giovedì 18 ottobre 2007

Stretta sull'immigrazione: ultime dalla Francia


di Antonio Maglietta - 18 ottobre 2007

La Francia praticherà i test genetici agli immigrati candidati al ricongiungimento familiare. La commissione bicamerale paritaria, incaricata di riesaminare la legge sull'immigrazione attualmente all'esame del Parlamento, ha infatti deciso di mantenere tale e quale il testo che era stato approvato il 5 ottobre dal Senato; si tratta del controverso emendamento che introduce l'esame del dna per verificare la veridicità delle domande di ricongiungimento. I test devono essere ordinati, caso per caso, da un magistrato e non possono essere obbligatori (cioè il richiedente deve fare domanda in prima persona; rischia però, in caso contrario, di vedersi rifiutato il ricongiungimento). Le spese saranno a carico dallo Stato e i test riguarderanno solo persone provenienti da paesi in cui l'anagrafe è inaffidabile o inesistente, e solo per quanto riguarda il rapporto madre-figlio. L'emendamento, introdotto dal deputato dell'Unione per un movimento popolare (Ump, il partito di maggioranza che sostiene il presidente Sarkozy), Thierry Mariani, era stato aspramente criticato dall'opposizione di sinistra, ma anche da alcuni esponenti della maggioranza e del centro, come il leader centrista François Bayrou e i senatori dell'Ump, Charles Pasqua (ex ministro dell'Interno) e Jean-Pierre Raffarin (ex Primo ministro).
La ratio del testo è chiara. Identificare con certezza chi entra nel proprio paese è alla base di qualsiasi seria politica sul tema della sicurezza. Ci sono paesi, soprattutto del continente africano, che non hanno un sistema anagrafico efficiente e, quindi, in alcuni casi, le identità potrebbero diventare un rebus anziché, come dovrebbe essere, una certezza. Il test del dna servirebbe a coprire questa mancanza e verificare che le domande di ricongiungimento siano veritiere dal punto di vista biologico, o se nascondano, invece, in caso contrario, un canale di immigrazione illegale. Né più e né meno. La legge dovrebbe essere approvata in fretta, con tutta probabilità il 23 ottobre. I parlamentari socialisti hanno annunciato che impugneranno la norma dinanzi al Consiglio costituzionale.
Il tema è di quelli delicati, ma occorrerebbe ricordare, in tal senso, la direttiva del Consiglio Ue del 22 settembre 2002 relativa al ricongiungimento familiare, che mirava a stabilire le condizioni alle quali può essere esercitato tale diritto per i cittadini dei paesi terzi legittimamente residenti nell'Unione e sottolineava l'importanza di elaborare una politica di integrazione che si proponga di offrire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'Unione europea. La direttiva, che è applicabile fatte salve le norme nazionali che eventualmente prevedano condizioni più favorevoli, dispone che «l'ingresso e il soggiorno di un familiare potranno essere rifiutati per ragioni d'ordine pubblico, di sicurezza interna e di salute pubblica. Queste stesse ragioni potranno giustificare la revoca o il mancato rinnovo di un permesso già concesso». La certezza dei dati anagrafici e del legame biologico madre-figlio, nel caso di domanda per il ricongiungimento familiare, rientra nei motivi di ordine pubblico? Certamente si. E allora perché tutte queste polemiche?
La realtà è che, anche a livello europeo, sulle questioni relative all'immigrazione ci sono visioni totalmente differenti ed ogni occasione è buona per far emergere le peculiarità. Nel vecchio continente, ma soprattutto in paesi come l'Italia e la Francia, ci sono due punti di vista sul tema: uno che legge gli eventi con l'occhio ideologico e l'altro con quello della realtà dei fatti. Uno che vuole il melting pot, ora e subito, e l'altro che mira a salvaguardare le identità nazionali. Uno che vuole aprire le porte in maniera indiscriminata e l'altro che vorrebbe aiutare gli immigrati a casa loro. Uno che pensa che l'integrazione sia un atto immediato e l'altro che sia un percorso a tappe. Uno che vede la convivenza come una armoniosa unione di intenti tra diversi e l'altro che la considera sotto tutti gli aspetti dello scibile umano, difficoltà comprese, anche di carattere culturale. Uno che chiude gli occhi sugli obblighi e parla solo di diritti e l'altra che vede nel rispetto degli obblighi un segno della reale volontà di integrazione. Le due visioni sono inconciliabili ed i punti di contatto, qualora ci fossero, sarebbero difficili da cristallizzare. A questo punto la scelta è in mano ai cittadini; i loro voti, anche a livello locale, potrebbero far pendere la scelta sull'uno o sull'altro modello.

Antonio Maglietta

Nessun commento:

Google