martedì 17 luglio 2007

Pensioni e lavori usuranti


di Antonio Maglietta - 17 luglio 2007


Digitando su internet http://www.unioneweb.it/ appare la scritta, quanto mai eloquente, «Ci scusiamo per l'inconveniente, il sito è attualmente in manutenzione». Ma non è solo il sito della coalizione di governo, che uno scherzo del destino, ed il tafazzismo degli esperti di comunicazione del centrosinistra, volle che si chiamasse «Unione», ad essere in manutenzione; lo sono anche gli equilibri politici tra massimalisti e riformisti. A soffrire, per questo continuo tira e molla su tutto e tutti tra i vari partiti del centrosinistra e tra gli stessi ministri del governo di Romano Prodi, è l'intero Paese che, da oramai un anno, vive in un limbo in cui l'unica cosa certa è l'incertezza.
Invece di fare gli amministratori della res pubblica i politici del centrosinistra sembrano essere più attratti dal «tiro alla fune». Si tratta oramai su tutto e la mediazione, al ribasso, sembra oramai una prassi consolidata. Il guaio è che la salvaguardia degli equilibri interni al centrosinistra e la stessa durata del governo rischiano di provocare non pochi disastri all'intero sistema Paese. Caso eloquente: la trattativa sulle pensioni. Sul tavolo c'è la riforma Maroni del governo Berlusconi. La sinistra massimalista chiede l'abolizione del cosiddetto scalone mentre i riformisti, seppur con qualche giro di valzer (per la serie: «se non ci sono i soldi per l'abolizione resta lo scalone»), sono per il suo mantenimento. La posta in palio è altissima: la sostenibilità nel lungo periodo dell'intero sistema pensionistico che potrebbe riversarsi per intero sulle spalle delle nuove generazioni; senza contare, tra le altre cose, la creazione di antipatiche sacche di privilegio all'interno del mondo del lavoro qualora un giovane, calcolatrice alla mano, scoprisse di dover pagare più contributi pensionistici rispetto ai propri genitori per avere circa la metà della loro pensione. La prospettiva potrebbe essere simpaticamente rappresentata da una vignetta satirica che raffiguri un padre che, dopo aver cenato con la famiglia al ristorante, si alza e va via senza pagare, lasciando al figlio, che ha mangiato solo metà della porzione consumata dal genitore, l'onere di saldare per intero il conto. E' chiaro che la prospettiva di un conflitto generazionale è qualcosa che un Paese civile non si può assolutamente permettere. Tuttavia dalle parti della sinistra massimalista si ostenta sicurezza ed i vari segretari di partito fanno a gare a bacchettare chi solo si permetta di prospettare un simile scenario.
L'ultima proposta sul tappeto per seppellire la buona riforma Maroni, tirata fuori dal cilindro massimalista con una operazione degna del miglior mago illusionista, è l'innalzamento dell'età pensionabile a 58 anni (ed eventuali ulteriori innalzamenti con incentivi), ad esclusione di alcune categorie di lavoratori che verrebbero infilate nella lista dei lavori usuranti, quelli che, per intenderci, godono, tra le altre cose, di alcuni benefici pensionistici. A questo punto, però, sarebbe opportuno capire di cosa si parla quando si citano i lavori usuranti. Secondo l'art. 1, comma 1, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374: «Sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee». Le attività particolarmente usuranti di cui al comma 1 sono state individuate nello specifico nella tabella A allegata al citato decreto. Successivamente il D.M. 19 maggio 1999, recante «Criteri di individuazione delle mansioni usuranti», adottato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e per la funzione pubblica, ritornando sul punto, specificò ulteriormente, nell'ambito delle attività già individuate nella già citata tabella A, le tipologie che potevano essere considerate come lavoro particolarmente usurante. Il citato decreto del 19 maggio 1999 fu adottato alla luce dei risultati cui era pervenuta la commissione tecnico-scientifica, istituita in data 8 aprile 1998, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ed in seguito al parere espresso dalla stessa in merito a determinate mansioni in ragione delle caratteristiche di maggiore gravità dell'usura che esse presentano anche sotto il profilo dell'incidenza della stessa sulle aspettative di vita, dell'esposizione al rischio professionale di particolare intensità, delle peculiari caratteristiche dei rispettivi ambiti di attività con riferimento particolare alle componenti socio-economiche che le connotano. Insomma, la ratio dell'istituito era quella di controbilanciare la minore aspettativa di vita di alcune categorie di lavoratori, rispetto alla collettività, con il riconoscimento di alcuni benefici particolari in tema di pensioni. Si rispondeva ad una esigenza particolare con una norma che prevedesse benefici particolari.
Oggi invece, per garantire la stabilità del governo, degli equilibri all'interno del centrosinistra e i buoni rapporti tra governo ed organizzazioni sindacali, si vorrebbe allargare a dismisura la platea di coloro i quali potrebbero beneficiare dei privilegi pensionistici riconosciuti a chi svolge un lavoro particolarmente usurante. Tanto per fare qualche esempio, Rifondazione Comunista vorrebbe inserire 780mila operai turnisti mentre la Uil 460mila tra insegnanti e maestre. Il rischio è che la lista si allunghi a tal punto da far diventare generalizzata quella che era nata come una qualifica strettamente particolare e circoscritta a poche tipologie di lavoro (in termini numerici). Su questa scia allora ognuno potrebbe rivendicare il diritto di vedersi qualificare il proprio lavoro come usurante fino ad arrivare al paradosso, per non scontentare nessuno (stile Veltroni), che il lavoro in generale è particolarmente usurante. Insomma, sembra che si sia ritornati indietro ai bei tempi, si fa per dire, delle spese pazze e dei provvedimenti pseudo-sociali stile baby-pensioni. Peccato che il conto, particolarmente salato, lo dovranno pagare le nuove generazioni.

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