mercoledì 14 luglio 2010

Criminalità e immigrazione. I dati sulle denunce e sulla popolazione carceraria



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

mercoledì 14 luglio 2010

Secondo il VII Rapporto sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia del Cnel, nel 1991 c'erano 350 mila immigrati, mentre oggi, secondo stime ufficiali, ce ne sono 5 milioni. Sono passati dallo 0,6% al 7,1% della popolazione totale. Illustrando i contenuti del Rapporto, il presidente Marzano ha sottolineato che l'integrazione è potenzialmente più facile nelle località più piccole (nessuna delle provincie che ha come capoluogo una città metropolitana rientra nella top ten per il potenziale di integrazione; la prima è Verona al dodicesimo posto) e che la regione che offre più lavoro agli immigrati è la Lombardia (seguita da Toscana, Lazio e Friuli Venezia Giulia).

Secondo il Rapporto l'aumento degli immigrati non si traduce in un automatico aumento proporzionale delle denunce penali nei loro confronti ed è falso affermare, quindi, che la loro maggiore presenza in Italia corrisponde ad un aumento della criminalità. «In valori assoluti, il numero di denunce complessivo, riguardanti cioè italiani e stranieri insieme, è stato nel 2005 di 2.579.124, nel 2006 di 2.771.440, nel 2007 di 2.993.146 e nel 2008 di 2.694.811. Di queste, il numero di quante hanno riguardato cittadini stranieri è di 248.291 nel 2005, 275.482 nel 2006, 299.874 nel 2007 e 297.708 nel 2008. Si osserva dunque - sono le conclusioni a cui giunge il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro - che nel periodo 2005-2008, mentre i residenti stranieri sono incrementati del 45,7%, le denunce contro stranieri sono aumentate solo del 19%. Se poi si tiene conto che queste denunce non riguardano solo gli stranieri iscritti in anagrafe, ma anche quelli in attesa di registrazione, gli irregolari e quanti sono temporaneamente presenti in Italia per turismo, affari o altro, il parallelismo tra aumento dell'immigrazione e aumento della criminalità viene definitivamente smontato». Inoltre, ancora in riferimento all'equazione «più immigrazione uguale più criminalità», il Cnel, ipotizzando che il maggior livello di denunce riscontrato nel 2008 rispetto al 2005 (49.417) sia per intero addebitabile agli stranieri registrati nel quadriennio come nuovi residenti (1.220.779), arriva alla conclusione che a carico dei nuovi venuti vi è un denunciato ogni 25 individui (pur senza includere gli irregolari, gli stranieri di passaggio e le altre categorie sopra ricordate), mentre a carico di tutte le persone residenti in Italia (italiani e stranieri insieme) vi è un denunciato ogni 22 individui.

I dati del Cnel ci dicono che se prendiamo come riferimento il periodo dal 2005 al 2008, il tasso d'incidenza degli stranieri sul numero delle denunce è stato del 9,6% nel 2005, 9,9% nel 2006, 10% nel 2007 e 11% nel 2008. Con tutti i distinguo del caso, si tratta di un livello leggermente superiore al tasso d'incidenza degli stranieri sul totale della popolazione residente in Italia. Secondo l'Istat, gli immigrati regolari non delinquono più degli italiani. Infatti, sul totale dei denunciati, la quota di stranieri in regola è del 6%. La maggior parte dei denunciati stranieri risulta non essere in regola con il permesso di soggiorno e, verosimilmente, non l'ha neppure richiesto. E' in condizioni d'irregolarità l'80% degli stranieri denunciati per reati contro la proprietà.

Diverso il discorso se si osservano i dati riguardanti la popolazione carceraria. Secondo le ultime rilevazioni del ministero della Giustizia, su un totale di 68.258 detenuti 24.966 sono stranieri (36,6%). Si tratta di un'incidenza nettamente superiore a quella della popolazione straniera sul totale degli abitanti nel nostro paese (secondo il Cnel 7,1%). In questo caso, se il metro di paragone diventa l'incidenza dei denunciati (in media, negli ultimi anni, 1 su 10 è immigrato), il fenomeno assume proporzioni preoccupanti, visto che almeno 1 detenuto su 3 è straniero.

Come mai questa vistosa discrepanza tra l'incidenza degli stranieri sul totale dei denunciati e quella sul complesso della popolazione carceraria che affolla i nostri 206 istituti penitenziari? Le ragioni potrebbero essere essenzialmente tre: innanzitutto una larga parte degli stranieri, soprattutto irregolari, non può accedere alle misure alternative al carcere, tra cui gli arresti domiciliari, poiché sprovvista di un valido certificato di residenza. Secondo i dati del ministero della Giustizia, gli immigrati detenuti in attesa di giudizio sono più di un quinto del totale degli stranieri in carcere (5.715) mentre i condannati definitivi sono circa la metà (12.283). Un altro fattore è quello che i reati violenti hanno visto aumentare in maniera esponenziale l'incidenza degli stranieri; secondo l'Istat gli immigrati sono autori del 39% dei casi di violenza sessuale, del 36% degli omicidi, del 27% dei denunciati per lesioni dolose. Senza considerare, inoltre, l'altissima incidenza nei cosiddetti «reati predatori». Inoltre, già il Rapporto sulla criminalità in Italia presentato nel 2007 dall'allora ministro dell'Interno, Giuliano Amato, segnalava che, per quanto riguarda i dati sul numero di persone coinvolte nel traffico degli stupefacenti, distinte tra italiani e stranieri, essi evidenziavano che mentre nel decennio 1987-1996 le percentuali degli italiani erano nettamente superiori (82,7%) a quelle degli stranieri (17,3%), nel decennio 1997-2006 la percentuale di italiani è diminuita (70,8%) ed è aumentata quella degli stranieri (29,2%). Il terzo fattore è stato denunciato dal ministro Alfano nei giorni scorsi: «Il fatto che occorra ancora il consenso del detenuto per il suo trasferimento per scontare la pena in patria significa che i Trattati bilaterali non stanno funzionando».

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