venerdì 24 aprile 2009

Il «caso Pinar»


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

mercoledì 22 aprile 2009


La nave turca Pinar aveva soccorso un folto gruppo di immigrati in difficoltà nel Mediterraneo centrale, a poco più di 40 miglia al largo di Lampedusa, ed avrebbe dovuto sbarcarli a Malta, che dovrebbe - il condizionale è d'obbligo in questa vicenda - essere responsabile per i soccorsi in quello spazio marittimo. Come ben sappiamo, le cose sono andate diversamente, con il «no» di Malta allo sbarco, la breve situazione di stallo e la conclusione della vicenda con il via libera della Farnesina per l'approdo in Italia e con il relativo indurimento dei rapporti diplomatici tra il nostro paese e La Valletta.

Il «caso Pinar» non è una questione di poco conto, da far passare in scioltezza come se nulla fosse accaduto, perché Malta, oltre ad essere responsabile di quella porzione del Mediterraneo, riceve anche soldi dall'Ue nell'ambito delle politiche di gestione dei flussi di immigrati verso il Vecchio Continente. Il Fondo per le frontiere esterne, uno dei quattro strumenti finanziari del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», ha introdotto un meccanismo di solidarietà finanziaria a favore degli Stati membri che sostengono, nell'interesse della Comunità Europea, un onere finanziario pesante e duraturo che è conseguenza dell'attuazione di norme comuni in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne. Non stiamo certo parlando di briciole, perché il budget del Fondo, per il periodo 2007-2013, è pari a 1.820 milioni di euro. Circa 1.543 milioni sono distribuiti fra gli Stati membri sulla base di criteri che rispecchiano l'onere sostenuto da ciascuno Stato per il controllo delle frontiere esterne e la politica dei visti; 109 milioni di euro sono gestiti direttamente dalla Commissione e destinati ad azioni comunitarie; 60 milioni di euro per azioni specifiche ai valichi di frontiera strategici in base alle analisi dei rischi dell'Agenzia di pattugliamento delle coste (Frontex). All'Italia sono stati destinati 211 milioni di euro per il periodo 2007-2013, mentre a Malta 112 milioni. L'Italia è il secondo paese beneficiario del fondo in termini di maggiori entrate (il primo è la Spagna) anche se sarebbe davvero auspicabile fare pressione sulla Commissione Ue per aumentare il flusso di denaro nell'ambito del prossimo programma pluriennale, visto che la nostra è la nazione più esposta nel Vecchio Continente.

Il commissario Ue per la Giustizia, Libertà e Sicurezza, Jacques Barrot, ha organizzato un incontro con il ministro dell'Interno Roberto Maroni e il collega maltese Carmelo Mifsud Bonnici per capire meglio i termini del «caso Pinar» e per evitare il ripetersi di tali situazioni in futuro. Nel frattempo, Barrot ha ricevuto un dossier dal nostro paese, in cui si chiedono all'Ue tre interventi: definire anche a livello europeo regole per stabilire «chi è responsabile dove» per quanto riguarda gli interventi di salvataggio in acque Sar (Search and rescue) extraterritoriali, che comunque è una materia già regolata dal diritto internazionale; reimpostare le operazioni Frontex per il pattugliamento dei confini esterni dell'Ue e avere dagli altri partner europei maggiore solidarietà, sia essa in termini economici o di «gestione» dei profughi; modificare il sistema di ripartizione per paesi del Fondo Ue per le frontiere esterne, che oggi è basato sulla dimensione delle acque Sar controllate da ogni singolo paese ma che, più auspicabilmente, dovrebbe invece essere rapportato agli interventi di salvataggio realmente effettuati.

Ha fatto bene il nostro governo a muoversi in questa direzione, perché qui c'è un errore di fondo da parte dei vertici comunitari nella gestione dei flussi migratori verso l'Europa. Innanzitutto occorre far capire che aiutare ancora di più il nostro paese in termini economici non vuol certo dire finanziare impropriamente l'Italia, ma semmai diminuire l'impatto di alcune problematiche legate all'immigrazione che interessano tutti gli altri paesi europei, soprattutto quelli del nord, che sono spesso la meta finale di chi passa per i nostri territori. Altra questione riguarda Frontex, l'Agenzia che dovrebbe coordinare i pattugliamenti misti nel Mediterraneo, che dovrebbe essere al più presto migliorata e potenziata con maggiore decisione, perché i controlli in mare sono utili e fungono da deterrente solo se se vengono fatti seriamente. Resta inevasa anche la problematica relativa alla cooperazione economica con i paesi di provenienza degli immigrati, che non può essere certo lasciata ai singoli Stati o alla gestione delle sole Ong, ma dovrebbe essere presa in mano dall'Ue.

Insomma, i problemi sul piatto sono tanti e prima si fa chiarezza su certe questioni e meglio riusciremo ad affrontare alcune situazioni, come quella della nave Pinar, che diventano emergenze di carattere umanitario perché non c'è una buona gestione comunitaria dei flussi di immigrati verso l'Europa, con l'aggiunta che qualcuno, sfruttando questa manacnza, cerca di fare il furbo.

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