mercoledì 5 novembre 2008

Sinistra di nuovo all'attacco della Bossi-Fini



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

In una intervista rilasciata al Corriere della Sera il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, ha proposto il congelamento della Bossi-Fini per due anni: «Nessuno si chiede che cosa succede ai lavoratori stranieri nel momento in cui perdono il lavoro. Sono quattro milioni, sono stati assunti per fare lavori che nessuno avrebbe fatto, e producono il 10% del reddito nazionale. In base alle norme attuali perderebbero, insieme al lavoro, anche il titolo per restare in Italia. Siccome sono persone che hanno lavorato, e lavorato bene, non avrebbe alcun senso mandarle via per poi richiamarle quando l'economia dovesse riprendere. Né per loro né per il nostro paese. Allora la Cgil proporrà di sospendere l'efficacia della legge Bossi-Fini per due anni, allo scopo di consentire a queste persone di trovare una nuova occupazione». Quanti si troverebbero in questa condizione? «Sicuramente decine di migliaia».

Innanzitutto Epifani sbaglia quando chiede a testa bassa una sospensione della legge e non alcune modifiche migliorative. Parte con il piede sbagliato perché il suo intento sembra più quello di voler attaccare l'intero impianto normativo in tema di immigrazione e non, invece, rilevare alcune sue criticità per arrivare ad un miglioramento del testo. Pensiamo al caos prodotto dal vuoto normativo e soprattutto al messaggio sbagliato che arriverebbe fuori dai nostri confini qualora la richiesta di Epifani venisse accolta. Ricordiamo, a riguardo, che già la Corte di Cassazione aveva di recente rimarcato l'esigenza di evitare che l'Italia fosse considerata il «ventre molle dell'immigrazione clandestina» e di tutelare, con la linea dura alle nostre frontiere, anche «gli altri Stati dell'Unione Europea» (Corte di Cassazione, Sezione I Penale, Sentenza 8 febbraio 2008, n. 6398).

Guardiamo poi al merito della questione. L'impianto della Bossi-Fini si regge sul collegamento tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Lo scorso anno, nel corso di una audizione presso la Commissione agricoltura della Camera, l'allora ministro del Lavoro del governo di centrosinistra, Cesare Damiano, aveva criticato la legge proprio su questo punto: «Sarebbe assai utile, a mio avviso, una revisione della legge Bossi-Fini per quanto attiene al troppo stretto legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Ciò infatti non riduce ma anzi aumenta l'immigrazione clandestina, facendo apparire come irregolare anche chi, sostanzialmente, tale non è... Lo stesso "decreto flussi" si è dimostrato un sistema troppo vincolante».

Tuttavia è dai tempi del Consiglio Europeo di Tampere dell'ottobre 1999 che si mira a lanciare in ambito europeo una discussione approfondita proprio sull'immigrazione per cause economiche. Nel Libro Verde della Commissione Europea del 2005 «Sull'approccio dell'Unione Europea alla gestione della migrazione economica» si segnalava che «la Commissione ritiene che l'ammissione dei migranti per motivi economici sia la pietra miliare della politica in materia di immigrazione e che sia pertanto necessario affrontarla a livello europeo nel quadro di una progressiva evoluzione di una coerente politica comunitaria dell'immigrazione». Ma, soprattutto, si prendeva atto che «nella maggioranza degli Stati membri i cittadini di paesi terzi devono essere già in possesso di un permesso di lavoro prima che la loro domanda di permesso di soggiorno possa essere esaminata». Questo vuol dire che il venir meno di quel legame non farebbe altro che allontanarci dall'Europa. E quale sarebbe poi l'alternativa? L'impianto proposto dal centrosinistra con il disegno di legge a firma Amato-Ferrero, presentato nella scorsa legislatura, con l'istituto della «sponsorizzazione» (ossia garanti pubblici e privati per gli immigrati che vengono sul nostro territorio per motivi di lavoro pur non avendo un contratto) e quello dell'«autosponsorizzazione» (immigrati che vengono in Italia per motivi di lavoro senza avere un contratto ma in possesso di adeguate risorse finanziarie)? In pratica, l'alternativa alla legge Bossi-Fini sarebbe o il caos prodotto dal vuoto normativo oppure due strumenti giuridici in grado di trasformare involontariamente l'Italia nella più grande lavanderia mondiale del denaro sporco e nella direttrice preferita per la tratta degli esseri umani.

Insomma, una cosa è cercare di trovare nuove forme per meglio integrare chi già lavora in Italia, evitando che la leva dell'immigrazione venga sfruttata per un cinico gioco al ribasso dei salari e della qualità del lavoro nel mercato, e tutt'altra è parlare di sospensione della legge.

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