sabato 29 maggio 2010

Rispedire al mittente le critiche ingiuste di Amnesty International



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

venerdì 28 maggio 2010

Nel rapporto 2010 di Amnesty International, sulla situazione dei diritti umani nel mondo, si legge che l'Italia «ha continuato ad espellere persone verso luoghi in cui erano a rischio di violazioni di diritti umani» - ovvero la Libia - «senza valutare le loro necessità di asilo e protezione internazionale». «I governi italiano e maltese - si sottolinea - in disaccordo sui rispettivi obblighi di condurre operazioni di salvataggio in mare, hanno lasciato i migranti per giorni senza acqua e cibo, ponendo a grave rischio le loro vite». Nel rapporto si fa esplicito riferimento al famoso caso della nave Pinar. E' bene ricordare che si tratta della nave turca che, nell'aprile del 2009, soccorse nel Mediterraneo centrale un folto gruppo d'immigrati in difficoltà, a poco più di 40 miglia al largo di Lampedusa. Lo sbarco di queste persone doveva avvenire a Malta (responsabile dei soccorsi in quello spazio di mare) ma, alla fine, dopo un braccio di ferro diplomatico tra le autorità de La Valletta e quelle italiane, la nave approdò sulle nostre coste dopo aver ricevuto il via libera da parte della Farnesina. Insomma furono gli italiani a farsi carico del ristoro a terra di questa povere persone e non altri. Alcuni degli stessi naufraghi dichiararono, inoltre, che chi voltò la faccia come risposta alle loro richieste di aiuto non erano italiani ma gente che parlava inglese.

E allora come si permette Amnesty International di criticare il nostro Paese? Questo è un affronto a tutte quelle persone, dai rappresentanti delle istituzioni fino ai volontari, che tra mille difficoltà si adoperano con grande generosità per prestare le cure necessarie agli immigrati che sbarcano sulle nostre coste. E ha fatto benissimo il ministro degli esteri, Franco Frattini, ad affermare che «l'Italia è certamente il Paese europeo che ha salvato più persone in mare. Amnesty ha fatto sempre la sua parte ma i nostri dati sono molto chiari» e che per questo il rapporto dell'organizzazione è «indegno per il lavoro dei nostri uomini e delle nostre donne delle forze di polizia, che ogni giorno salvano le persone, tutto il contrario di quello che dice Amnesty».

Perché i signori di quest'organizzazione non scrivono anche che l'Italia è stata lasciata sola ad affrontare la lotta contro l'immigrazione clandestina e che l'accordo con la Libia ha prodotto, numeri alla mano, una verticale diminuzione degli arrivi via mare nel nostro paese? E perché non dicono che la Libia è stata recentemente eletta tra i 46 Paesi membri del Consiglio per la protezione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite? Per entrare nel merito della questione riguardante i rimpatri, inoltre, il rapporto si è ben guardato dall'aggiungere che le azioni promosse dal governo italiano sono in linea con le disposizioni comunitarie in materia (direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008). Ma poi come mai nessuna di queste organizzazioni umanitarie ha protestato in maniera dura quando, ad esempio, gli spagnoli hanno sparato contro un gruppo di clandestini a Ceuta nel 2005, ammazzando 5 persone, oppure quando gli inglesi hanno avviato quest'anno, ai primi di aprile, un progetto pilota che prevede di rimpatriare anche gli stranieri comunitari che sono privi dei mezzi di sostentamento? La disparità di giudizi è davvero vistosa.
Come se non bastasse, lo stesso rapporto rincara la dose rilevando che la vicenda della rivolta degli immigrati a Rosarno in Calabria, tra le altre cose, è scoppiata anche a causa della mancata adozione da parte delle autorità italiane di misure concrete per contrastare la xenofobia in aumento in tutto il paese. E secondo quali dati Amnesty International ha fatto quest'affermazione? Non è dato saperlo. L'unica cosa certa, ma di questo ovviamente non c'è traccia nel rapporto, è che le autorità italiane, proprio a seguito di quella vicenda, sono intervenute cercando di ripristinare un minimo di legalità in quei posti, dopo il caos generato dalle violenze, e colpendo la fonte di quei problemi. Questo lavoro concreto ha portato a fine aprile a spiccare 31 ordinanze di custodia cautelare contro i caporali che sfruttavano il lavoro degli stranieri nel comparto agricolo della zona e a sequestrare beni per 10 milioni di euro.
Questi sono fatti concreti che dimostrano come le critiche rivolte all'Italia nel rapporto 2010 di Amnesty International sono offensive per il nostro paese, non rispecchiano la realtà e per questo motivo vanno rispedite al mittente senza tanti giri di parole.

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