venerdì 5 giugno 2009

Funzionano i respingimenti dei clandestini


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

giovedì 04 giugno 2009

Nell'arco di 48 ore, tra lunedì e mercoledì, sono arrivati in Spagna, sulle coste di Almeria (Andalusia orientale), un totale di 130 immigranti su nove barconi: lo ha riferito l'edizione elettronica del quotidiano spagnolo El Pais. Tutti gli occupanti delle imbarcazioni, tra i quali vi erano due donne incinte e vari minorenni, sono in buone condizioni di salute. Solo nella giornata di martedì sono arrivati sette barconi con 116 persone, tutte accompagnate dal Salvamento Maritimo (il Soccorso Marittimo) al porto di Almeria. Un mercantile ha individuato mercoledì al largo del Cabo de Gata il cadavere di un uomo di apparente origine subsahariana, probabilmente abbandonato da giorni in mare. Il corpo è stato recuperato dalla Guardia Civil spagnola che aspetta adesso i risultati dell'autopsia.

Nel frattempo, secondo le dichiarazioni del ministro Maroni, fatte mercoledì nel corso della trasmissione televisiva «Panorama del Giorno», da 15 giorni non c'è stato più nessuno sbarco sulle coste siciliane di clandestini provenienti dalla Libia, a Lampedusa il Centro di accoglienza è vuoto e gli alberghi sono pieni. «Abbiamo fatto 500 respingimenti ed è venuto giù il mondo - ha detto il ministro dell'interno - la Spagna l'anno scorso 10mila e nessuno ha detto niente. Lo facciamo e lo continueremo a fare».

La politica rigorosa nella regolazione degli ingressi nel nostro paese sta avendo i suoi frutti e i «respingimenti» dei clandestini si stanno rivelando un efficace deterrente che permette di azzerare, o comunque diminuire, gli sbarchi sulle nostre coste. Tuttavia questo strumento dovrà necessariamente far parte di un pacchetto di interventi da mettere in campo sia nel breve che nel lungo periodo. Lo sforzo per migliorare lo status quo dovrà essere fatto sia a livello nazionale (con particolare riguardo alla responsabilizzazione degli enti locali, anche attraverso il rilancio in ogni singola provincia di un organo fondamentale come il consiglio territoriale per l'immigrazione) che in quello comunitario (rafforzamento di Frontex; maggiore solidarietà dei paesi Ue nei confronti dei loro partner più esposti per aiutarli a far fronte ai flussi di immigrati provenienti dalle coste dell'Africa settentrionale, che dovrebbero accettare di accogliere i migranti che hanno ottenuto lo status di rifugiati; accordo di cooperazione Ue e Ua sia nel campo economico che nella politica di gestione dei flussi di immigrati in partenza dal Continente nero e diretti verso l'Europa; una rimodulazione favorevole all'Italia nella ripartizione dei fondi del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» in aggiunta ad un sensibile incremento dei suddetti fondi).

Insomma serve buon senso per affrontare il problema degli sbarchi dei clandestini, entrando nell'ottica che non può esserci solo uno strumento che possa risolvere il problema hic et nunc, ma una serie di interventi proiettati nel lungo periodo. Nel frattempo bisognerà anche tenere la barra dritta e cercare di rispedire al mittente alcune dichiarazioni, come quelle periodicamente rilasciate da mons. Marchetto, Segretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, che tendono a demonizzare la politica del governo in materia di immigrazione.

In merito al pacchetto sicurezza, in un'intervista rilasciata al mensile dei paolini Jesus, mons. Marchetto ha detto che: «C'e' il rischio di creare una società di invisibili, non dobbiamo creare una società parallela di immigrati, prima di tutto per non avere ghetti e poi per rispetto alla dignità della persona umana di ognuno, in situazione regolare o meno».

Con tutto il rispetto possibile per mons. Marchetto, i ghetti si creano quando, con riferimento alle politiche di ingresso, si accolgono irresponsabilmente gli immigrati senza la possibilità di offrirgli una vita dignitosa e quando, con riguardo all'integrazione, si applicano modelli che si sono rivelati fallimentari come quello «assimilazionista» francese, della «Minority policy» olandese o quello pluralista britannico. Tutti i modelli di integrazione sono falliti ed hanno creato dei ghetti, cittadelle identitarie autonome e distinte dal resto degli agglomerati urbani (molto interessante, con riguardo ai modelli di integrazione e alla differenza tra generazioni di immigrati, una recente analisi del prof. Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia dei processi migratori e Sociologia urbana presso l'università di Milano: Cinque modelli per integrare le seconde generazioni ). Basta guardare cosa succede nelle periferie di Londra e Parigi, ricordare l'omicidio di Pin Fortuyn in Olanda o gli attentati di Londra e Madrid per rendersi conto che non c'è un modello di integrazione vincente e che la convivenza tra cittadini ed immigrati e tra vecchi e nuovi cittadini, tra usi e costumi diversi, è tutto tranne che pacifica e di certo rappresenta una delle sfide più grandi e più difficili che la politica dovrà affrontare.

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