mercoledì 8 luglio 2009

Accoglienza sostenibile e coesione sociale



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

lunedì 06 luglio 2009

«Avrebbero dovuto verificare la praticabilità delle nuove norme prima di approvarle in Parlamento». E' l'opinione espressa da monsignor Virginio Colmegna, presidente della fondazione Casa della Carità, circa il ddl sicurezza. «Bisognava misurarsi sul tema degli ingressi - ha proseguito Colmegna a margine di un incontro a Milano - e facilitarli dove c'è una domanda di lavoro. Invece c'è una burocrazia esasperata. L'immigrato viene considerato come pericolo o come fonte di paura. Ma l'immigrazione è una risorsa». «La solidarietà vera - ha detto ancora il religioso - è quella che crea coesione, chiede leggi veloci, fa attenzione alla dignità della persona. Non servono gli slogan gridati».

Con tutto il rispetto per monsignor Colmegna, la domanda di lavoro non può essere l'unico parametro utile per determinare l'ingresso degli stranieri sul territorio nazionale. Inoltre è bene non generalizzare e capire meglio quali sono i posti di lavoro offerti agli stranieri. Come dimostrano vari studi sul tema, la forza-lavoro straniera dequalificata ed a basso costo viene spesso usata «in nero» nel sistema produttivo, nonostante la possibilità di regolarizzare queste posizioni, per rimanere competitivi in maniera impropria nel mercato globale abbassando il costo del lavoro. Una volta che quella stessa forza-lavoro non serve più, viene messa da parte senza tanti complimenti. L'International Migration Outlook Ocse/Sopemi 2009 segnala che «è sempre più accettata l'idea secondo cui offrire possibilità d'ingresso legale limitate per le occupazioni a bassa specializzazione in presenza di una forte domanda in tal senso possa creare un terreno fertile per l'immigrazione clandestina e che adottare una simile politica potrebbe rivelarsi difficile e dispendioso». E lo stesso rapporto segnala anche che «i paesi in cui la crisi ha colpito prima mostrano un significativo incremento dei tassi di disoccupazione e una certa diminuzione del tasso di occupazione degli immigrati, sia in termini assoluti che relativi, rispetto alla popolazione nativa».

Quindi va respinta l'idea di regolare i flussi di ingresso degli stranieri senza tenere conto di altri aspetti, oltre a quelli strettamente legati al mondo del lavoro, come ad esempio l'impatto sul welfare, il sistema scolastico, le politiche abitative e l'offerta di servizi mirati come sono quelli dei punti informativi. Nel calcolo degli ingressi devono essere considerati vari parametri, proprio per arrivare a quello che dice monsignor Colmegna e cioè che solo la vera solidarietà, quella che fa attenzione alla dignità della persona, crea coesione. L'immigrato, infatti, è una persona che non scompare una volta terminato il proprio working time; e proprio perché la sua presenza sul territorio nazionale non crea un impatto solo sul mondo del lavoro, è giusto prendere in considerazione altri aspetti prima di capire quante persone è in grado di ospitare il nostro paese. Si tratta di regolare gli ingressi secondo una politica dell'accoglienza sostenibile perché l'esperienza insegna che il solo concetto di immigrazione economica applicata ai flussi di ingresso (n. posti di lavoro disponibili = n. ingressi) è fallimentare perché crea un terreno fertile per l'immigrazione clandestina, genera tensione nei rapporti tra lavoratori autoctoni e stranieri e crea sacche di lavoro nero (o ai limiti della legalità), tanto per citare solo qualche effetto negativo di questa scelta. I flussi migratori vanno regolati e non subiti se non vogliamo ritrovarci ad affrontare nel nostro paese gli stessi problemi di ordine pubblico che hanno nelle periferie di molte capitali europee con tutto quello che ne consegue.

Calibrare i flussi secondo le capacità di accoglienza del paese significa anche facilitare il passo successivo e cioè le politiche di integrazione visto che, sul piano macrosociologico, si eviterebbe di generare ulteriori tensioni nella società, oltre a quelle fisiologiche dovute alla convivenza tra persone culturalmente diverse, mantenendo così ad un livello tollerabile i conflitti.

E' vero, come dice monsignor Colmegna, che non servono gli slogan gridati, ma è anche vero che non serve ad alcuno continuare a guardare con i paraocchi i provvedimenti che toccano il tema dell'immigrazione, come la legge sulla sicurezza elaborata dal governo. Ad esempio si è parlato tanto e a sproposito sugli effetti delle nuove norme, che introducono il reato di immigrazione clandestina, per l'impatto che avrebbero avuto sulle colf e le badanti che lavorano in Italia. Come ha ricordato il ministro Sacconi le nuove norme «non sono assolutamente reatroattive» e, quindi, «non si applicano» a colf e badanti che lavorano in Italia, aggiungendo che «nella sua collegialità ora il governo può affrontare il problema» delle badanti e colf , «innanzitutto consentendo a molti italiani e italiane di svolgere prioritariamente questo lavoro che ora, a causa della crisi, molti vogliono accettare. Poi selezionando bene le domande perché finora circa il 40 per cento provenivano da datori di lavoro stranieri».

Nessun commento:

Google