lunedì 9 giugno 2008

Chi detta la linea nell'opposizione?


di Antonio Maglietta - 7 giugno 2008

Chi detta oggi la linea dell'opposizione parlamentare? Di Pietro o Veltroni? Quando Veltroni imbarcò Di Pietro in campagna elettorale, già allora in molti segnalarono che la scelta avrebbe portato pochi benefici nel presente, e cioè solo qualche punto di distacco in meno rispetto all'alleanza PdL-Lega Nord-Mpa, ma non certo la vittoria, e tantissimi problemi per il futuro. Di Pietro, in ogni uscita pubblica, ha sempre ribadito la sua fedeltà all'alleanza con il Partito Democratico, ma non si comprende cosa avrebbe potuto fare di diverso visto che uno smarcamento da Veltroni, allo stato attuale delle cose, sarebbe fatale per il suo partito ad personam. Al di fuori del chiacchiericcio propagandistico dato in pasto ai media, Di Pietro, forse, è il primo a rendersi conto dell'enorme difficoltà che comporta il porsi come obiettivo, nel medio lungo periodo, quello di dover superare ad ogni elezione una soglia di sbarramento per entrare in Parlamento, ricorrendo sistematicamente, poi, allo strumento degli «atteggiamenti eclatanti» per accendere i fari dei media e sollecitare l'attenzione dell'opinione pubblica. Rischierebbe, prima o poi, di fare la fine dei partiti della sinistra antagonista. Molto più semplice per lui l'alleanza elettorale con il Pd (che permette di abbassare notevolmente lo sbarramento elettorale) e poi, una volta in Parlamento, la corsa in solitudine per marcare comunque le differenze politiche con il partito di Veltroni.

I problemi per il Pd sono nati sin da subito. Era stato detto in campagna elettorale che Pd ed IdV avrebbero formato un unico gruppo parlamentare. Pronti via ed ecco che subito, ad inizio Legislatura, per motivi di cassa e di visibilità, l'Italia dei Valori si è smarcata creando un gruppo autonomo. Ma questo alla fine, pur se rilevante, sarebbe solo un problema di natura formale, e non sostanziale, se non fosse che non solo sono diversi i gruppi in Parlamento ma, alla fine dei conti, anche i programmi. Infatti il Pd ha declinato 12 punti, dei veri e propri disegni di legge, e [link="http://italiadeivalori.antoniodipietro.com/elezioni/index.php " ext]Di Pietro[/link], invece, 11 che nulla hanno a che fare con la piattaforma programmatica del Pd. Non solo differenze relative a questioni di forma ma anche, a quanto pare allora, di numeri e sostanza. Ma non è tutto qui.

Appena il Parlamento ha iniziato a discutere i primi provvedimenti è apparso subito evidente che il gruppo di Di Pietro, indipendentemente dal merito del testo in esame, aveva voglia di buttarla in rissa mentre il Pd è rimasto impantanato tra la voglia di aprire una nuova fase dialogante con la controparte politica e quella di non lasciare troppo spazio a Di Pietro sulle c.d. «posizioni barricadere». Al momento, quindi, il partito di Veltroni sta inseguendo malvolentieri l'IdV su alcune iniziative parlamentari ostruzionistiche (pur se con diversi apprezzabili distinguo), che hanno come unico scopo quello di conquistare la maggiore visibilità possibile dinanzi agli occhi dell'opinione pubblica: strillo ergo sum. Il partito di Di Pietro, infatti, soprattutto dopo l'uscita dalle aule parlamentari delle forze della sinistra antagonista, ha tutto l'interesse ad accreditarsi dinanzi agli italiani come ultimo e unico interprete parlamentare dell'antiberlusconismo viscerale ed oltranzista. Veltroni, invece, no. La sua leadership è stata contraddistinta da una linea oggettivamente innovativa nel panorama del centrosinistra italiano. Non più barricate insensate ma, nel pieno rispetto dei ruoli e delle differenze, dialogo con la controparte politica e, magari, condivisione di alcune questioni di interesse nazionale.

Con questa nuova linea, profondamente differente rispetto all'Unione prodiana che si alimentava con l'antiberlusconismo, l'ex sindaco di Roma è riuscito a creare sulla carta un moderno partito di centrosinistra che oggi rappresenta un italiano su tre. Un patrimonio che non si può disperdere inseguendo le posizioni oltranziste di Di Pietro che rappresentano un passato che già conosciamo. E allora forse è arrivato il momento nell'opposizione parlamentare di porre fine alla gestione monopolistica di Di Pietro e di far emergere in pieno, nell'interesse di tutti gli italiani, quel nuovo corso che era stato promesso in campagna elettorale

Antonio Maglietta

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