mercoledì 11 giugno 2008

Immigrati: l'approccio ideologico di Epifani


di Antonio Maglietta - 10 giugno 2008

La popolazione «migrante a livello globale» ha superato i 200 milioni, «con una quota di migrazione irregolare o illegale stimata nell'ordine del 15-20% (cioè 30-40 milioni)», mentre «cresce in percentuale il numero delle donne migranti» che costituiscono ormai «la quota maggioritaria nelle migrazioni internazionali (51%) ma purtroppo anche oltre l'80% delle vittime di tratta degli esseri umani (600.000-800.000 stimate in tutto il mondo)». E' quanto sottolinea il Rapporto sui diritti globali 2008, presentato lunedì nella sede della Cgil nazionale. Nella prefazione al Rapporto, Guglielmo Epifani ha affermato senza alcun fondamento nella realtà dei fatti che «comincia a prendere corpo un'idea xenofoba» nei confronti degli immigrati «che vengono percepiti più come una minaccia, piuttosto che come risorsa». Il leader sindacale, infatti, ha giudicato così «i riflessi politici» legati allo «spostamento a destra della maggioranza dell'elettorato».

Un attacco, quello di Epifani, che, basandosi su una analisi molto ideologica e poco realistica, fa certo capire che il leader della Cgil ha forse tutta l'intenzione di ritagliarsi un ruolo di oppositore politico duro e puro, quasi a viso aperto, e non più solo da soggetto sindacale «politicizzato» in maniera velata. Le statistiche sui lavoratori extracomunitari, ricorda Epifani, dimostrano «come la presenza di manodopera straniera in Italia non sia influente sul tasso di occupazione dei lavoratori italiani, svolgendo essi attività prevalentemente di basso profilo professionale, alle quali è sempre interessata la manodopera italiana». «Malgrado questo - aggiunge - solo l'idea che gli stranieri possano sottrarre ai nostri connazionali una parte anche minima di opportunità occupazionali e di interventi assistenziali prevale sulla pur indiscussa necessità del nostro Paese di avvalersi degli immigrati in settori dove questi stanno diventando indispensabili per garantire la produzione e i servizi alla famiglia. Si pensi - conclude Epifani - all'agricoltura, alle industrie del Nord-Est e all'immenso lavoro di cura che svolgono le cosiddette badanti».

Ma viene da chiedersi: ma chi ha mai detto che gli stranieri in quanto tali sono un pericolo? Ma veramente a sinistra immaginano un centrodestra così arido e sprovveduto nell'analisi del fenomeno «immigrazione»? Varrebbe la pena ricordare che se a sinistra si vorrebbe aprire la porta a tutti, come dimostrano le tesi di alcuni ex ministri del governo di centrosinistra che spingevano per la regolarizzazione indiscriminata di tutti coloro che erano stati tagliati fuori dalle quote dell'ultimo decreto flussi (circa 600.000 persone), nell'ambito del centrodestra si è cercato di dare una risposta quanto più razionale possibile al problema. Infatti la questione è molto più intricata della semplice demarcazione tra regolari ed irregolari perché investe, come ricorda lo stesso Epifani, anche tematiche molto più complesse come le modalità di accesso dei regolari al mercato del lavoro ed i loro effetti sul sistema nel medio-lungo periodo. Il leader della Cgil dice che gli immigrati, spesso poco qualificati, ad oggi sono indispensabili per garantire la produzione in settori come l'agricoltura e l'industria ma anche per i servizi alla famiglia. Verissimo. Si dimentica però di fare una aggiunta e cioè che la manodopera di bassa qualifica di molti immigrati viene spesso usata per essere competitivi sul mercato globale e che ricorrere a questo sistema di produzione, anziché investire risorse nello sviluppo tecnologico e nel miglioramento della qualità del lavoro, significa allontanarsi dai modelli produttivi avanzati ed avvicinarsi a quelli dei paesi in via di sviluppo. Nel medio-lungo periodo, lo straniero regolare sottopagato dovrà ricorrere, come fanno i suoi pari italiani, alla camera di compensazione degli interventi assistenziali garantiti dallo Stato, allargando sempre più la fascia povera della società e frammentando all'infinito le risorse a disposizione. Questo crea un doppio problema: l'immigrato regolare, magari sfuggito nel proprio Paese da una situazione disperata, si ritrova nel nostro a vivere in una condizione ai limiti della sussistenza; l'italiano, da parte sua, invece, pur se a torto, incomincia a vedere nell'immigrato un problema perché la sua presenza, aggiunta a quella degli altri sottopagati italiani, riduce la sua porzione di servizi sociali garantita dallo Stato.

I problemi legati al fenomeno dell'immigrazione di massa si creano, quindi, proprio a causa delle politiche puramente ideologiche alla Epifani. Non si può pensare che l'Italia debba sopperire ai propri problemi di competitività sul mercato globale attingendo a piene mani nell'immigrazione con bassa qualifica professionale e, quindi, puntando ai bassi livelli salariali anziché ai modelli di sviluppo propri dei paesi occidentali. E' così che, distruggendo il welfare state ed il sistema produttivo nazionale, si arriva a danneggiare tutti: gli stessi immigrati ed i cittadini italiani. Sarebbe più logico, invece, puntare sul miglioramento della qualità del lavoro e sullo sviluppo tecnologico, oltre che sulla cooperazione con i paesi da dove arriva il maggior flusso di immigrati, magari facendo intervenire sempre più l'Ue e non limitarsi, quindi, ai pur sempre buoni rapporti bilaterali.

Antonio Maglietta

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