mercoledì 19 novembre 2008

L’Ue deve incentivare lo sviluppo dei paesi di origine degli immigrati



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

martedì 18 novembre 2008

L'Unione europea aiuterà l'Africa a realizzare una sua rete di trasporto trans-africana per contribuire alla stabilità del Continente e frenare l'immigrazione verso il Nord. Lo ha annunciato il vice-presidente della Commissione europea e commissario europeo ai Trasporti Antonio Tajani.

«L'Europa ha interesse a lavorare per la stabilità dell'Africa» - ha spiegato Tajani ai giornalisti a Tunisi, riferendo di alcuni colloqui in vista di un accordo con la Commissione dell'Ua (Unione africana). Tajani, intervenuto a margine di una riunione ministeriale euro-maghrebina sul trasporto sulle rive occidentali del Mediterraneo, ha annunciato la partenza di una prima missione di esperti europei giovedì prossimo ad Addis Abeba. «Non si può risolvere la questione dell'immigrazione solamente con la polizia, serve anche lo sviluppo e la stabilità dell'Africa», ha dichiarato, assegnando un ruolo importante alla Banca europea per gli investimenti e alla Banca africana dello sviluppo. «Ci sono milioni di persone che spingono verso Nord e anche gli stessi paesi del Nord-Africa hanno interesse a risolvere questo problema», ha proseguito, parlando di un «impegno politico» della Commissione europea. Questo impegno si tradurrà, secondo Tajani, in un piano di tre fasi, che comincerà con il trasferimento di conoscenze su richiesta dell'Ua, seguito da un'assistenza tecnica e alla mobilitazione di fondi per dei progetti concreti.

Finalmente l'Europa si muove. I problemi relativi all'immigrazione non possono risolversi solo con misure rivolte alla regolamentazione interna del fenomeno (ingresso, permanenza, naturalizzazione, espulsione) perché significherebbe non prendere in considerazione una questione fondamentale, e cioè che i processi migratori rispondono a logiche transnazionali. Nell'analisi delle motivazioni di chi emigra, bisogna considerare il fattore economico come il principale e, quindi, se si valuta il fatto che paesi confinanti con il sud dell'Europa vivono nella povertà, sarà automatico prevedere un flusso continuo dei cittadini di quelle realtà verso i nostri territori. Un singolo Stato da solo può fare poco laddove, invece, l'Europa unita può intervenire con maggiore efficacia. Il Libro Verde «Sull'approccio dell'Unione Europea alla gestione della migrazione economica», nel segnalare anche il problema della fuga dei cervelli dai paesi di origine dei flussi, aveva anche indicato alcuni provvedimenti concreti da adottare: fornire informazioni aggiornate sulle condizioni di ingresso e di soggiorno nell'Unione europea; fondare centri di assunzione e formazione nei paesi d'origine per le qualifiche richieste a livello Ue, nonché per la formazione culturale e linguistica; creare banche dati per qualifica/occupazione/settore (portafoglio di competenze) dei potenziali migranti; agevolare il trasferimento delle rimesse; offrire compensazioni ai paesi terzi per i costi dell'istruzione di coloro che lasciano il paese per lavorare nell'Ue.

Anche e soprattutto per questi motivi non si può accettare la tesi del segretario della Cgil, Guglielmo Epifani, che, spostando il tema sul piano ideologico, chiede in maniera semplicistica la sospensione della legge Bossi-Fini per due anni per fronteggiare e cercare di limitare gli effetti della crisi economica che ricadranno sui lavoratori immigrati. Quello chiesto da Epifani è un intervento sbagliato, perché il vuoto normativo genererebbe il caos, e non proiettato sul lungo periodo, perché non tiene conto della complessità del fenomeno. Inoltre, sarebbe opportuno ricordare quello che dice la legge Bossi-Fini sul punto toccato dal leader della Cgil: «La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a sei mesi. Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari» (art. 18, comma 11, legge n. 189 del 2002).

Il fenomeno, quindi, deve essere affrontato nella sua complessità e non solo con lo sguardo rivolto al semplice dato nazionale perché in questo modo verrebbero poste solo le basi di un sicuro fallimento con risvolti tutti negativi.

Nessun commento:

Google