martedì 18 gennaio 2011

La vicenda Fiat e la risposta del governo alle sfide del mercato globale



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
lunedì 17 gennaio 2011

La maggioranza dei lavoratori della Fiat di Mirafiori ha detto sì ai dieci punti dell'accordo firmato il 23 dicembre scorso dai sindacati (ad esclusione della Fiom) e dalla dirigenza della casa automobilistica torinese per lo sviluppo dello stabilimento. La Cgil ora chiede la riapertura della trattativa, ma ha fatto bene il ministro Sacconi a rispondere con un secco no. C'è infatti un tempo per trattare, ma ce ne dev'essere anche uno per dire si o no. Questo tempo è già passato. In questo caso, inoltre, il sigillo è arrivato con il sì della maggioranza dei lavoratori interessati proprio dai termini di quell'accordo. Ormai è da diverso tempo che la Cgil viene meno a quella che dovrebbe essere l'attività principale di un sindacato dei lavoratori, e cioè la contrattazione e la firma dei migliori accordi possibili, tenendo presente quale sarebbe l'alternativa in caso di mancata firma.

Ma qui non è in gioco solo il futuro di un'organizzazione sindacale: i casi degli stabilimenti Fiat di Pomigliano e Mirafiori sono emblematici di quello che sta accadendo in Italia e nel mondo occidentale. La Fiat vende auto in tutto il mondo e deve restare al passo con i competitori in termini di produttività. Questo vale anche per tante altre aziende italiane che operano nel mercato globale. La sfida principale, quindi, è quella di riuscire a mantenere siti produttivi in Italia, in grado di essere competitivi, senza comprimere i diritti fondamentali dei lavoratori.

Questa situazione porta inevitabilmente a necessari cambiamenti nel modello di produzione ma anche nel campo delle relazioni industriali. La legislazione italiana e il contratto collettivo nazionale, con tutte le loro rigidità di carattere formale, non sono più strumenti idonei per rispondere a questa sfida. Per questo motivo il governo ha iniziato ad intervenire per smorzare queste rigidità in campo normativo, ad esempio con il D.Lgs. n. 106 del 2009. Grazie anche al contributo della parte più responsabile del mondo sindacale e di quasi tutte le associazioni datoriali, si è arrivati anche all'accordo quadro del 22 gennaio 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali, con cui si valorizza la contrattazione decentrata, sia essa territoriale o aziendale, e grazie al quale sindacati e parti datoriali si sono assunti maggiore responsabilità nel definire insieme il futuro delle aziende italiane. Si tratta, con tutta evidenza, di un accordo molto importante, perché si arriva a mettere un punto nel confronto sulla revisione del sistema contrattuale, così come definito nel Protocollo del 23 luglio 1993; perché vengono stabiliti dei principi generali nel sistema delle relazioni industriali; perché ampiamente condiviso (da tutti tranne che dalla Cgil) e perché riduce il livello di conflittualità tra le parti.

Le innovazioni intervenute nel campo normativo e in quello delle relazioni industriali, aspettando un maggiore sforzo dalle parti sociali per arrivare ad un accordo anche sul difficile tema della rappresentanza, rispondono alla necessità di non rimanere stritolati dalla competizione nel mercato globale. Si tratta, quindi, di una scelta obbligata se non vogliamo avere un futuro fatto di aziende chiuse e lavoratori a spasso.

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