilmente colmabile la mancanza di una figura forte, in grado di fare una sintesi efficace degli input provenienti dalle varie anime della sinistra, capace di tradurre questa sintesi in un'offerta politica precisa e ben identificabile, di dare la rassicurante sensazione ai cittadini di avere le idee chiare su che cosa si vuole fare per lo sviluppo del sistema-paese, di fare da parafulmine in tempi di crisi e da trascinatore nelle fasi successive ai momenti difficili.

Sono 15 anni che la sinistra italiana si trova in questa situazione: senza idee e senza leadership carismatiche. Ma i vuoti, in politica, vengono sempre colmati, e in Italia il vuoto pneumatico della sinistra è stato riempito dalle inchieste delle magistratura nei confronti di Berlusconi e, soprattutto, dalle campagne di stampa aggressive, fondate sull'odio personale e sul disprezzo di tutto quello che può essere definito di centrodestra; un odio feroce che si è scagliato contro idee e uomini, tacciati sdegnosamente, tra le righe, di non avere la dignità necessaria per poter apparire sul palcoscenico della politica nazionale prima e di entrare nelle sistema istituzionale poi.

Chi guarda al centrodestra oggi può vedere un quadro chiaro: un forte leader carismatico e un'offerta politica precisa, in cui è possibile identificarsi. A sinistra, in mancanza di tutto questo, si pesca dove si può. L'ultimo terreno di caccia è quello del gossip: gli eredi del Pci sono passati dalla lettura de Il Capitale a quella di Novella 2000, dall'analisi della società a quella sulla vita privata delle persone in chiave scandalistica, dall'appoggio e all'attenzione al mondo operaio e al pubblico impiego alle morbose domande sulla privacy del presidente del Consiglio.

Così fa specie vedere una persona rispettabile come Enrico Letta usare toni scomposti, con riferimento al premier, in un'intervista all'Unità («Smettiamola di essere pudici e inchiodiamolo», 25 maggio, pag. 9); oppure vedere tutta la carica di odio di Rosy Bindi in un'intervista a La Stampa (25 maggio, pag. 7): «Niente più imbarazzi, l'antiberlusconismo deve essere un valore»; o ancora leggere le parole del direttore di Famiglia Cristiana, don Antonio Sciortino, che attacca a testa bassa il presidente del Consiglio dicendo che egli deve chiarire, perché «i media si fanno portatori di una domanda che viene dall'opinione pubblica». No, caro don Sciortino, scendiamo sulla terra, perché qui gli interessi in gioco sono molto meno nobili e quei media a cui lei si riferisce si fanno portatori di tutte le istanze possibili ed immaginabili, ma non certo di quelle che più interessano alla gente comune.

Insomma, uscita sconfitta nella battaglia delle idee per il governo del paese, la sinistra ora cerca di rifarsi sul terreno della chiacchiera gossippara, passando così dal poco al nulla. Dobbiamo decidere se sprecare energie cimentandoci tutti nel gossip e vivere in una soap opera permanente, dove a farla da padrone sono i rotocalchi scandalistici e gli esperti del pettegolezzo, oppure se il primo punto all'ordine del giorno debba essere il nostro futuro e quello del paese in cui viviamo.

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