venerdì 12 giugno 2009

«REPUBBLICA» DETTA LA LINEA AL PD



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

giovedì 11 giugno 2009

Chiusa la prima fase di questa tornata elettorale, e in attesa dei ballottaggi, i freddi numeri dicono che il Popolo della Libertà avrà 29 europarlamentari (ne aveva totalizzati 25 nelle ultime elezioni europee del 2004 se contiamo la somma tra gli eletti di Forza Italia e quelli di An). Nei 30 capoluoghi di provincia che sono andati al voto, di cui solo 4 già amministrati dal centrodestra, in 9 amministrazioni si è affermato il centrodestra e solo in 5 il centrosinistra già al primo turno. Il resto si deciderà al ballottaggio.

Sono 15 le province che passano al primo turno dal centrosinistra al centrodestra. Quelle in ballo erano 62: di 50 che ne amministrava al centrosinistra ne restano solo 14, mentre il centrodestra sale a quota 26. Altre 22 vanno al ballottaggio.

I numeri sono impietosi e fotografano una realtà chiara: il centrodestra ha vinto ed il centrosinistra ha perso. Ma a molti questo dato non è andato giù ed ecco che allora Ezio Mauro, il super-direttore di Repubblica, ha parlato in un editoriale di «crepa» nel rapporto tra i cittadini italiani e Berlusconi, in virtù del -2,1% (2,8 milioni di elettori in meno) registrato dal Popolo della Libertà alle ultime elezioni europee rispetto alle politiche del 2008. Si tratta con tutta evidenza di un'analisi faziosa che volutamente non muove da alcuni presupposti oggettivi, come ad esempio il forte astensionismo in Sicilia (50,83%), storica roccaforte del centrodestra. Tanto per fare qualche esempio, in due regioni storicamente «rosse» come Toscana ed Emilia Romagna, la percentuale di astensione è stata rispettivamente del 27,03% e del 23,2%. Se dopo 15 anni di continui attacchi sotto la cintura a Berlusconi da parte dei «soliti noti», si parla solo di «crepa», allora a sinistra si dovranno mettere l'anima in pace perché il rapporto tra l'attuale leader del governo e gli elettori italiani è ancora saldo e continuerà ad esserlo ancora per molto.

Nello stesso editoriale, il direttore di Repubblica traccia anche la via maestra per il malandato Pd: «Un partito di questo tipo può mettere in movimento l'intera area di opposizione. Aiutare la sinistra radicale a dare un valore ai voti ancora una volta dispersi, radunandoli dentro un contenitore politico con una leadership capace di parlare ad una fetta di sinistra; ingaggiare con Di Pietro, dopo la sua clamorosa ascesa, una sfida di responsabilità di fronte ai problemi del Paese, perché l'antiberlusconismo è anche questo; chiedere a Casini, dopo il buon risultato della sua corsa autonoma, di scegliersi un destino politico e culturale riconoscibile e riconosciuto».

In pratica Ezio Mauro propone una sorta di nuova Unione cementata dall'antiberlusconismo: tutti insieme appassionatamente, dai comunisti a Di Pietro, dai radicali a Casini. La storia recente ha dimostrato nei fatti che i cartelli elettorali antiberlusconiani hanno vita breve e fanno anche tanti danni. Le esperienze fallimentari targate centrosinistra del 1996-2001, dove si alternarono ben quattro governi (Prodi, D'Alema, D'Alema II, Amato II), e del governo Prodi-bis (dal 17 maggio 2006 al 6 maggio 2008), durato meno di 2 anni tra risse continue tra i vari partitini dell'Unione, dovrebbero insegnare qualcosa a riguardo.

Il direttore di Repubblica, inoltre, chiede ai vertici del Pd di togliere il disturbo e di fare spazio a giovani come Debora Serracchiani, celebrata in queste ore a sinistra perché ha preso più voti di Berlusconi (e pure di Bossi ha sottolineato lei stessa nell'ultima puntata di Ballarò su Rai3) in Friuli e non, è bene precisarlo, nell'intera circoscrizione Nord-Est. Nel dato globale della circoscrizione in questione, infatti, Berlusconi ha totalizzato 390.450 preferenze mentre la Serracchiani meno della metà (144.342). A questo punto, per par condicio all'interno del Pd, andrebbero tributati gli stessi onori riservati alla Serracchiani anche nei confronti di Mario Pirillo, assessore all'Agricoltura, Foreste, Forestazione, Caccia e Pesca nella giunta di centrosinistra di Loiero in Calabria, che, con ben 86.224 preferenze contro le 80.206 di Berlusconi, ha raggiunto nella sua regione lo stesso obiettivo della vice-capogruppo del Pd al consiglio provinciale di Udine.

Ma tornando alla Serracchiani, è giusto capire quali sono le presunte idee innovative di cui sarebbe portatrice. Si legge nel suo sito in «Idee per la sicurezza»: «Quando la destra afferma che l'Italia non può essere multietnica, non solo nega una realtà, ma soprattutto lancia un messaggio xenofobo e razzista. Si parla molto dei respingimenti di chi si trova sui barconi o sui gommoni, ma anche tante altre misure, dall'allungamento del tempo di permanenza nei Cie alla tassa per gli immigrati, sono respingimenti». Innanzitutto la Serracchiani forse non sa che tutti i modelli di integrazione sono falliti e che l'unica strada utile da intraprendere in materia è evitare con accortezza proprio questi modelli tanto cari alla sinistra (quello «assimilazionista» francese, della «Minority policy» olandese o quello pluralista britannico tanto per fare qualche esempio), se non vogliamo ritrovarci ad avere problemi difficilmente gestibili come le guerriglie urbane nelle periferie di Parigi o l'odio contro l'Occidente del Londonistan da parte di quella massa di immigrati facenti parte della comunità islamica mai realmente integrata nel tessuto socio-economico londinese. Inoltre, attaccare misure utili come i respingimenti o l'allungamento del tempo di permanenza nei Cie, che fungono da deterrente alle partenze dei clandestini, significa non avere un quadro chiaro di quali siano i meccanismi delle tratte nel Mediterraneo. Da quando è iniziata «la politica dei respingimenti dei clandestini», nel nostro paese non c'è stato alcuno sbarco sulle coste siciliane e di contro nello stesso periodo c'è ne sono stati diversi su quelle spagnole.

Sempre nel suo sito, in «Idee per il lavoro», dopo una serie impressionate di concetti banali e qualunquistici («Il lavoro, cioè la crescita dell'occupazione, specialmente quella giovanile, è la priorità. Occorre investire sulla formazione e sull'innovazione; è necessario sconfiggere il precariato: i giovani devono poter guardare con fiducia al loro futuro») riprende un cavallo di battaglia del centrodestra quando scrive che «le aziende italiane vanno rilanciate allineandoci ad altri sistemi fiscali europei e snellendo i tempi della burocrazia». E questi sarebbero i contenuti innovativi? Faccia nuova ma con idee vecchie, confuse e copiate, verrebbe da dire.

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