giovedì 30 agosto 2007

Parte da Forza Italia un'iniziativa contro l'assenteismo


di Antonio Maglietta - 9 agosto 2007


Un'interrogazione presentata da Simone Baldelli (Forza Italia) ha fatto puntare i riflettori dei media su una norma, presente nell'ipotesi di contratto collettivo relativa al comparto ministeri, che prevedeva sanzioni più leggere, rispetto al precedente contratto, per gli assenteisti che manomettevano i cartellini marcatempo. La questione, da tema di carattere tecnico-giuridico, si è spostata sul piano politico allorquando lo stesso deputato azzurro, insieme al collega della Rosa nel Pugno Lanfranco Turci, ha promosso, sul punto in questione, una lettera aperta al governo, sottoscritta, in maniera trasversale, da onorevoli di centrodestra e centrosinistra: Enrico La Loggia (Forza Italia), Roberto Maroni (Lega Nord), Pietro Armani (Alleanza Nazionale), Angelo Compagnon (Udc), Nicola Rossi (Ulivo), Marco Boato (Verdi), Franco Grillini (Sinistra Democratica), Benedetto Della Vedova (Forza Italia), Cinzia Dato (Ulivo), Andrea Gibelli (Lega Nord), Felice Belisario (Italia dei Valori), Osvaldo Napoli (Forza Italia), Salvatore Buglio (Rosa nel Pugno), Bruno Mellano (Rosa nel Pugno), Carlo Castellani (Alleanza Nazionale), Angelo Piazza (Rosa nel Pugno), Ettore Peretti (Udc), Renato Galeazzi (Ulivo), Gianpaolo Dozzo (Lega Nord), Luigi Fabbri (Forza Italia), Carmelo Porcu (Alleanza Nazionale), Salvatore Greco (Udc), Mauro Del Bue (Dc per le Autonomie-Nuovo Psi). L'iniziativa, dal punto di vista tecnico, ha registrato anche il sostegno del professor Pietro Ichino, da tempo impegnato in una battaglia culturale contro il fenomeno della nullafacenza nel pubblico impiego.
Nella lettera si legge: «La preintesa sottoscritta dall'ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, l'organismo tecnico che svolge ogni attività relativa alla negoziazione e definizione dei contratti collettivi del personale dei vari comparti del pubblico impiego, ndr) determina... un grave alleggerimento del vigente regime sanzionatorio, già di difficile applicazione, che, ove la preintesa diventasse definitiva, risulterebbe del tutto inattuabile. Ci riferiamo, in particolare, all'introduzione di una nuova fattispecie nel codice disciplinare, specificamente riferita all'elusione dei sistemi di rilevamento elettronici della presenza e dell'orario, sanzionabile con il licenziamento solo in caso di recidiva plurima. Tale previsione finisce per rendere inapplicabile la sanzione, anche qualora i gravi episodi di assenteismo siano stati accertati in sede penale, ma non siano stati contestati dall'amministrazione». I promotori della lettera, inoltre, hanno espressamente chiesto al governo che «i prossimi contratti nazionali di lavoro del pubblico impiego prevedano comunque che l'eventuale sentenza che abbia accertato casi di assenteismo gravi, a tal punto da essere sanzionati dal giudice penale, determini il licenziamento disciplinare senza preavviso, come previsto dalla disciplina contrattuale vigente».
Lunedì scorso, con un'intervista apparsa sul quotidiano Il Messaggero, Massimo Masella Ducci Teri, presidente dell'ARAN, ha respinto le critiche sollevate dal fronte politico schierato contro gli assenteisti fraudolenti, affermando testualmente che: «Una sentenza della Cassazione ha stabilito che i cartellini marcatempo non sono atti pubblici. Quindi la loro falsificazione non può essere punita come "falso in atto pubblico". La violazione può essere sanzionabile solo se si configurano gli estremi di "truffa" ai danni dello Stato. Ma perché ci sia la truffa è necessario riconoscere una serie di comportamenti dolosi, e bisogna dimostrare che l'amministrazione ha subito un danno economicamente rilevante. C'era il rischio che le violazioni lievi non fossero più sanzionabili. Ecco perché abbiamo previsto nel contratto una punizione per chi ha semplicemente fatto il furbo, magari con un paio di giorni di assenza. E le sanzioni sono abbastanza forti, arrivano fino a sei mesi di sospensione. Il licenziamento resta possibile nei casi che implicano la truffa. In ogni caso, per escludere qualsiasi interpretazione bislacca di quell'articolo, in piena intesa con i sindacati, abbiamo deciso di aggiungere nei contratti una dichiarazione congiunta».
Da notare, comunque, che l'appello ha avuto il suo effetto, se la stessa Agenzia ha deciso di fare una aggiunta (seppur minima) alla pre-intesa per indirizzare la normativa su una linea maggiormente rigorista rispetto all'ipotesi iniziale. Quanto al merito della replica del presidente dell'ARAN, bisogna fare qualche considerazione sulla giurisprudenza della Corte di Cassazione e di conseguenza sulle ipotesi sanzionatorie a carico degli assenteisti. E' vero che la Cassazione ha stabilito che i cartellini marcatempo non sono atti pubblici (essendo essi destinati ad attestare da parte del pubblico dipendente solo una circostanza materiale che afferisce al rapporto di lavoro, oggi soggetto a disciplina privatistica, tra lui e la Pubblica Amministrazione) e che quindi la loro falsificazione non può essere punita come «falso in atto pubblico» (Cass. pen., S.U., 11 aprile-10 maggio 2006, n. 15983), sconfessando, peraltro, un orientamento sostenuto, ex multis, da una sentenza emessa l'anno prima (Cass. pen., sez. V, 17 gennaio 2005, n. 5676). Ergo, il licenziamento, stante la citata giurisprudenza, è ipotizzabile solo nel caso di truffa ai danni dello Stato.
Tuttavia non è propriamente esatto dire che le sanzioni più lievi rischiavano di non essere più sanzionabili. Teoricamente erano sanzionabili anche in precedenza: non dal giudice ordinario, bensì da quello contabile. Infatti il fenomeno rientra nella tipologia del «danno da disservizio» rilevabile dalla Corte dei Conti. Peraltro, se il fenomeno viene alimentato dalla falsificazione dei cartellini marcatempo, il giudice contabile ha tutto il diritto di intervenire anche se la fattispecie rientra nel campo della disciplina privatistica. Infatti la Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 22 dicembre 2003, n. 19667, in merito ai limiti della giurisdizione del giudice contabile, ha stabilito che «l'amministrazione svolge attività amministrativa non solo quando esercita funzioni e poteri autoritativi, ma anche quando, nei limiti consentiti dall'ordinamento, persegue le proprie finalità istituzionali mediante un'attività disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato». Da ciò deriva che la giurisdizione contabile, secondo la Cassazione, non è più necessariamente ancorata al quadro di riferimento (diritto pubblico o privato) nel quale si colloca la condotta produttiva del danno, ma al dato essenziale costituito dall'avvenuta verificazione di un evento in danno di un'Amministrazione pubblica. Allora, in teoria, la falsificazione del cartellino marcatempo, rientrando nell'ipotesi di «danno da disservizio», poteva essere benissimo sanzionata dal giudice contabile senza che tale fattispecie fosse tipicizzata (ossia espressamente prevista) in un'ipotesi sanzionatoria ben precisa.

Nessun commento:

Google